9. Chimica violenta

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Floyd

<<Quanto manca ancora? Non ce la faccio più a stare con questi tizi.>> Bofonchio stizzita accasciandomi sul morbido materasso. Questa stanza è molto più accogliente della mia: mensole e mobili in legno, scrivania in marmo dotata di un'ampia cancelleria, soffici coperte di lana sul cui lato sinistro è posto il comodino e l'alto armadio. Forse i poveri signori pietrificati al piano di sotto, hanno una figlia. Che ora, per sua fortuna, non abita più qui.

<<Sta tranquilla Flo, tra poco e non rivedrai mai più questi tizi. Pensa alla tua ricompensa. Non vorrai rovinare tutto ora.>>
Mai.
<<No, certo che no. Sono giorni che rifletto su ciò che ha visto Trevor. Lui verrà con noi, lo sai vero?>>
<<Sì, lo so.>> Ammette con un sospiro.
Fisso il soffitto senza battere le palpebre. <<Raivel e Laira dovevano arrivare il quarto giorno.

I proprietari della casa dove mi trovo attualmente sono paralizzati da oltre due settimane.>> Mi avvicino alle scale quanto basta per vedere i due poveretti, immobili e ignari.
<<Ricordati di farli tornare... come dire... vivi, prima di ripartire.>> Sentenzia con l'aria di un fratello maggiore. 'Come se non mi bastassero le continue avvertenze e i rimproveri di Aledya.' <<Ora devo andare, Dayen ha bisogno di me.>>

Roteo gli occhi infastidita dal solo suono di quel nome, poi Khadian lascia la stanza e percorre la scala a chiocciola che porta al piano di sotto. Strofino con violenza gli occhi.
'Spero solo arrivino presto.'
Spalanco l'armadio alla ricerca di indumenti per la notte (appartenenti alla presunta figlia dei signori Brown). Trovo una camicia da notte di colore bianco e parecchio sgualcita. La indosso e mi infilo stremata sotto le coperte.

Quando dicevo a Khadian di non voler più stare a contatto con le persone di questa realtà, non sono stata del tutto sincera. Qui non vigono rigide regole e la spensieratezza di chi mi sta intorno mi lascia sempre sbalordita. Provo persino una certa invidia nei loro riguardi.
Le palpebre si fanno pesanti e lentamente si richiudono, non lasciando spazio a qualunque altro pensiero.

Sono le due di notte e non riesco a prendere sonno. Un incubo mi ha svegliata di soprassalto e ora non faccio che girarmi e rigirarmi nelle coperte alla ricerca di un attimo di pace. Mi arrendo.
Ascolto il fruscio delle foglie accarezzate dal vento e delle gocce d'acqua che si abbattono sulla strada, poi mi avvicino alla finestra. Scosto le tende e la spalanco, per ammirare la luna piena che si staglia con il suo fascino nel cielo.

Subito le miei iridi nere e le ciocche bianche assumono un colore sempre più vicino ad un lilla tenue. Ispiro a fondo l'aria fredda della notte, godendo di quella quiete. Apro il pacchetto di chewing-gum alla menta e ne porto una alla bocca.
Non passa molto tempo prima che la mia attenzione si concentri sul ragazzo affacciato dal palazzo di fronte: due gemme profonde come l'oceano brillano al chiarore della luna.

I ricci neri mossi dal vento fresco, il busto fasciato da una semplice maglietta bianca e le labbra curve in un sorriso. Aleksej siede sul baule sotto il davanzale della finestra e senza proferire parola, ci limitiamo ad osservarci come se l'immensa diversità che ci divide, ci rendesse più vicini di qualunque cosa al mondo.

Mi soffermo su ogni dettaglio del suo corpo e del suo viso, come la fossetta che gli spunta sulla guancia sinistra e poi su quella destra quando sorride. Emana un'aura rassicurante e al tempo stesso seducente che mi destabilizza ogni volta che i nostri sguardi si incontrano.

<<Neanche tu riesci a dormire?>> Domanda alzando la voce per contrastare il rumore della pioggia.
<<No.>> Mastico la chewing-gum con foga. Oggi al parco avevo finto di non comprendere la frase che mi aveva detto e non dubitavo del fatto che avesse intuito chi fossi. Tuttavia non ha importanza, prima o poi avrebbe dovuto sapere.

The Darkness of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora