IV - I segni dell'amore e della morte

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Jadus Trusting non fece in tempo a sentire le innumerevoli promesse di George Thomson, perché un valletto entrò correndo dalla porta d'ingresso della casa con uno sguardo carico di terrore.

"Signor Thomson!", urlò, tenendosi una mano sul cuore per lo sforzo dovuto alla corsa. "Mio signore, è stato appena ritrovato un altro cadavere ed è richiesta la vostra presenza".

Gli occhi scuri di George divennero due fessure mentre fissava attentamente il valletto, tentando di mantenere la calma. "Una donna?".

"Sì", rispose quello, stringendo le labbra.

Jadus Trusting perse il sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel momento e si rivolse a George con tono serio: "Parleremo un'altra volta, signor Thomson. È ora che facciate il vostro lavoro, finalmente. Arrivederci".

George riuscì a malapena a trattenersi dalla voglia di farlo inciampare dalla rampa di scale a suon di pugni, ma pensò che, nonostante la frecciatina, non avesse tutti i torti.

"Di' al cocchiere di preparare i cavalli e avvisa il notaio dell'accaduto, poi ordinagli di farsi trovare direttamente a bordo della carrozza", disse al valletto con tono autoritario. "Lo raggiungerò fra cinque minuti".

L'uomo gli si inchinò rispettosamente, ma lo sguardo di George era fisso sul sorriso storto che Jadus Trusting gli rivolse prima di sparire dietro la porta d'ingresso: non avevano ancora raggiunto il loro accordo e non era nemmeno certo che il ragazzo avrebbe mai accettato la sua proposta.

Gli diede le spalle e si diresse a passi spediti verso la stanza in cui sua figlia era solita suonare al pianoforte nel tempo libero, d'un tratto non più tanto sicuro di trovarla ancora lì, lontana da ogni pericolo.

Ma vederla seduta sullo sgabello, intenta a scorrere le dita sui tasti come se non avesse altro pensiero al mondo diverso dalla musica, gli alleggerì l'animo a tal punto da fargli dimenticare perfino la preoccupazione per il suo futuro.

La melodia si interruppe quando la ragazza si accorse di non essere più sola e un sorriso le si formò fra le labbra nel posare i suoi grandi occhi celesti sul volto di George. "Papà".

"Alease", le rispose lui, ricambiando il sorriso e aprendo le braccia per invitarla a tuffarsi al loro interno. La strinse a sé con delicatezza e le scostò dalla fronte un boccolo castano e ribelle che era sfuggito all'acconciatura.

Alease si allontanò per poterlo guardare dritto in faccia e decifrò la sua espressione con uno sguardo preoccupato. "Hanno trovato qualcun altro?".

George increspò le labbra, improvvisamente incapace di parlare nell'immaginare sua figlia al posto della nuova vittima, e annuì in silenzio.

Lei abbassò subito gli occhi sul pavimento, poi li rialzò con fermezza e li fissò in quelli del padre. "Fa' in modo che la sua famiglia possa vivere in pace individuando l'assassino".

George annuì una seconda volta, ma non riuscì ad impedirsi di baciare Alease sulla fronte prima di darle le spalle e uscire nel corridoio: con quel piccolo gesto, gli sembrò quasi di averla appena messa un po' più al sicuro.

Lui e il notaio trovarono una piccola folla ad aspettarli accanto ad un grande palazzo a cui George non aveva mai prestato più attenzione del dovuto: si fecero largo fra la gente, che si scostò nel riconoscere i due uomini, e non rimasero troppo impressionati nello scorgere per terra il cadavere di una suora a pancia in giù, immerso in una pozza di sangue.

George si poggiò su un ginocchio nel sedersi accanto alla vittima e con estrema delicatezza, quasi temendo di svegliarla, le posò una mano su una spalla per poterla girare: un viso deformato e tumefatto accolse il suo sguardo indagatore, un volto che in precedenza doveva essere stato di una bellezza notevole; labbra viola e gonfie davano l'impressione di aver subito un impatto da non sottovalutare, probabilmente da un'altezza non indifferente, e il sangue incrostato alle narici del naso si congiungeva a quello che le era sgorgato dalla bocca non troppe ore prima.

Lilium: Il Sortilegio del Calice d'OroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora