XXII - L'amore di una madre

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George le diede le spalle e si avvicinò alla finestra dietro di sé, ammirando il paesaggio che si stagliava contro di loro e lasciando che fossero i ricordi a parlare per lui.

"Tua madre era una donna bellissima, uguale a te in tutto e per tutto: stessi occhi, stesso viso, stesso carattere. La rivedo in te ogni giorno e la tua presenza mi allevia il dolore che la sua scomparsa mi ha causato". Il tono della sua voce era morbido, del tutto diverso da quello che aveva usato poco prima, e la sua calma apparente fece sì che anche Alease potesse tranquillizzarsi almeno un po'. "A quei tempi le suore erano più libere di muoversi fuori dalle mura del convento, ma il loro cuore doveva appartenere a Dio e a nessun altro. Ero un giovane come tanti, ambizioso e pieno di aspettative verso la vita, con la voglia di divertirmi e di pensare solo al presente; almeno fino a quando non incontrai lei. Camminava con altre suore per le vie di Gardelium, approfittando della presenza del mercatino e dei raggi del sole: sorrideva con una spensieratezza tale da indurmi a pensare che non fosse realmente una suora, ma credo che questa fosse solo una scusa per convincere me stesso a farmi avanti. Le sue amiche mi riservarono un'occhiata piuttosto sospettosa, considerando il loro essere restie a fidarsi di un uomo al di fuori del convento, ma tua madre mi sorrise con una cordiale curiosità: non sapevo neanche il suo nome, ma mi aveva già rapito; fu in quel momento che capii di voler passare il resto della mia vita insieme a lei". George abbassò un po' lo sguardo e sorrise tra sé con dolcezza, quasi come se si fosse del tutto dimenticato della presenza di sua figlia. "Cominciammo ad incontrarci sempre più spesso, finché non mi confessò che la sua decisione di diventare suora era dipesa dalla volontà dei suoi genitori e non dalla sua: indossava quegli abiti perché costretta, non perché lo voleva davvero. Si innamorò di me senza accorgersene e niente riuscì ad impedirmi di trascorrere le mie notti più belle con lei. Era una donna ambiziosa e attraente, catturava l'attenzione di chiunque la guardasse, compresi coloro che, come lei, avrebbero dovuto riservare il loro amore solo a Dio. Aveva sempre respinto chiunque, tranne me, ma un giorno un uomo all'interno del convento non si fece scrupoli a manifestarle i suoi sentimenti: la voleva per sé a tutti i costi, ignaro del nostro rapporto clandestino che l'avrebbe condannata a morte se solo fosse venuto alla luce. Ilary lo trattò allo stesso modo degli altri, finché lui non si accorse della rotondità sospetta all'altezza della pancia nel momento in cui cercò di stringerla a sé contro la sua volontà. Capì che era rimasta incinta e si sentì tradito a tal punto da decidere di rinchiudere le suore nel convento, così da impedirle di scappare e di partorire il bambino in un posto sicuro. Le mie visite si fecero più rade, considerata la stretta vigilanza a cui erano sottoposte costantemente le suore, e Ilary temeva solo per la sicurezza di suo figlio: voleva che lo salvassi a tutti i costi, anche mettendo lei in secondo piano. Non mi diedi per vinto e cercai di restarle vicino durante tutto il periodo della gravidanza, fin quando non arrivò il momento del parto e le sue amiche – le stesse che mi avevano guardato con aria di sufficienza poco prima di conoscerci – corsero a darle una mano. Nonostante la sofferenza, la tua nascita la fece sorridere più di quanto avesse mai fatto in mia presenza: ma le sue urla di dolore avevano attirato l'attenzione dell'uomo, che corse a controllare per avere finalmente l'opportunità di ucciderla; il fatto che fosse incinta lo aveva tenuto a distanza quel tanto che bastava da impedire che le persone potessero accusare lui della gravidanza, ma – una volta partorito – niente poteva impedirgli di uccidere te e tua madre. Ilary fece appena in tempo a darti un nome e a pregarmi di portarti via, consapevole che non sarei mai riuscito a salvare anche lei: scappai lontano da Gardelium, approdando sulle isole di Railand nella speranza che le voci sui suoi poteri miracolosi fossero abbastanza vere da salvare Ilary e, al tempo stesso, che potessi trascorrere i tuoi primi mesi di vita al sicuro". George si voltò nuovamente verso Alease, tenendo con fermezza gli occhi bassi. "Al mio ritorno sembrava tutto uguale a come lo avevo lasciato, con l'unica differenza che alle suore era stata di nuovo concessa la possibilità di vagare libere per Gardelium. Un giorno, però, incontrai per strada una delle amiche di Ilary che l'avevano aiutata a partorire, la quale non mi raccontò nulla del modo in cui fosse morta o di chi l'avesse uccisa: si limitò a dirmi, in modo che nessuno ci sentisse, che lei e altre suore erano riuscite a portare il suo corpo in salvo, così da impedire all'uomo di seppellirla in un luogo sconsacrato e condannare per sempre la sua anima". Poi George alzò gli occhi inumiditi per fissarli in quelli della figlia e mormorò un debole "Non sopporterei che la stessa sorte capitasse a te".

Lilium: Il Sortilegio del Calice d'OroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora