XXXI - L'immortalità

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Era come essere stati catapultati in un sogno dal quale Lorenzo non vedeva l'ora di svegliarsi.

Non riusciva a credere di poter essere capitato in una situazione del genere, o che Alease si fosse sacrificata per lui.

L'aveva accusata ingiustamente di essere la colpevole della scomparsa del calice, le aveva detto di essersi pentito di averla conosciuta; eppure, dopo insulti di tale portata, lei l'aveva perdonato.

E non solo: l'aveva addirittura salvato.

Lorenzo si inginocchiò al suo fianco e le fece posare il capo sulle proprie gambe, stringendola in un abbraccio che sperava non finisse mai.

Non vi era alcuna espressione di dolore sul suo viso: era stata sicura di aver compiuto la scelta giusta, non se ne era minimamente pentita.

Era morta con un sorriso appena accennato fra le labbra, indipendentemente dal pugnale con il quale si era trafitta il petto e che l'aveva strappata alla vita.

Lorenzo sentì le proprie guance improvvisamente bagnate e con un certo stupore si rese conto di essersi messo a piangere, come ormai non capitava da troppo tempo.

Lui era stato la causa della prematura scomparsa di moltissime giovani, eppure l'avvicinarsi della sua immortalità gli aveva impedito di provare alcuna emozione al riguardo, nemmeno l'ombra di un vago senso di colpa; l'omicidio di quelle ragazze era servito per un bene più grande, un bene riguardante soltanto lui.

Ma il corpo di Alease giaceva fra le sue braccia e in quel momento ebbe la certezza che non esistesse dolore più insopportabile, nonostante ormai fosse diventato immortale e il suo lato umano fosse del tutto sparito.

O quasi.

Gli immortali non piangevano.

Tuttavia, le lacrime continuarono a riversarsi ininterrottamente sul suo volto, mentre stringeva a sé la ragazza con più forza per godersi a pieno gli ultimi momenti che avrebbero potuto trascorrere insieme.

Si chiese in cuor suo come avesse fatto Madeleine a restare abbastanza lontana dagli umani da non affezionarsi a loro, per poi soffrire; avrebbe dovuto imparare subito a comportarsi come lei, in modo da sopravvivere al corso degli eventi.

Maledisse se stesso per non aver rifiutato il suo patto: non sarebbe stato forse meglio accettare il proprio destino, così da evitare di dover sopravvivere alle morti altrui?

Aveva sbagliato a prevedere un'esistenza priva di legami con le persone attorno a lui, era stato ingenuo a pensare che sarebbe riuscito a vivere in solitudine.

Si era auto-convinto che l'immortalità potesse anestetizzare i suoi sentimenti e non aveva preso in considerazione l'ipotesi che, in realtà, si fosse sbagliato di grosso.

L'unica ragazza verso la quale avesse provato davvero qualcosa era morta, e ora si trovava inerme fra le sue braccia.

E lui era rimasto da solo, insieme al suo cavallo.

Con una piccola parte della mente, si chiese se anche il suo destriero fosse diventato immortale o se lo fosse stato già da prima, fin da quando Madeleine l'aveva riportato in vita nel campo di battaglia.

Ma tale domanda venne soppiantata da un'altra molto più urgente e dolorosa, alla quale avrebbe dovuto rispondere immediatamente.

Lorenzo era diventato immortale tanto quanto Madeleine; nonostante i secoli di differenza, aveva acquisito i suoi stessi poteri, o perlomeno lo sospettava.

Era giunto il momento di mettersi alla prova.

Non aveva la minima idea di come fare, di quali parole specifiche pronunciare, di dove guardare o di dove condurre le proprie mani, sempre a patto che dovesse portarle da qualche parte.

Lilium: Il Sortilegio del Calice d'OroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora