24. Te lo prometto

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Aleksej

Dopo aver cenato con Margi e Flooria mi sono chiuso in camera. Floyd prima che entrassi era qui, poi si è dileguata come un fantasma. A cena non si è presentata in cucina, ma le ho lascito un piatto con dei tranci di pizza che avevo preparato insieme a Flooria e un'abbondante porzione di patatine fritte. Anche se avrei preferito mangiarle io.

Ora sono, come al solito, accovacciato sul cornicione della finestra. La luce abbaiante dei lampioni rischiara il cielo notturno e non riesco a vedere le stelle. Anche la luna sembra essersi dematerializzata ultimamente. Mi concedo un ultimo tiro prima di spegnere il mozzicone nel posacenere posto sul baule alle mie spalle. L'aria fredda mi punge con violenza e non posso che apprezzare questa sensazione così piacevole.

<<Aleksej?>> La voce di Floyd mi colpisce alle spalle. Ruoto il capo, scorgendo la sua figura con la coda dell'occhio.
<<Floyd?>> Mormoro appena.
Mi raggiunge in poche falcate. Sale sul baule e mi si affianca. Il vento le sferza le ciocche mosse e nere, come il cielo sta notte. Resta in silenzio con lo sguardo assorto.
<<A cosa pensi?>> Le chiedo senza filtri.
Lei trema per un breve istante, poi riassume la sua solita aria imperscrutabile. <<Non ha importanza ciò che penso io.>>
<<Siete costretti a servire i vostri superiori e non potete mostrare alcuna debolezza. Giusto?>>
Annuisce senza incontrare il mio sguardo.

<<Piangere anche per il più piccolo dei problemi non equivale ad essere deboli, ma ad essere umani. Ciò che pensi è importante perché fa parte di te, come persona.>> Le prendo delicatamente il mento tra il pollice e l'indice e lei arrossisce imbarazzata. La macchia bianca che le ricopre il viso è visibile nonostante la sua carnagione pallida. Ne traccio i contorni con lo sguardo e un lieve sorriso mi incurva le labbra. Lei ricambia impercettibilmente. Poi però si riscuote, come se d'improvviso si fosse ripresa da uno stato di trance. Si morde il labbro con violenza, come fa sempre quando è nervosa.

<<Floyd...>>
<<Aleksej...>> Mi fissa le labbra con insistenza e quando accosta di qualche centimetro il viso al mio, mi scosto bruscamente con uno scatto.
I ricordi tornano vividi nella mai mente:
<<Guarda che cazzo hai fatto, stronzo!>>
Le sue parole mi invadono la mente come un veleno letale.
<<Era mia figlia!>>
Mi porto una mano sulla tempia e serro le palpebre. Espiro con violenza.
'Non posso farle del male. Non. Posso. Non un'altra volta.'
<<Aleksej>> Mi richiama mentre rientra in camera e si sdraia sul letto.
<<Mh?>>
<<Riguardo a ciò che mi hai detto poco fa, devi sapere che ci sono cose che non possiamo controllare, perché sono gli altri a controllare noi. Capirai.>> Sospira <<Ho solo una richiesta in questo momento.>>

Inarco entrambe le sopracciglia e annuisco.
<<Potresti dormire sempre qui?>> Dà un colpetto sul lato destro del materasso. Non so perché, ma ora mi sembra di rivolgermi a una bambina: <<E perché?>>
<<Allora ne ho anche un'altra: non fare domande non richieste, grazie.>>
Sogghigno e mi sdraio accanto a lei. Incastro le mani sotto la nuca e socchiudo le palpebre. <<Buonanotte, Mēness acis.>> Ma lei ha già chiuso le palpebre, sprofondando in un sonno profondo.

Vago senza meta per le strade deserte di un luogo a me sconosciuto. La foschia mi impedisce di vedere nitidamente ciò che mi circonda. La luce soffusa dei lampioni che costeggiano i marciapiedi rischiara appena l'oscurità. Mi impongo di proseguire, smanioso di scoprire cosa si cela oltre il buio. Pochi metri più in là il bagliore di un'insegna mi induce ad avanzare. Seduti a dei tavolini all'esterno, due uomini di cui non riesco a distinguere i tratti del volto, ridono sguaiatamente mentre prendono sorsi generosi dai boccali di birra.

Dò un colpetto alla porta che si socchiude rivelando un locale pullulante di gente: chi beve, chi fuma, chi balla e canta sui tavoli che ingombrano lo spazio. Le mie gambe scattano in automatico, come se non rispondessero più ai comandi del cervello. Mi destreggio tra la calca, alla ricerca di qualcosa di cui nemmeno io so cosa. Giungo in un corridoio con quattro porte a destra e altre quattro a sinistra. Mi incammino in direzione della seconda porta a sinistra senza sapere bene il perché della mia sicurezza nella scelta di quest'ultima.

The Darkness of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora