22. Broken Strings

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CAPITOLO 22

Broken Strings*


Zayn

La sensazione orribile di guardarsi allo specchio e non riconoscere la propria pelle, di non capire se quell'involucro ti appartenga oppure sia solamente un altro dei trucchi della tua mente assuefatta dalla droga. Perché quella sensazione che qualcosa di sbagliato si fosse insidiato dentro di me non andava via, ci avrei dovuto condividere per sempre, chiedendomi perennemente se la pelle che abitavo fosse davvero la mia oppure il frutto di una trasformazione permanente.

Non capii nemmeno per quale motivo, quel pomeriggio, stessi pensando al passato che credevo di aver superato, perfino dimenticato.

Con quanta stupidità potevo anche solo averlo pensato?

Perché non potevo dimenticare. Mai.


Chiudendo gli occhi pensai a quanto mi ero sentito stordito e alienato dentro a quel bagno, quando Ben aveva preteso di insegnarmi come fare sesso. La droga aveva contribuito a farmi sciogliere i nervi tesi, quasi rilassare. Non ci fu passione, non ci fu amore, né sentimento, né attenzione nei miei riguardi, che quando lui entrò mi fece male, male fisico e male interiore, perché non era così che me lo ero immaginato, non era così che volevo andasse. E non servì nemmeno ricordarmi che lo stava facendo lui, Ben, l'uomo che poteva avere chiunque, quello che mi piaceva, che era così sexy da farmi arrossire solo nel guardarlo. No, non servì, perché il dolore non sarebbe scomparso mai più, la sensazione di essere usato non se ne sarebbe mai andata via, mai staccato il suo odore dalla mia pelle, la consistenza di quell'attimo stampata, tangibile all'interno dei miei occhi, nella parte posteriore delle palpebre, la mia punizione, così che quando le avessi chiuse, sarei stato costretto a guardare.

Sbattuto in quel bagno proprio come una puttana, la sua puttana, non potevo sapere che l'adolescenza mi sarebbe stata privata, che quel momento mi avrebbe segnato, come un marchio di appartenenza che non avrei più potuto cancellare.

Proprietà di Ben.

Una prima volta così indimenticabile da volerla rimuovere ogni secondo della mia vita, provando a cancellarla, aggiungendo sesso ad altro sesso, continuando a ripetermi che forse così sarebbe sparita, che non sarebbe esistita.

Mi aveva rubato l'innocenza, il sesso vissuto come un rito, qualcosa da fare, un dente da togliere. Perché nessuno mi aveva salvato da lui?

Probabilmente non meritavo di essere salvato.

Eppure non fu sempre così. Ben sapeva come trattare i ragazzini, come illuderli, come tenerli stretti a sé, reclamandoli. Le sue attenzioni divennero quasi dolci, tra regali e telefonate, il sesso alle volte meno violento, meno pretenzioso di altre.

Mi insegnò l'arte di sapersi muovere tra le lenzuola, del dare piacere senza riceverlo in cambio, perché lui era così, prendeva quello che voleva, quando lo voleva e come lo voleva, non importavano i miei desideri o le mie paure perché con un ti amo finto era sempre riuscito ad incastrarmi, a tirarmi a lui che era il centro della mia vita, tutto quello che avevo, tutto quello che pensavo avrei mai avuto.

I mesi con lui, diventarono anni. Il tempo mi parve infinito, come un castello di sabbia enorme portato via dal vento, un granello alla volta. Amplificato come un suono lasciato a disperdersi tra le valli, un urlo la notte, al buio, soffocato.

Il giorno studiava medicina, la notte ero suo. Mia madre che urlava, ma non aveva tempo per me, doveva lavorare e occuparsi delle mie sorelle. Mio padre che non c'era mai stato, che ci aveva abbandonati.

No Sound but the WindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora