XXI - Interrogatori

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A volte capitava che Alease non sopportasse la sua migliore amica, visti i suoi sbalzi d'umore improvvisi e le sue ossessioni malsane, ma in quel momento ebbe seriamente l'impulso di fingere di non conoscerla: solo in quel modo avrebbe potuto evitare di rispondere alla sua domanda tanto invasiva; quante altre bugie avrebbe dovuto raccontarle ancora?

Lorenzo, dal canto suo, sembrava poco interessato alla nuova arrivata; non si scompose minimamente e le mani restarono giunte sotto al mento proprio come le aveva lasciate poco prima. Sotto la sua calma e la sua pazienza infinita si nascondeva l'animo turbolento di un pluriomicida.

"Mi chiamo Lorenzo", rispose con voce sicura, porgendole la mano con un sorriso ammaliante e affabile. "Suppongo che tu sia Emily".

Alease si voltò verso di lui, abbastanza lentamente da non dare troppo nell'occhio. Era sicura di non avergli mai parlato di Emily, eppure lui conosceva il suo nome e sembrava anche aver intuito il ruolo che ricopriva nella vita di Alease.

L'amica gli strinse la mano con le sopracciglia corrugate, quasi come se non si aspettasse una presentazione del genere.

Prima ancora che potesse rispondergli, Lorenzo la precedette con un abile e schietto "Vuoi sederti con noi? Questo è l'unico posto di Gardelium in cui si riesce a chiacchierare in santa pace. Ho saputo che Trevor Connor è sopravvissuto ad uno scontro e ne stavo giusto parlando con Alease; sai qualcosa in merito?".

"In verità sono venuta a fare delle ricerche di medicina e non riuscivo a trovare il corridoio adatto", balbettò Emily, lanciando una rapida occhiata ad Alease. "Sapete dove trovarlo?".

Lorenzo si guardò velocemente in giro, poi indicò uno degli scaffali più vicini all'entrata. "È il penultimo, laggiù in fondo. Se avessi bisogno di una mano, o se per caso ti ricordassi qualche particolare sullo scontro di Trevor Connor, non esitare a tornare qui".

"Va bene", mormorò Emily, con occhi sgranati. Non se lo fece ripetere due volte e sparì in direzione del corridoio indicatole da Lorenzo.

Solo quando si fu allontanata abbastanza, Alease si sporse in avanti e gli chiese: "Come facevi a sapere il suo nome? E il reparto di medicina? E lo scontro di Trevor? E come hai fatto a mandarla via?".

Lorenzo scrollò le spalle e si mise comodo sulla sedia incrociando le braccia. "Ho origliato la tua conversazione con il notaio e, nel sentire il nome di Emily e il riferimento a sua madre, ho semplicemente tratto le mie conclusioni; per quanto riguarda il reparto di medicina, diciamo solo che qualche mese fa avevo una passione non indifferente per i libri e spesso mi capitava di farmi un giretto nelle biblioteche; il particolare sullo scontro di Trevor l'ho dedotto osservando i suoi lividi, come se fosse stato preso ripetutamente a pugni; per mandarla via, ho solo insistito un po' nell'invitarla a sedersi con noi e a parlare di argomenti del tutto diversi dalla medicina. A volte, per allontanare qualcuno, basta cercare di farlo sentire oppresso". Sbuffò e voltò la testa verso la finestra. "Solo perché non tutti siamo figli di un investigatore non vuol dire che la nostra intelligenza non esista".

Alease ingoiò la frecciatina e decise, con molta saggezza, di lasciar perdere. "Allora, di cosa volevi parlarmi?".

"Ricordi la scritta che abbiamo letto nelle catacombe, ieri notte?".

"Sii l'unico giudice di te stesso. E con questo?".

Gli occhi di Lorenzo si assottigliarono con la stessa velocità con cui le labbra cominciarono a distendersi in un sorriso. "E ti ricordi quei due uomini che sono intervenuti durante il nostro primo incontro? Quelli che hanno criticato le donne dopo aver ucciso la suora e che poi hanno tentato di uccidere noi?".

"Sì".

Come dimenticarlo?

"Non è sospetto che una frase del genere si trovi nelle catacombe di una chiesa, considerando il fatto che la loro vittima fosse proprio una suora?".

Lilium: Il Sortilegio del Calice d'OroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora