Capitolo 20

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Giungemmo nei pressi del Molo 17 alle ventuno.
Vattuone mi salutò con un “buona fortuna” che alle mie orecchie suonò tanto di epitaffio.
Mi recai a passo lento nei pressi del centro commerciale. Nonostante fosse tutto chiuso a causa dell’imminente inizio dei lavori, in giro vidi comunque un certo quantitativo di persone. Per certi versi mi ritrovai a sperare che a mezzanotte almeno alcuni di loro si sarebbero trovati ancora in circolazione.
Mi piazzai esattamente sotto la lettera “P”, dell’enorme scritta “Pier 17” che capeggiava sul centro commerciale e mi preparai a quell’attesa che mi si prospettò come una sorta di lunghissima agonia.
Notai che nessun battello era attraccato al molo. C’era solo un piccolo motoscafo legato con un tizio a bordo intento a leggersi un giornale.
Iniziai a contare i minuti, guardandomi in giro e chiedendomi dove si sarebbero piazzati gli uomini di Vattuone e quanti sarebbero stati.
Pregai in cuor mio che fossero in molti, anche perché mi ritrovai a rendermi conto che, per assurdo, i miei persecutori si erano trasformati nei miei angeli custodi. Alla loro abilità sarebbe stata affidata la mia vita.
Con il passare del tempo, il numero di persone che bighellonava intorno a me iniziò a diminuire, sino a ridursi a un ridotto numero di sfaccendati, per lo più giovani coppiette. Mi augurai che la presenza di queste persone sarebbe stata comunque un deterrente sufficiente per far passare la voglia, a chiunque si fosse presentato all’appuntamento, di aggredirmi platealmente.
Il tempo parve congelato, e con esso il mio stomaco, stretto in una morsa di terrore. Poi, finalmente, l’ora dell’appuntamento si avvicinò.
Verso mezzanotte meno cinque minuti, notai tre uomini, vestiti in maniera abbastanza anonima, dirigersi verso di me.
“Ci siamo” pensai, e il cuore prese a tamburellarmi nel petto.
Puntarono dritti verso la mia direzione, fugando ogni mio dubbio in merito alla loro destinazione. Inspirai e tentai di calmarmi, sforzandomi di non guardarmi intorno alla ricerca di indizi della presenza degli uomini di Vattuone. Inconsciamente sfiorai con la mano la pistola che celavo nella tasca dei Jeans.
<<Steve Sandlake?>> mi apostrofò il più alto dei tre quando furono di fronte a me, sfoggiando un sorriso traboccante di cordialità.
Da vicino mi resi conto che era probabilmente più giovane di quel che ritenni a prima vista. Avrà avuto all’incirca trent’anni. Belloccio, abbastanza alto e con capelli biondi raccolti a coda di cavallo. Indossava una camicia bianca aperta sul petto, dalla quale potei intravvedere un fisico sportivo. Mi domandai se fosse lui l’uomo del mistero.
I due che arrivarono con lui si fermarono un passo indietro. Avevano l’aria di essere di diversi anni più vecchi, e avevano espressioni sul volto per niente rassicuranti. 
<<Sì, sono io>> risposi con un filo di voce. <<Aspettavo una sola persona>> proseguii, sforzandomi di indurire i miei modi e cercando di non sbilanciarmi.
<<Io mi chiamo Justin. La persona che lei attende mi ha mandato ad accoglierla, signor Sandlake.>>
<<Non erano questi gli accordi. Lui dov’è? E soprattutto dove sono i miei soldi?>>
Vattuone non si era sbagliato.
<<Frena. Non penserai che uno come lui si possa far vedere in giro a distribuire valigette cariche di grana. Comunque non ti preoccupare. Non dovrai fare molta strada. Dobbiamo andare semplicemente là in fondo>> mi disse, indicando la parte terminale del molo.
<<In fondo al pontile?>> chiesi, allertato.
<<Esatto. Vedi quel piccolo motoscafo? È là che dobbiamo andare.>>
Justin mi indicò la piccola imbarcazione che notai al mio arrivo.
<<Così tu avrai i tuoi soldi lontano da sguardi curiosi, e noi saremo liberi di andarcene via mare.>>
<<Quindi lui è sul motoscafo?>>
<<Non ti preoccupare, seguici.>> La risposta sibillina di quell’uomo non ebbe altro effetto su di me se non quello di gettarmi ulteriormente nel panico. Ripensai tuttavia alle parole di Vattuone e cercai di calmarmi.
<<Ok andiamo.>>
Percorrendo il Molo 17 per tutta la sua lunghezza, misi progressivamente a fuoco la sagoma del motoscafo verso il quale ci stavamo dirigendo.
Nero come la notte stessa, ospitava una sola persona a bordo, quella che vidi leggere un giornale alcune ore prima.
L’uomo in questione, voltato di schiena rispetto a noi, indossava una camicia bianca con un maglione scuro annodato sulle spalle. Mi domandai se fosse effettivamente lui il deus ex machina di tutta quella vicenda.
Arrivati dinnanzi all’imbarcazione si girò lentamente verso di me. Era un bell’uomo, abbronzato e sulla cinquantina. Non l’avevo mai visto in vita mia.
<<Ben arrivato Mr. SandLake>> mi disse rivolgendomi un sorriso.
<<Buona sera a lei>> risposi, imbarazzato e incerto sul da farsi, non conoscendo il nome del mio interlocutore.
<<È venuto tutto solo?>> mi chiese.
<<Certo>> risposi. <<Vede forse qualcun altro?>> Mi sforzai di assumere un atteggiamento più deciso.
<<Direi di no.>>
<<Bene. Ora che abbiamo stabilito che non abbiamo altre presentazioni da fare che ne dice di darmi i miei soldi? Così levo il disturbo. A meno che lei non voglia prima spiegarmi perché diavolo mi ha coinvolto in questa dannata vicenda.>> In quel momento la curiosità ebbe per un istante il sopravvento sulla prudenza.
L’uomo sorrise, piantando per alcuni istanti i suoi occhi neri nei miei.
<<Lei dunque ritiene che sia stato io ad orchestrare tutto quanto?>> mi chiese, accentuando il suo sorriso. 
<<Certo, chi altri?>> risposi, accorgendomi solo un istante dopo che stavo abboccando a un amo ben lanciato.
<<Benissimo.>>
<<Benissimo?>> chiesi come un ebete. <<Che cosa…>>
Non riuscii a finire la frase.
Il pilota del motoscafo guardò i tre uomini dietro di me, facendo loro un cenno con il capo.
I tre agirono all’unisono con una rapidità impressionante. Due di loro mi scaraventarono all’interno dell’imbarcazione sollevandomi e lanciandomi come una bambola di pezza, mentre il terzo, quello chiamato Justin, sciolse la cima cui era legato il motoscafo per poi raggiungerci in pochi istanti.
Atterrai sul fondo dell’imbarcazione con un tonfo, stordito e terrorizzato dalla rapidità con la quale agirono quegli uomini.
Il piccolo fuori bordo si mise in moto nell’istante in cui cercai di rialzarmi, allontanandosi rapidamente dal molo.
Cercai disperatamente di guardare in direzione del pontile, pregando in cuor mio che spuntasse qualcuno degli uomini di Vattuone ad interrompere quella folle corsa, ma non vidi nessuno.
<<Stai fermo e non ti muovere.>> A parlare fu Justin, il quale, senza abbandonare il suo sorriso, si premurò di rafforzare la sua richiesta puntandomi una pistola in pieno volto. Non potei far altro che obbedire.
<<Dove stiamo andando?>> chiesi, domandandomi se avrei ottenuto una risposta.
<<A incontrare il capo.>>
<<Ma…>> la domanda mi morì in gola.
<<No, non è lui>> mi disse Justin, indicando con un cenno l’uomo dal maglione scuro, che continuò a guidare verso il mare aperto. <<È evidente che al di là delle tue piccole menzogne non hai realmente idea di chi sia la persona che stai per incontrare. Il capo ne era quasi certo, ma averne la conferma gli farà sicuramente piacere.>>
Non ebbi il coraggio di negare l’evidenza. Il mio piccolo bluff si era già sciolto come neve al sole.

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