Capitolo 3

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I giorni che seguirono alla morte di Robert furono carichi di dolore e rimorso. Passai parecchie notti insonni domandandomi cosa potesse essere accaduto, ma non riuscii a darmi una risposta. Pensai a un componente difettoso, ma non potei fare a meno di farmi rodere dal tarlo di aver commesso qualche errore nel montaggio

Tali pensieri, tuttavia, lasciarono in breve tempo il posto ad altre preoccupazioni, ben più concrete.
Annette, una volta ripresasi dallo shock iniziale, divenne una sorta di belva feroce. Una copia irriconoscibile della bella donna, sempre serena e sorridente che avevo conosciuto sino a quel giorno.
Riversò la sua rabbia contro me e il mio socio e pretese un’ingente cifra mensile a titolo di risarcimento rifiutando la somma che le offrimmo come liquidazione.

A nulla valsero i nostri tentativi di spiegarle che molto probabilmente quanto accaduto a suo marito era stato causato da un incidente.
Lei tenne duro, accusandoci di mentire per coprire la nostra incompetenza. E io non potei fare a meno di interrogarmi se in fondo non avesse ragione.

Ci minacciò, dicendoci che se non l’avessimo accontentata ci avrebbe denunciati alla polizia, spiegando agli agenti come suo marito non fosse effettivamente morto a causa dello scoppio accidentale di una vecchia carabina di Gregory, bensì a causa di una delle nostre “armi non convenzionali”.
La messa in scena della carabina esplosa era stata imbastita in fretta e furia sulla base di un’idea di Anthony, che affrontò l’incidente con la sua consueta freddezza.

Messi alle strette e tormentati dai dubbi, finimmo con l’accettare le sue richieste.
Le somme versate ad Annette si andarono a sommare, in negativo, al calo del nostro giro di affari derivante dalla perdita di Robert. Era lui l’anima commerciale della nostra piccola società, e gli affari risentirono della sua perdita in maniera diretta.

Inoltre, con tutta probabilità, sebbene avessimo tentato di occultare la vera natura dell’incidente, il sospetto di cosa potesse realmente essere avvenuto serpeggiò tra alcuni nostri clienti abituali, che ritirarono alcune delle loro ordinazioni. Solo il cielo sa in quale modo la voce fosse giunta alle loro orecchie.

Una parte del mio mondo, parve franarmi sotto i piedi.

Tuttavia Anthony mi spinse a non arrendermi. A suo modo di vedere avremmo dovuto lavorare sodo, ma saremmo riusciti ad attraversare a testa alta quelle difficoltà.

Il suo entusiasmo, peraltro inusuale dato il suo carattere, mi fu da stimolo.
Nell’arco di alcuni mesi mi parve tutto meno difficile. Persino il mensile che passavamo ad Annette iniziò a sembrarmi meno preoccupante.
Verso maggio iniziai a guardare nuovamente al futuro con entusiasmo. Ma la doccia fredda non tardò ad arrivare.

Intorno ai primi di quel mese Annette si presentò inaspettatamente in ufficio di primo mattino. Era vestita con una semplicissima tuta di colore nero. Ma bellissima come sempre.

I suoi occhi verdi, tuttavia, un tempo luminosi, ci apparvero come un pozzo nero nel quale albergava solo un odio profondo.

<<Che vuoi?>> le chiese freddamente il mio socio. <<Ti abbiamo pagato il mensile appena due giorni fa.>>
Le ci guardò con aria altezzosa e sprezzante. <<Non vi voglio più vedere>> rispose.

<<Ah, fantastico>> disse Tony, accarezzandosi la barba come sempre ispida. <<Non speravo che ci avresti lasciati in pace così presto.>>
Io tacqui, cercando di capire dove lei volesse andare a parare.
<<Non fare lo spiritoso Anthony. Non sperate che io esca dalle vostre miserabili vite per quei quattro spiccioli che mi avete dato sin ora. Semplicemente non sopporto l’idea di dovervi vedere per il resto dei miei giorni, al fine di ottenere da voi quanto mi spetta.>>
<<Su questo punto ci sarebbe da ridire>> intervenne Tony.

Lei lo fulminò con un occhiata. <<Voglio mezzo milione. In contanti. Una volta per tutte. A titolo di liquidazione per la parte di società di Robert nonché per quello che gli avete fatto.>>
<<Mezzo milione!>> esclamai, intervenendo per la prima volta in quel colloquio. <<Ma noi non abbiamo tutta quella disponibilità, così su due piedi.>>
<<Tu sei pazza>> disse semplicemente il mio socio.
<<Sapevo che mi avreste risposto così. Incassate i crediti che avete in giro, vendete il magazzino, lavorate di notte. Fate quello che volete. A me non importa. Ma voglio quei soldi. Non un centesimo di meno. Avete trenta giorni di tempo a partire da oggi.>>
<<Trenta giorni?>> sbottò Anthony con sarcasmo. <<Annette, la morte di Robert ti ha dato alla testa.>>
<<Dici?>> chiese con un sorriso ironico. <<Libero di pensare ciò che ritieni. Ma sappi solo una cosa, se entro quella data non avrò i miei soldi…>>
<<Andrai dalla polizia>> la interruppe Antony. <<E con quali prove, sentiamo?>>

Annette gli rivolse un sorriso cattivo e malizioso. <<Vedi mio caro, ho un nutrito incartamento che contiene una mia deposizione firmata, oltre all’elenco di tutti i vostri clienti, compresi i loro nomi, cognomi, indirizzi e quel che avete creato per loro. Mio marito lo teneva a casa. Una copia esatta di quello che avete qui in ufficio. Sono certa che agli agenti interesserà parecchio avere quelle informazioni, oltre a qualche dettaglio in più in merito alla dinamica dell’incidente che mi ha reso vedova. Avete mai sentito parlare di omicidio colposo?>>

Il silenzio che calò sul nostro ufficio, le fece capire di aver vinto. Ci aveva incastrato. Ma non le bastò. Volle darci il colpo di grazia.

<<Ah, un’ultima cosa, se vi venisse qualche idea malsana nei miei confronti, sappiate che l’incartamento in questione è depositato presso il mio avvocato di fiducia, che ha l’incarico di aprirlo tra trentuno giorni, nel caso non dovessi contattarlo prima. Ci tenevo a farvelo sapere. Buon lavoro miei cari. Spero di avere vostre notizie a breve.>>

GIOCATTOLIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora