Capitolo 21

6 5 0
                                    

<<Come gli farà piacere constatare che, a quanto pare, sei stato veramente così folle da venire da solo. Anzi, a tal proposito c’è ancora una cosa da fare.>> Si voltò in direzione dell’uomo che stava guidando il motoscafo per farsi sentire: <<Jimmy, rallenta. Ormai siamo abbastanza distanti. Se qualcuno avesse voluto seguirci l’avrebbe già fatto.>>
L’imbarcazione rallentò rapidamente la sua andatura. Vidi il pontile del Pier 17 farsi sempre più piccolo al mio sguardo, e con esse le mie speranze di salvezza.
<<Avanti amico, tira su le braccia.>>
Nello sguardo dei due uomini che avevano accompagnato Justin all’appuntamento notai un brillio sadico, quasi avessero sperato in gesto disperato da parte mia. 
In effetti esitai per alcuni istanti, pensando alla pistola che avevo in tasca, ma mi resi conto di non avere alcuna possibilità di utilizzarla.
<<Muoviti, altrimenti andrai al tuo appuntamento zoppicando con un buco in una gamba.>>
Mi rassegnai e feci quanto mi venne richiesto.
<<Voi due, perquisitelo. Avanti.>>
Quattro mani si avventarono su di me frugando in ogni dove. In pochi secondi quegli uomini mi privarono del portafogli, del mio cellulare e di quello dello Sfregiato, e, ovviamente della pistola.
Mi aprirono anche la camicia, evidentemente per accertarsi che sotto non avessi microfoni o altri marchingegni. Anche su quello Vattuone aveva visto giusto. Peccato che non era stato così lungimirante da prevedere quello che stava accadendo.
Mi sentii nudo e perduto, vedendo svanire le mie ultime possibilità di salvezza.
<<Perfetto>> disse Justin, guardando i miei effetti personali che stringeva tra le mani. <<A quanto pare stai veramente facendo tutto da solo. Mi domando se sei un pazzo o solo uno stupido. Ma lascerò al capo questa valutazione. Intanto, vediamo di liberarci delle cose inutili.>>
Accompagnò le sue parole con il lancio in mare della pistola, cui seguì quello del mio cellulare.
Inorridito feci per protestare, ma lui mi arrestò: <<Non preoccuparti amico, non ti serviranno. Se ci tieni posso renderti il portafogli.>> Me lo porse con un ghigno odioso. <<Il cellulare di Lenny invece lo tengo io. Magari al capo farà piacere darci un’occhiata.>>
Lo odiai con tutte le mie forze. Ma ero impotente.
<<Avanti Jimmy.>> Disse rivolto al suo compare. << A questo punto direi che possiamo andare tranquilli.>>
L’imbarcazione riprese velocità con uno scatto in avanti. Mi voltai per osservare il ponte di Brooklyn allontanarsi sempre più, domandandomi se quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrei potuto ammirarlo.
Trascorsero svariati minuti di navigazione silenziosa, durante i quali ebbi persino la folle idea di tentare un disperato tuffo in mare, ma mi resi conto che non sarebbe servito a nulla.
Poi, d’un tratto, vidi, comparire uno yacht. Nero nella parte inferiore e bianco nella parte superiore, sarà stato almeno 17 metri di lunghezza. Era fermo in mezzo al mare, esattamente sulla nostra traiettoria.
Intuii rapidamente che quella era la nostra meta. E probabilmente il mio destino.
A mano a mano che ci avvicinammo, mi apparvero più chiare le lettere che componevano il nome della nave. Appena lessi la scritta per intero ebbi un colpo al cuore, come se avessi visto un fantasma. Quello yacht si chiamava ''Annette''. Non riuscii a fare a meno di pensare che non potesse essere una coincidenza, ma nessuna spiegazione logica venne in mio soccorso per aiutarmi a capire cosa potesse centrare la defunta moglie del povero Robert con la persona che stavo per incontrare.
Ma intuii che a breve avrei saputo la verità, anche se probabilmente avrei portato quella scoperta con me in fondo al mare.
Nel momento in cui arrivammo a ridosso dello scafo e ci apprestammo a salire, mi guardai un'ultima volta alle spalle, pregando che qualche miracolo avesse permesso a Vattuone e ai suoi uomini di seguirci, ma non vidi nulla. Solo acqua e tenebre.
Ci accostammo al fondo dello yacht dopo aver fatto un paio di segnali luminosi con i fari del motoscafo. Evidentemente per segnalare il nostro arrivo. Dal pontile posteriore della nave emersero due uomini identici, che intuii essere gemelli, che ci aiutarono a salire e ci invitarono ad entrare all’interno della nave tramite una vetrata scorrevole.
Notai che il pilota del motoscafo e gli uomini che erano arrivati al molo in compagnia di Justin non ci seguirono. Intuii che sarebbero rimasti fuori, di guardia.
Mi ritrovai all'interno di un salotto lussuoso che nulla aveva da invidiare a quelli dei migliori loft di SoHo.
Elegantemente arredato ed adornato da quadri e oggetti di valore, denotava il piacere per il lusso del suo proprietario.
<<Siediti>> mi disse Justin dopo un breve conciliabolo con i due gemelli. <<Il capo è al telefono per degli affari urgenti. Arriverà tra poco.>>
Mi fece posizionare su un ampio divano, dal quale potevo osservare la porta da cui immaginai sarebbe entrato il mio misterioso anfitrione.
Trascorsi in attesa, sotto l'occhio vigile dei miei angeli custodi, un tempo indefinibile. Minuti che mi parvero ore, durante i quali formulai molteplici ipotesi sull'identità dell'uomo che avrei incontrato di lì a poco. Tuttavia nessuna delle mie congetture si avvicinò alla realtà.
Quando finalmente la porta si aprì, comparve davanti ai miei occhi l’ultima persona che mi sarei aspettato di vedere quella notte.

GIOCATTOLIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora