La mattina dopo fu l’odore del caffè a svegliarmi. Guardai l’ora. Erano da poco passate le otto.
Mi alzai dandomi una lavata sommaria e mi rimisi i vestiti della sera precedente.
Tony indossava una tuta sportiva e aveva un’espressione più tirata della mia. Non aveva l’aspetto di uno che avesse dormito molto quella notte.<<Buon giorno>> mi disse.
Nel momento stesso in cui aprii la bocca per rispondergli, suonò il campanello della sua porta di casa.
Ci voltammo entrambi di scatto, guardando la porta con espressione preoccupata. Mi sentii improvvisamente sveglio.<<Aspetti qualcuno?>> gli chiesi, speranzoso. <<La tua fidanzata?>>
<<Macchè>> mi rispose senza muoversi di un passo. <<È impossibile che sia lei.>>
<<E allora chi può essere?>>
<<Non lo so, dannazione. Non lo so.>>
Il campanello suonò di nuovo. Questa volta con maggiore insistenza.
<<Non può essere già la polizia>> dissi, con tono incerto.
<<In effetti non credo. Senti, vado a vedere chi è. Probabilmente è il mio vicino e ci stiamo fasciando la testa per nulla.>>
Tony si accostò lentamente allo spioncino.
Per alcuni istanti si soffermò a guardare, per poi voltarsi verso di me.
<<Non c’è nessuno>> mi disse. <<Chiunque fosse, deve essersene andato.>>Non fece in tempo ad allontanarsi dalla porta che il campanello suonò nuovamente.
Il mio cuore fece un altro sobbalzo.
<<Chi è?>> chiese Tony di slancio.
<<Buona giorno, polizia.>> La voce al di là della porta suonò nitida e decisa.
“Merda”, imprecai mentalmente.
<<Buona giorno agente, che desidera?>> Tony rivolse quella domanda, aprendo di poco la porta ma senza togliere la catenella di sicurezza.
Intravidi la figura di un uomo di colore, abbastanza alto e robusto, apparentemente in divisa.
<<Un semplice controllo. Abbiamo ricevuto alcune telefonate inerenti a schiamazzi per una presunta lite familiare qui in zona e stiamo facendo delle verifiche.>>
Tirai un sospiro di sollievo. Dunque non erano qui per noi.<<Apri>> bisbigliai al mio amico. Altrimenti desteremo dei sospetti inutili.
Tony mi indicò lo spioncino, significandomi con un cenno della mano che non riusciva a vedere bene chi si trovasse al di là della porta. Lo invitai ad aprire comunque. Temevo che l’agente si potesse insospettire per l’attesa.Con un alzata di spalle Anthony accolse il mio invito ed aprì.
Dinnanzi a noi si parò effettivamente un uomo in divisa, il che dissipò ulteriormente le mie preoccupazioni.
<<Buona sera>> ci disse rinnovando il suo saluto e allungando lo sguardo al centro della stanza, nella mia direzione. <<Mi sembra tutto tranquillo qui.>>
<<Infatti lo è>> gli fece eco Tony, parlando con tono meccanico.
<<Posso dare un’occhiata in giro?>>
<<Veramente saremmo in partenza agente.>>
<<Questione di un istante.>>Il poliziotto superò Tony, che si fece da parte con scarsa convinzione. Nel momento stesso in cui quell’uomo avanzò nella mia direzione, mi trovai a rilevare una stranezza. Di solito gli agenti di pattuglia erano sempre in coppia. Mentre costui sembrava solo. La mia perplessità trovò risposta di lì a pochi istanti.
Con mio sommo terrore mi ritrovai infatti puntata una pistola all’altezza del cuore.<<Stai fermo dove sei>> mi intimò.
Nello stesso istante altri quattro uomini si introdussero all’interno dell’appartamento. Tre di loro indossavano jeans e camice sgargianti mentre il quarto, un tizio alto, magro e con il viso butterato, indossava calzoni e camicia bianca.
Tutti avevano una pistola tra le mani.
Uno di quegli uomini, tarchiato, con spalle larghe come un toro, afferrò un attonito Tony per un braccio, spingendolo verso di me, al centro della stanza.
Un altro, un tizio basso e molto abbronzato, chiuse la porta con irruenza.
<<Chi siete? Cosa volete?>> chiesi con un filo di voce.
Si fece avanti quello che appariva il capo del gruppo. Un tizio sulla cinquantina, capelli brizzolati pettinati all’indietro ed un neo abbastanza evidente all’angolo della bocca.<<Guardatemi bene>> ci disse. <<Non mi riconoscete?>> Il tono di voce era basso e calmo. Ma non fu tanto quello a preoccuparci. Bensì l’accento. Un accento italoamericano che ci fece immediatamente intuire chi potesse essere il nostro interlocutore, prima ancora che fosse lui a rivelarci il suo nome.
<<Bene. Vedo dai vostri sguardi che avete capito chi sono. Anche se non dite nulla.>>
<<Noi non la conosciamo…>> azzardò a dire Tony.
<<Davvero? Davvero non sapete chi sono?>> Il suo tono parve decisamente ironico.
<<No, signore, non la conosciamo>> abbozzai, tentando di sostenere la tesi del mio socio.
L’uomo parve fermarsi a riflettere. Un silenzio carico di tensione riempì la stanza in un istante. Dopodiché mise la pistola che teneva tra le mani in una tasca della giacca. Gesto non emulato dai suoi uomini.<<Allora mi sono sbagliato>> ci disse, arretrando di un passo. <<Scusate.>>
Parve, ancora una volta, fermarsi a riflettere. Poi, con una rapidità a dir poco impressionante, sferrò un pugno violentissimo ad Anthony, colpendolo alla bocca dello stomaco.
Colto alla sprovvista il mio amico si accasciò con un rantolo, piegandosi sulle ginocchia.<<Mi chiamo Salvatore Vattuone, stronzi, e ieri pomeriggio avete ammazzato il mio unico figlio e una decina di miei uomini.>>
Per meglio sottolineare le sue parole, sferrò un calcio in pieno volto a Tony, che ancora giaceva riverso a terra, boccheggiante.
Con orrore sentii uno scricchiolio prodotto dal suo zigomo, nel momento in cui ricevette il colpo.
Avvertii un improvviso bisogno di orinare, e un’orrida sensazione di nausea che mi attanagliò lo stomaco.
Mi ritrovai incapace di reagire e di parlare, con la fronte improvvisamente imperlata di sudore. Persino gli occhiali mi si appannarono.
Da terra vidi Tony tenersi una mano sul volto tumefatto e l’altro premuta sulla bocca dello stomaco.
Il nostro aguzzino, consapevole dell’impossibilità di parlare del mio amico, rivolse il suo sguardo carico d’odio verso di me.<<Avanti>> mi disse, con tono della voce minacciosamente calmo. <<Dimmi chi cazzo siete voi due e perché avete combinato tutto ‘sto casino.>>
<<Noi... noi non centriamo nulla con la morte di suo figlio…>> sussurrai debolmente.
Vattuone sbuffò scuotendo la testa. Con un gesto della mano afferrò qualcosa nella tasca della giacca.
I suoi uomini si scostarono di un passo, evidentemente aspettandosi che il loro capo mi avrebbe massacrato da un momento all’altro con un tirapugni o qualcosa del genere.Io stesso impallidii ed arretrai di un passo preparandomi al peggio. Fissai la sua mano, come ipnotizzato. In realtà estrasse una busta. Una semplice busta bianca che mi porse, invitandomi ad aprirla. Al suo interno vi trovai una foto, mia e di Tony insieme, apparentemente dalle parti del nostro ufficio. Qualcuno doveva avercela scattata da lontano.
La foto era accompagnata da uno dei nostri biglietti da visita, con i dati ufficiali della ditta, in base ai quali noi ci occupavamo di semplice produzione di giocattoli artigianali. Guardai la foto senza capire.<<Girala>> mi disse Vattuone.
Meccanicamente eseguii il suo ordine. Dietro alla foto, con una grafia ben leggibile, vi era un messaggio che recitava: “Gli assassini di tuo figlio”.
Mi sentii gelare. Qualcuno aveva deciso di incastrarci.Cercando di pensare a qualcosa da dire, alzai la testa. Balbettando, semplicemente finii per ripetere ancora una volta che non eravamo stati noi ad uccidere il ragazzo. Capii tuttavia che a quel punto non aveva più senso negare il nostro coinvolgimento nella vicenda. Palesemente l’uomo che in quel momento reggeva i fili delle nostre vite sapeva benissimo chi eravamo e cosa facevamo realmente di mestiere. Decisi pertanto di confermargli quella parte di verità che evidentemente già sapeva, sperando che ciò sarebbe bastato a salvarci.

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GIOCATTOLI
Mystery / ThrillerTre uomini. Menti brillanti e fantasiose. Le loro creazioni sono giocattoli molto particolari. Che siano robot, autoveicoli, peluches o qualsiasi altra cosa, ciascuno dei loro prodotti è perfettamente in grado di uccidere. Quando un cliente misteri...