15. Gelosia

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Aleksej

Ripercorro il corridoio con ampie falcate. Raggiungo gli armadietti e scorgo con orrore il corpo di Floyd accasciato sul pavimento. Delle ragazze la circondano: una le fa aria con un ventaglio, un'altra le riempie un bicchiere d'acqua. Mi faccio largo tra la folla e mi inginocchio di fronte a lei. Ha il viso pallido e l'espressione assente.

<<Floyd, mi vedi? Sono io. Cosa ti è successo?!>> L'ansia mi sta divorando vivo.
<<Ora sta meglio>> mi rassicura la ragazza dai capelli ramati <<Ha avuto un attacco di panico.>>
Mi alzo in piedi e infilo un braccio sotto le sue ginocchia e con l'altro le cingo la vita. La sollevo e lei non oppone resistenza.
È particolarmente sotto shock.

Poggia il capo sul mio petto, senza dire una parola.
Tutti ci fissano sbalorditi. Sindy mi viene incontro e sgrana le palpebre.
<<Cosa stai...>>
<<Sta male, spostati.>>
I tratti del suo viso si deformano per la rabbia, ma io la supero senza fornirle ulteriori spiegazioni.

Dopo pochi minuti raggiungo il piccolo stanzino in cui ci rechiamo sempre io Tom e Trevor per non farci udire da persone indesiderate.
Floyd si lascia adagiare sulla sedia, mentre si massaggia le tempie.
Mi chino alla sua altezza e fisso il mio sguardo nel suo con determinazione: <<Chi. È. Stato.>> Scandisco ogni singola parola. Floyd sbatte ripetutamente le palpebre, come se stesse mettendo a fuoco il mio viso solo ora.

<<Ricordo solo>> evita di incontrare il mio sguardo, ma io le prendo il mento tra il pollice e l'indice e la costringo a farlo <<che sono scappata dall'aula in cui mi hai abbandonata.>> mi fulmina con un'occhiata minacciosa e reprimo l'impulso di scoppiare a ridere.
<<Poi sono andata agli armadietti e...>> Le si mozza il fiato e io mi inginocchio e le stringo la mano.

<<Dimmelo Flo... non mentirmi.>> Mormoro senza smettere di guardarla negli occhi.
<<Io non mi fido di te, Aleksej. Non ti dirò nulla.>> Fa per alzarsi in piedi, ma un capogiro mi induce ad afferrarla per i fianchi e sorreggerla finché non riprende posto sulla sedia.
<<Ti prego.>> Ripeto in una supplica disperata.
Sospira e serra le palpebre. <<Edward, lui voleva vendicarsi per ciò che gli ho fatto quella volta in corridoio. Poi si sono aggiunti altri suoi amici e... Catrine.>> Pronuncia quel nome con odio.
Non posso biasimarla.

<<Li ucciderò tutti, probabilmente.>>
Accenna un lieve sorriso.
Pare che la violenza piaccia ad entrambi. Non credo sia proprio una cosa positiva.
<<Ma perché sei quasi svenuta?>>
<<Mi hanno stretto i polsi, mi hanno toccata...>> Emette un sospiro tremolante. <<Il passato non si può cancellare o modificare. Si può superare, ma non tutti hanno il coraggio di accettarlo. Io non ce l'avrò mai.>>
<<Nemmeno io.>>

Contempliamo il silenzio per minuti interminabili, finché lei non dischiude le labbra e dice: <<Io ti ho parlato di ciò che è accaduto con Edward, tu ora devi dirmi dove hai preso quella collana.>>
Sfioro con le dita il piccolo rubino.
<<Puoi darmela un attimo?>> Allunga la mano e con riluttanza sgancio la catenina e la posiziono al centro del suo palmo. Se la rigira tra le dita analizzandola. <<Hai mai provato ad osservarla illuminata dalla luna?>>
Che domanda assurda!
<<Beh, no direi di no.>>
<<Credo che dovremmo provarci.>>

Floyd

<<Dove l'hai presa?>> Ripeto la domanda di poco fa, mentre perlustro con lo sguardo la piccola stanza. È fiocamente illuminata da una abat-jour posta su un tavolino di legno. I cassetti sono stracolmi di scartoffie e dalla piccola finestra filtra un barlume di luce.

The Darkness of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora