26. Halo

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CAPITOLO 26

Halo*


Zayn

Ed anche Natale era arrivato, con tutto ciò che implicava. Una giornata a casa mia, con mia madre a cucinare il solito menu per me e le mie sorelle, a scartare i regali, a sorridere e a volerci bene. Perché volere bene alle donne della mia vita era facile. Mia mamma, così esile, non si era mai rotta, aveva sempre sopportato in silenzio, come le donne di una volta, quelle che si caricavano tutto sulle spalle senza mai lamentarsi, senza mai un sospiro fuori posto. Le mie sorelle invece, pur facendo parte delle generazioni moderne, tra un tweet e una foto su instagram, riuscivano a capire le nostre difficoltà ed a non chiedere troppo. Non tutte l'avrebbero fatto, non tutte avrebbero detto che ogni cosa andava bene quando non era così.

La mia famiglia erano loro, erano quelli che erano rimasti, fortificati, uniti.

Nei tre anni passati, la mia famiglia era stata anche Harry, a casa mia in quel periodo, a festeggiare con noi.

Ora non più. Era stato lui a tirarsi fuori, non io a cacciarlo.

Mandai giù un po' di saliva con il boccone più amaro che potessi mai avere.

Dovevo smetterla di preoccuparmi per lui, assolutamente smetterla. Aveva tradito la mia fiducia in maniera così netta e profonda da sembrare tagliata con un coltello.

E ancora sanguinava. Non c'entrava il fatto che non fossimo più noi due, che il nostro rapporto fosse mutato, c'erano cose di me che sapeva solo lui, cose che dovevano continuare a rimanere segrete, sepolte, cose con le quali avrei fatto i conti io, solo io. Invece non era andata così, adesso quelle stesse cose le sapevano anche Louis e Liam ed io non amavo sbandierare i fatti miei ai quattro venti.

Quanti segreti avevo tenuto per lui? Quante stranezze erano diventate quotidiane da sopportare, quanti incubi avevo schiacciato stringendomi al suo corpo? Eppure non era bastato a fargli tenere la bocca chiusa.

Pensai che forse Harry non era quello che pensavo fosse, che il buono in lui fosse troppo in profondità per essere trovato o che semplicemente non voleva essere trovato.

Mi rammaricai di aver speso tutto quel tempo a cercare qualcuno che per me non c'era mai stato. Una caccia al tesoro con indicazioni sbagliate o incomprensibili.

E poi c'era Liam, scienziato sessualmente confuso che aveva scelto me come cavia da laboratorio. Sembravo destinato a essere sfruttato, una vita votata agli altri, come se avessi scritto in fronte "gratis", come se tutto quello che avevo vissuto non facesse già abbastanza male da aggiungerci le voglie di un prepotente ragazzino.


Era il mio ultimo turno al bar prima dello stop di due giorni. Non c'era pieno quella sera. Tutti, o quasi tutti, erano tornati a casa, nelle loro città di origine, a passare le vacanze studiando e facendosi coccolare dai genitori. E quando non c'era nessuno al bar, la mia mente vagava e se vagava avrebbe portato inevitabilmente a quel bacio contro l'armadio, alla violenza con la quale mi ero trasformato in Ben, stringendo e assaporando lui, eccitandomi avendolo di fronte, dopo aver pianto, dopo aver ammesso al mondo di sentirmi la peggior puttana di strada. Non potevo perdonargli di avermelo fatto ricordare, di avermi rinfacciato di essermi scopato chiunque. Già, perché lui voleva solo essere scopato, da me o da Ben o da chiunque altro, non importava. Era bastata un pillola a farlo cedere.

Ma quei suoi occhi marroni a chiedermi un bacio che non gli avevo dato, mi avevano confuso. Quella sua fragilità nel mio letto, quel suo chiedere aiuto davanti a Louis, quando non sapeva cosa rispondere e l'abbandonarsi totalmente a me e alla mia bocca, anche quando non era stata gentile, erano tutte cose non riuscivo a spiegarmi. Contraddizioni distinte che erano destinate a farmi impazzire finché non avessi smesso di pensarci.

No Sound but the WindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora