Capitolo 31

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Mi passai una mano fra i capelli, consapevole che non se ne sarebbero rimasti al loro posto neanche con tre chili di lacca. Mi sistemai gli occhiali da sole sul naso, non volendo che il sole mi finisse negli occhi. Feci un respiro, facendo entrare l'aria dal naso, e poi espirai, facendomi venire in mente che era dalla sera prima che non fumavo. Record assoluto, dato che adesso erano le tre del pomeriggio ed era davvero troppo che non mi accendevo una sigaretta. Controllai l'ora per essere sicura: le tre e due minuti. L'appuntamento era alle tre precise, ero in ritardo di due minuti eppure di lui non c'era traccia. Magari non si sarebbe presentato.

Ma che diavolo dicevo, ovvio che si sarebbe presentato, me l'aveva chiesto lui di vederci.

Mi aveva scritto un messaggio quella mattina stessa, prima di pranzo, così da accertarsi che non avrei avuto altri impegni. Tirai fuori il cellulare, come a convincermi davvero, aprendo il messaggio.

Possiamo incontrarci oggi pomeriggio allo Chapeau? Vorrei parlare. Ti va bene alle tre? rilessi, annuendo di seguito. No, non me l'ero sognato, quindi dovevo solamente aspettare qualche altro minuto.

Non era come Mattia, che si faceva attendere in quanto irresistibilmente fascinoso qual era, doveva stupire gli occhi con il suo arrivo, in modo che potessero avere gli occhi puntati su di lui. Magari mentre si sistemava il giubbotto di pelle sulle spalle, poi si passava una mano fra i capelli e sorrideva con la lingua fra i denti, guardando le ragazze che lo circondavano con lo sguardo più sexy che riusciva a fare, e che veniva tradotto con ''non sai quel che ti farei''.

«Paola?» mi sentii chiamare, e quindi mi voltai «scusa il ritardo»

«Tranquillo Federico, solo tre minuti e mezzo di ritardo. Ma considera che anche io ero in ritardo di due minuti, quindi per par conditio sei in ritardo di un minuto e mezzo» mi strinsi nelle spalle, sorridendo imbarazzata.

Quando ero nervosa, iniziavo a parlare a macchinetta. Nessuno mi fermava. Era una cosa che utilizzavo per nascondere il mio nervosismo e la mia sicurezza in certe situazioni difficili. E lui lo sapeva.

«Respira ogni tanto» ridacchiò «dai, entriamo»

Tra noi, Federico era sempre stato il più sicuro. Forse era per quello che era lui la parte dominante della coppia. Ma adesso, dopo la prima volta -dopo ciò che mi aveva fatto-, ero diventata più forte, dominavo anche io. Ma perchè con lui risultavo sempre la stessa ragazzina fragile di tanto tempo fa?

Entrammo nel bar senza scambiarci una parola, in silenzio assoluto, rimpiazzato però dal chiacchiericcio generale di tutti gli altri presenti. Si offrì di andare a prendere qualcosa e mi fece sedere. Trovai un tavolino appartato per due, indicandoglielo subito dopo, perchè altrimenti non mi avrebbe trovato. Tornò dopo cinque mintuti, un vassoio fra le mani in precario equilibrio.

«Cappuccino Americano e ciambella alla vaniglia per te, delizia» me le sistemò di fronte «caffè macchiato e cornetto al cioccolato per me»

«Grazie mille» sorrisi «quanto ti devo?»

«No no, non voglio niente. Consideralo un regalo» sorrise debolmente.

Sapevo che voleva aggiungere qualcosa, tipo ''un regalo da amici'', ma non poteva. Cos'eravamo adesso? O meglio, cos'eravamo stati tutto quel tempo? Io avevo provato dei sentimenti per lui, ne ero pienamente sicura, ma la nostra relazione era stata solamente una bugia? Di nuovo?

«Parliamoci chiaro Paola,» esordì, stanco di quel silenzio che aleggiava su di noi «come l'hai scoperto?»

Tanto valeva dirsi le cose subito, e metterle in chiaro il prima possibile.

«Quando ero a casa tua l'ultima volta. Stavo cercando la mia biancheria e ho guardato sotto il letto per vedere se c'era qualcosa. Effettivamente, qualcosa c'era, ma non era mio» raccontai «me li misi in borsa e andai da Mattia per dirglielo»

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