Capitolo 7

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I giorni che ci separavano dall’incontro con il nostro misterioso committente trascorsero in un clima di attesa quasi surreale. Iniziammo infatti a domandarci cosa avremmo fatto se il tizio non si fosse presentato all’appuntamento. 
Cercammo di scacciare i brutti pensieri immergendoci nel lavoro, anche al fine di velocizzare la realizzazione delle opere che dovevamo ancora consegnare, per poterci poi dedicare integralmente al nuovo progetto.

Finalmente arrivò la mattina fatidica. Alle nove in punto il campanello dell’ufficio suonò.
Il mio cuore accelerò i battiti.
Lo Sfregiato si presentò puntualissimo. Era vestito con abito e camicia scura, come la volta del nostro primo incontro, ma in aggiunta indossava anche un grosso paio di occhiali da sole.
La mia attenzione fu attirata nuovamente dal tatuaggio che aveva sul collo. Era di tipo tribale, in bianco e nero. Ne spuntava solo una parte, ma palesemente il disegno proseguiva sotto gli indumenti dell’uomo.

<<Signori buon giorno.>> La sua voce interruppe il flusso dei miei pensieri. Il timbro estremamente roco mi fece pensare di aver di fronte un accanito fumatore. 
La sua presenza imponeva soggezione, forse anche a causa degli occhiali. Non ci sfuggì tuttavia la valigetta che portava con sé.
Senza tanti giri di parole si sedette di fronte a noi e ci chiese cosa avessimo deciso.
Fui io a parlare: <<Accettiamo.>>
<<Ottimo.>> Non si scompose, ma per la prima volta vidi un accenno di sorriso attraversare il suo volto.
<<Il mio capo ne era convinto. Pertanto ho già con me l’anticipo pattuito. Il saldo vi verrà consegnato quando avrete terminato il lavoro. Avete tre mesi a partire da oggi.>>
Il mio socio spalancò gli occhi. Io avvertii un nodo allo stomaco, mentre mi sentii pronunciare l’accalorata risposta: <<Tre mesi? Avevamo detto alla fine di settembre. Non ce la faremo mai prima di quella data!>>
<<Questo è un vostro problema.>> Lo Sfregiato non si scompose di un millimetro.
<<La persona che rappresento è disposta a sborsare la cifra concordata solo se rispetterete i tempi di consegna. E vuole dei margini di tempo più ampi, rispetto a quelli pensati inizialmente, per predisporre l’utilizzo dei vostri modellini secondo i suoi scopi. In ogni caso sono autorizzato a concedervi una proroga di quindici giorni. Diciamo al primo di settembre. Sono certo che lavorando giorno e notte ce la farete. Qui c’è l’elenco dei modelli di aerei da riprodurre. Come vi dissi l’altra volta sono tutti velivoli appartenuti a famosi piloti della seconda guerra mondiale. Devono essere telecomandabili da una sola postazione, in modo da poter volare in formazione e, ovviamente, devono essere perfettamente in grado di sparare.>>
<<Che cosa intendete farne?>> mi azzardai timidamente a domandare.
Il tizio non bocciò nuovamente la mia domanda come mi sarei aspettato. Sfoggiando questa volta un largo sorriso, che mise ancora più in luce la sua cicatrice, semplicemente mi disse:<< Li faremo volare. Che altro se no?>>
Mi resi conto che non avrei ottenuto altre informazioni.
<<E sia>> intervenne Tony, tagliando il discorso. <<Ci proveremo.>>
La valigetta era ancora sul tavolo. Sigillata. E attirava la nostra attenzione come una calamita.
<<Prego. Controllate pure.>>
Fu Anthony a prendere l’iniziativa e aprirla. Il denaro era diviso in mazzette da cinquecento dollari. Tony li contò rapidamente. C’erano tutti.
<<Perfetto signori>> disse il nostro interlocutore, appoggiando la valigetta sul tavolo mentre si alzava. Non mi resta che augurarvi buon lavoro. Ci rivedremo qui il primo di settembre a quest’ora.>>
Entrambi ci alzammo con l’intento di stringergli la mano per suggellare il nostro accordo, ma lui semplicemente si voltò e ne andò senza degnarci di uno sguardo.
Io e Tony passammo alcuni minuti in silenzio.

<<Bene>> disse. <<Con questi direi che possiamo finalmente levarci quella cagna di Annette dalle palle. Utilizzeremo i nostri risparmi per ordinare i pezzi per costruire gli aerei.>>
<<E come la metti con le tempistiche che ci ha imposto lo Sfregiato? Pensi che ce la faremo?>>
<<Dovremo lavorare come pazzi. Ma possiamo farcela.>>
<<I pezzi?>> chiesi, soppesando le sue parole.
<<Pagheremo una consegna urgente. Come ti ho accennato, secondo i miei calcoli i fondi li abbiamo. Inoltre propongo, per sicurezza, di frazionare gli ordini tra più fornitori. Giusto per non dare troppo nell’occhio.>>
<<Ok.>> Mi aveva convinto. <<A questo punto direi che possiamo chiamare  Annette, così almeno avremo un pensiero di meno.>>
<<Chiamala tu. Altrimenti rischio di insultarla già al telefono.>>
L’odio nei suoi occhi era palese, a dispetto del suo consueto sangue freddo.
<<Ok.>>
Composi il numero di cellulare di Annette, provando un sentimento di rabbia e rimorso insieme. Mi sentivo parzialmente responsabile per la morte di suo marito, ma nel contempo la odiavo per averci infilati in quella situazione.
Il telefono suonò a vuoto.
<<Ascolta>> mi disse Anthony <<andiamoci direttamente. Abita da queste parti e potremmo avere la fortuna di trovarla in casa. Prima la liquidiamo e meglio sarà.>>
<<Ok, andiamo.>>
Ci avviammo verso la mia auto avvolti nei nostri pensieri.

Trovammo Annette effettivamente in casa. Ci aprì in accappatoio. Evidentemente era appena uscita dalla doccia.
Per quanto la detestassi dovetti ammettere che era sempre una splendida donna. Il corpo in perfetta forma nonostante i suoi quasi quarant’anni. Vederla in accappatoio stimolò per alcuni istanti le mie vecchie e mai confessate fantasie erotiche.
Anche Anthony parve in imbarazzo, non fosse altro per il fatto che potevamo quasi intravedere la sua nudità.
Lei non notò la nostra reazione o fece finta di non averla notata. La sua espressione si irrigidì appena ci vide.
<<Allora, siete venuti a portarmi i miei soldi o volete ricominciare un altro piagnisteo per elemosinare la mia benevolenza?>>
<<Non siamo venuti ad elemosinare nulla>> le risposi freddamente. <<Qui c’è quello che ci hai chiesto. Ne più, né meno.>>
Con un cenno del capo, indicai la valigetta che impugnavo tra le mani.
La sua espressione si ammorbidì leggermente. Per un attimo parve quasi sentirsi in colpa. Ma fu un’impressione fugace. <<Forza, entrate>> ci disse senza alcuna cortesia.
Non ci invitò ad accomodarci. Una sensazione di tensione salì rapidamente nella stanza.
<<Spero non vi offendiate se non vi offro da bere, ma come vedete sono in déshabillé.>>
<<Basta con queste stronzate, Annette.>> Fu Anthony a parlare. Evidentemente la rabbia stava cancellando i suoi rimorsi. <<Conta i tuoi soldi e facciamola finita.>>
Lei si girò come una furia. Mi sentii schiacciato dal suo odio. Tony fece un passo verso di lei ma lo trattenni.
<<Questo risarcimento è il minimo che mi dovete per avermi portato via Robert, brutte teste di cazzo. Avreste dovuto pensarci voi senza obbligarmi a ricattarvi.>>
<<Noi ti avevamo proposto una cifra più equa.>>
<<Voi volevate prendermi per il culo facendomi l’elemosina. Tutto lì.>>
Mentre vomitava il suo veleno, Annette contò le mazzette che le avevamo portato.
<<Ok direi che ci sono tutti. Siete stati di parola>> disse, richiudendo la valigetta.
Nuovamente, Tony diede voce ai miei pensieri: <<E ora chi ci garantisce che non sentiremo più parlare di te e delle tue minacce?>>
Lei per la prima volta sorrise. <<Avete la mia parola. Se non altro per non dover più vedere le vostre facce da topi di fogna. Le nostre strade, oggi, si dividono per sempre.>>
<<Vedi di far si che ciò che dici sia vero. Addio.>> La guardai con un astio indicibile. Io e Antony ci avviammo verso l’uscita in contemporanea.
<<Addio.>> Fu la sua secca risposta mentre ci apriva la porta.

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