CAPITOLO 25

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ATTENZIONE 🔞 : Questa storia contiene il linguaggio esplicito e scene forti e si consiglia una lettura consapevole e adeguata al genere. 

                                                        QUALCHE PARTE IN RUSSIA, MOSCA

Lo zar russo sedeva sulla poltrona di pelle, le gambe ben poggiate in una posizione rilassata e fissava attentamente i tre uomini portoricani che vi erano accomodati davanti a lui. Quello al centro si chiamava Carlos Blas ed era il braccio destro del capo della mafia portoricana, conosciuto come Don Blas nel settore dell'industria per il modo in cui lasciava il messaggio una volta finito con i traditori. 

I ladri dello zar erano dietro di lui in un religioso silenzio, tra cui i due sicari  Viktor Medvedov e Velimir Novakov, uno dei ladri più sadici nell'organizzazione. Mostravano un'espressione cupa e poco rassicurante nei confronti dei nuovi arrivati.

«Come ho già detto..» Inizio il portoricano con tono paziente e appoggiò il contratto davanti al capo dei ladri «Il porto sarà tuo, Volkov.»

Lo zar lo fissò per alcuni minuti senza sbattere le ciglia e sorseggiò la sua vodka mentre spostava gli occhi azzurri verso il documento di cui non lo fregava un cazzo « Cosa volete in cambio? Nessuno tratta con il sottoscritto senza un valido motivo»

Il nuovo arrivato chiamò uno dei suoi uomini che si avvicinò con dei sigari. Ne scelse uno e se lo portò alla bocca nervosamente «Vogliamo alleanza, ladro. Ci stanno attaccando da tutte le parti, cazzo. Il capo non si fida di nessuno, eccetto te. » Esclamò agitato, consapevole che vi erano poche probabilità di tale alleanza. Scrollò le spalle agitato e prese una boccata, lasciando aleggiare nell'aria il fumo che lo avvolse, nascondendo il viso rosso dall'umiliazione.

Lo zar fece un sorriso strafottente e  ascoltò in silenzio l'uomo mentre parlava, francamente non lo fotteva un cazzo dell'alleanza e di tutta quella fottuta situazione di merda che gli stava raccontando. Prese il contratto di alleanza senza neppure leggerlo e lo strappò senza pochi complimenti, buttandolo davanti all'ospite che diventò bianco come un cadavere.

Durate l'addestramento aveva imparato che il mondo di qui faceva parte non perdonava, c'erano dei sacrifici e  c'era sempre qualcosa da pagare  in cambio di un ordine oppure di protezione. Non era la prima volta che parava il culo a un'idiota che si era immischiato con gente fuori della sua portata.

« Portate i vostri culi marci fuori dal mio Stato, i vostri nemici saranno l'ultimo dei vostri problemi. Riferite al capo che non intendo paragli il culo e iniziare a guerra con nessuno per conto di qualcuno che ha non le palle a presentarsi di fronte a me, cazzo. » Esclamò con un tono freddo e minaccioso, intento ad alzarsi e sistemarsi il cappotto elegante prima di portarsi  le mani nelle tasche fissandolo dalla sua altezza come se fosse un essere insignificante che non valeva tutto quel tempo che gli aveva concesso fin adesso.

«Il porto non mi interessa! Non saprei cosa farmene di esso e in cambio vi lascio uscire illesi da qui e interi, sempre se non avete fretta a morire continuando a rompermi i coglioni con le vostre fottute favole   » Detto ciò stava per uscire, ma la voce dell'uomo lo fermò a pochi passi della porta confermando i suoi sospetti, d'altronde gente non smetteva di sorprenderlo. 

«Non cosi in fretta, russo!» Lo minacciò il portoricano ed estraendo l'arma da sotto la giacca. «Non ho finito con te, figlio di puttana. Non spingermi alle maniere forti, cazzo, me ne sbatto e ti sparo, cristo.»

L'attimo successivo tutti i presenti della stanza avevano in mano le pistole.

Ladri contro i portoricani

I due sicari russi puntavano le arme contro lo stronzo con tale precisione millimetrica che rimase dov'era nonostante avesse gli uomini alle sue spalle, pronti a proteggerlo. 

ALEXANADAR, LO ZAR DELLA RUSSIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora