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Lyon

Da quando sono il CEO della O'Brien, mi hanno contattato dalla NYU per inaugurare l'anno accademico, per consegnare i diplomi e per qualche altro evento a cui mi sono sempre rifiutato di partecipare. Men che meno l'avrei fatto oggi, il giorno della laurea del mio dipendente nonché mio compagno di squadra... in un torneo clandestino. Percorro lentamente un insolito Central Park agghindato di stendardi viola, palchi e migliaia di file di sedie già piene. Ha una veste diversa e divertente, direi. 

La primavera si sta facendo decisamente sentire e sembra aver voluto contribuire a rendere perfetta questa giornata con una temperatura tiepida e confortevole. Mi soffermo sui ragazzi nelle prime file davanti al palco, con le toghe e i tocchi, trepidanti per coronare la fine di un percorso e l'inizio di un altro. Chissà quanti di loro diverranno dipendenti della O'Brien Company... Miles mi ha già accennato ai colloqui che sono stati fissati per nuove assunzioni e, secondo la politica di mio padre, "spazio ai giovani sia". 

Il rettore sta concludendo il suo discorso motivazionale mentre si appresta a salire l'ospite celebre che consegnerà i diplomi. E se la vista non mi inganna deve essere Rivera, uno dei più grandi imprenditori di New York e amico di mio padre. D'altronde io, Taylor, Alex e Benjamin siamo cresciuti insieme ma, come con gli altri, non mi sono più fatto vedere né sentire. Scrollo i pensieri, non è il caso di essere malinconici, piuttosto mi lascio influenzare dall'emozione che permea il polmone della City, e posso dirmi quasi commosso. 

Vedere il calore delle famiglie riunite per il coronamento degli sforzi di un figlio, un fratello, una sorella mi arriva e coinvolge più di quando una folla del genere veniva alle partite per acclamarmi. Ma è troppo. E anche troppo presto. Non avevo pensato all'effetto che mi avrebbe fatto essere circondato da tutte queste persone. I laureandi ora sono in fila per ricevere il diploma, intravedo un ragazzo che spicca tra gli altri per statura e riconosco Mark. 

Ma la necessità di prendermi del tempo per me e starmene in disparte prende il sopravvento, per cui, continuo a camminare, anziché andare a prendere il mio posto, a testa china, finché non mi trovo a scontrarmi e a sorreggere una ragazza tra le braccia.

«Jenna» dico, non del tutto sicuro di averla riconosciuta. È... diversa. Sembrano passati anni da quando l'ho vista prima di partire per Singapore. Ha i capelli sciolti e leggermente più lunghi, un abito verde che si intona con i suoi occhi e le labbra tinte di rosso, come la sua voglia, ma ciò che la rende davvero diversa è l'aroma floreale che la inebria. Deglutisco. La osservo, ma è disorientata, come non capisse dove si trovi e nemmeno davanti a chi si trovi.

«Lyon» pronuncia in un sussurro. Tiro un sospiro di sollievo. Per un attimo ho temuto che non mi riconoscesse e che non fosse davvero lei. Sta tremando, eppure la temperatura è eccessivamente calda oggi. Faccio scorrere le mani sulle sue braccia, fino a farle arrivare al collo. Si irrigidisce in un primo momento, al mio tocco, per poi concedersi di abbandonarsi. Non pensavo l'avrei mai detto o ammesso, ma... mi è mancata. 

Mi è mancato avere il suo dissenso, mi è mancato discutere con lei, mi è mancato vederla giocare e mi è mancato... giocare con lei. La guardo cercando di rassicurarla, anche se il primo che sta avendo paura in questo momento sono io. Ho paura di quello che sto per fare e di tracciare un confine che non mi farà tornare più indietro. I suoi occhi girovagano sul mio volto, sta studiando la mia espressione ed io non faccio che essere ipnotizzato dalle sue labbra che sembrano pulsare per essere baciate. 

Le afferro tra le mie, senza chiederle il permesso, solo rispondendo a un bisogno e un'esigenza che probabilmente ho sentito dal primo giorno che abbiamo giocato casualmente in quel playground nella Lower East Side. Le nostre labbra si cercano insieme, come volessero unirsi da tempo. Jenna è stranamente mansueta, come se avesse bisogno di questo bacio, come se avesse bisogno di un punto che ponesse fine all'insicurezza e alla confusione che la stava possedendo, come se avesse disperatamente bisogno di esserci in questo momento e sentirsi viva. 

Lo sento dal modo in cui le sue dita si trattengono intorno ai miei polsi, come lascia che la mia lingua si faccia strada nella sua bocca, senza impedirmi di nutrirmi di lei, di mordere le sue piccole labbra mentre mi abbandono al profumo che la inebria e che si insinua dentro di me. Proprio mentre sto per cedere al mio istinto e far scorrere la mano intorno alla sua vita, si stacca da me. I nostri occhi si cercano, si scrutano a lungo.

«Scusa» esordisce dopo minuti di silenzio che sono intercorsi dal momento in cui ci siamo riconosciuti. Scuoto la testa, perplesso. Scusa per cosa? Vorrei chiederle.

«Jenna!» una voce familiare la chiama, è Mark che si fa strada tra la folla. Siamo abbastanza distanti perché Mark capisca quello che è appena successo.

«Devo andare» dice senza guardarmi, portandosi il polso alla bocca, come cercando di togliere le tracce del nostro bacio. Mi infilo una mano tra i capelli. Che cazzo ho fatto? La seguo con lo sguardo finché non si ricongiunge con lui. Mi sembra sensato andarlo a salutare, ha il diploma e il tocco in mano, anche se sembra arrivato il momento delle foto. 

A quanto pare, abbiamo saltato il momento del convenevole discorso e ci siamo ritrovati catapultati nell'attimo non così idoneo per passare inosservati, visto che ci sono i fotografi professionisti e i familiari con macchine e telefoni in mano pronti a scattare o riprendere, ma non posso neanche andarmene senza congratularmi e dargli il mio regalo. Jenna è al suo fianco, Mark le cinge i fianchi e avverto una fitta allo stomaco, che si traduce in un irrigidimento della mandibola alquanto repentino. Sono circondati da quella che deduco essere la famiglia di Mark, una signora bionda, giovanile, alta quanto Jenna, che tiene per mano un bambino, probabilmente il fratellino di Mark e un uomo alto e... piuttosto burbero, che si guarda intorno come se non si sentisse a suo agio nella calca.

«Ti stavo cercando» sono proprio dietro di loro quando riesco a cogliere le parole che Mark le sussurra all'orecchio e, contro ogni mia aspettativa, la bacia.

Jenna

Passare dal non voler essere sfiorata, anzi, dal voler dissuadere qualsiasi ragazzo dal provare la minima attrazione verso di me, vestendomi da uomo, per circa sette mesi, all'essere baciata nel giro di cinque minuti di distanza l'uno dall'altro da due ragazzi diversi mi fa credere che sia il momento di mettere davvero ordine nella mia vita. E lo comprendo nel momento in cui gli occhi lucidi di Lucy si posano evidentemente commossi su me e Mark, che non solo si è esposto a baciarmi pubblicamente, preda forse dell'euforia e di crearsi ancora una volta una cornice esterna perfetta, ma addirittura si compiace dell'approvazione del padre che piega quelle labbra perennemente increspate in un quasi sorriso – quasi perché un sorriso intero sarebbe troppo. Per quanto sia felice per Mark e per questo suo traguardo, non riesco a trattenermi dal volgere lo sguardo verso Lyon, impegnato a scrutarci con un'espressione confusa, nonostante abbia gli occhi puntati dei genitori di Mark.

«Ben fatto, ora sì che sei l'uomo di famiglia» aggiunge Scott, con un tono di voce cavernicolo. La mano di Mark che cingeva il mio bacino si stacca per afferrare quella di Scott, come avessero stretto un accordo. Un accordo tra loro. Forse per Scott tutto questo è la prova che il figlio sia pronto per imbarcarsi nella sua vita da adulto ma quello che non sa è quanto Mark abbia ancora bisogno di scoprirsi e di aspettarsi. E questo dovrebbe dirglielo lui, dovrebbe farglielo capire lui. Suo padre. Un senso di nausea si impossessa del mio stomaco, ho bisogno di aria e di starmene da sola. Lancio un'ultima occhiata a Lyon che è ancora lì, dietro di noi, in disparte, quasi non volesse disturbare e interrompere il momento familiare. Attraverso ancora la calca, questa volta con più difficoltà visti i festeggiamenti in cui sono presi laureati e compagnia. Ho bisogno di mettere in ordine le idee ed è meglio che lo faccia prima di stasera. 

LOVE ON THE GAME - Non senza di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora