Maggio.
Un afa terribile avvolgeva le strade di Brooklyn, offuscando le menti e mozzando il respiro.
È il primo ricordo che mi salta alla mente di quel periodo terribile.
La sera in cui presi la decisione che avrebbe cambiato la mia vita, stavo camminando faticosamente verso casa mia, sperando che una doccia potesse dare sollievo ai funesti pensieri che albergavano nella mia mente.
Il mio socio, Anthony, era stato chiaro durante il nostro ultimo colloquio. Eravamo alle strette e rischiavamo di perdere tutto ciò per cui avevamo lavorato per anni, se non avessimo agito in fretta. Il tempo a noi concesso stava per scadere.Di indole diretta e schematica, era sempre stato lui a tenere la contabilità della nostra azienda. Quindi non mentiva. E, se avessi nutrito dei dubbi, mi sarebbe bastato guardarlo negli occhi per dissolverli.
Per quanto consapevole delle nostre recenti difficoltà economiche speravo di potermela cavare, in un modo o nell’altro. Ma quella sera dovetti guardare in faccia alla realtà.La nostra piccola azienda era stata fondata una quindicina di anni prima da me, Tony, e un terzo socio, Robert. Tre vecchi amici che unendo le loro competenze e le loro passioni, erano riusciti a raggiungere la soglia dei cinquant’anni con un ottimo giro di affari.
Ci conoscevamo sin dai tempi dell’università di ingegneria e riuscivamo ad essere efficienti, nonostante fossimo molto diversi l’uno dall’altro. In particolare i miei due soci avevano caratteri diametralmente opposti.
Anthony, era cauto, silenzioso e schivo, mentre Robert era una persona solare, sempre pronta a sorridere e a correre dietro nuove idee.
Queste differenze avevano portato spesso i due ad avere delle divergenze, talvolta sfociate in liti. Tuttavia c’ero sempre io, di indole pacifica e accomodante, pronto a far loro da mediatore. E gli affari prosperavano.
Tutto andava insomma per il verso giusto.Il nostro settore di attività era quello dei giocattoli. Oggetti un po’ particolari, in realtà, in quanto caratterizzati, tutti, dall’essere perfettamente in grado di uccidere. Delle vere e proprie armi, travestite da balocchi.
Ovviamente la nostra era un’attività non pubblicizzata, bensì basata sul passa parola, tra clienti fidati. Tendevamo a evitare di dare un seguito alle richieste degli sconosciuti per ragioni di cautela.
Robert, oltre a gestire le relazioni con i clienti, si era sempre occupato della polizia, allungando periodicamente alcune mazzette di banconote alle persone giuste, affinché non ficcassero troppo il naso nelle nostre faccende.
Spesso erano i clienti a proporci le loro idee e io mi occupavo della progettazione. Ci chiedevano gli oggetti più disparati, soldatini, mezzi pesanti, aerei, e tutto ciò che la fantasia suggeriva loro.
Noi valutavamo le richieste e decidevamo di volta in volta se accettarle o meno.Ho sempre preteso, in questo spalleggiato da Robert ben più che da Anthony, una certa intransigenza sulle finalità dei nostri prodotti. Noi li proponevamo come strumenti di autodifesa, utili, se posizionati con saggezza, per tutelarsi da intrusi nelle proprie abitazioni. Vero è che una volta venduti, ciascuno dei nostri clienti era libero di farne l’uso che desiderava. Tuttavia, forti del fatto che gli affari andavano bene, avevamo sempre respinto le richieste che palesemente celavano finalità omicide.
Un modo come un altro per scaricarsi la coscienza.Il nostro prodotto preferito erano degli orsetti capaci di sparare proiettili sulla base di un semplice comando vocale. Vere e proprie guardie del corpo dall’aspetto tenero e innocente. Decisamente più efficaci dei normali antifurti.
Avevamo dei clienti che si erano fatti riempire la casa di quei dolci assassini.
In generale tutti si dichiaravano soddisfatti e non avevamo mai avuto alcun tipo di problema.
Per lo meno fino a quel dannato Natale.Robert aveva da sempre una passione per tutto ciò che riguardava armi e affini. In particolare era affascinato dai mezzi pesanti utilizzati durante la seconda guerra mondiale nonché nei conflitti più recenti.
Sua moglie Annette, in occasione dell’imminente festività, aveva pertanto deciso di regalargli un modellino di carro armato telecomandato, perfettamente funzionante in ogni sua parte, comprese ovviamente le funzioni offensive. Si trattava dell’M1 Abrams, prodotto per l’esercito degli Stati Uniti sin dai primi anni ottanta, e reso celebre dal suo utilizzo nelle due guerre del Golfo.
Un riproduzione particolarmente sofisticata e costosa, che il nostro amico avrebbe certamente apprezzato.
Ovviamente chiese a me di progettare l’opera, e io, sebbene sotto le feste fossi oberato di lavoro, acconsentii con piacere, lieto di contribuire a fare qualcosa per Robert, che negli ultimi tempi ci appariva inspiegabilmente meno solare del solito.
Anthony si offrì di partecipare alla realizzazione, desideroso di dare il suo contributo.Purtroppo assieme alla richiesta di Annette ne arrivarono molte altre. Ci trovammo così, per rispettare tutte le scadenze, a dover lavorare con ritmi decisamente accelerati. Troppo accelerati.
E, come dicono i proverbi, spesso le azioni frettolose portano a conseguenze disastrose.
E così avvenne. Per la prima volta nella mia carriera qualcosa andò storto.
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GIOCATTOLI
Mystery / ThrillerTre uomini. Menti brillanti e fantasiose. Le loro creazioni sono giocattoli molto particolari. Che siano robot, autoveicoli, peluches o qualsiasi altra cosa, ciascuno dei loro prodotti è perfettamente in grado di uccidere. Quando un cliente misteri...