45. Just Give Me A Reason

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CAPITOLO 45

Just Give Me A Reason*


Harry

Lasciarmi Brighton alle spalle non fu difficile come pensavo potesse essere. Lasciare un luogo non lo era, erano le persone ad essere speciali, erano quelle a creare nostalgia. Durante quei mesi passati nella casa dove avevo trascorso tutta la vita fino all'adolescenza, stavo lasciando ancora una volta molti ricordi, belli o brutti che fossero, che mi avevano reso quello che ero, la persona che stava crescendo cercando di rimediare, di andare avanti, di continuare a vivere.

Lasciavo una madre appena ritrovata.

Anne, la persona che era orgogliosa del figlio che ero diventato, quella che pur di non disturbare contemplava il silenzio con me, quella che mi aveva portato un the caldo in camera quando aveva visto la mia malinconia. Quella che comprendeva l'odio per Des, quella che mi aveva abbracciato dicendo di tornare a vivere nel posto che mi apparteneva, senza guardare al passato, perché ci saremmo rivisti, avremmo continuato a volerci bene questa volta, a pensarci. Perché l'abbraccio di una madre, l'odore della sua pelle al sapone, quel tipo di calore che solo quelle mani potevano dare, non li avevo dimenticati, solo accantonati in un cassetto poco profondo, ad aspettare, immobili, di essere riesumati. Ritrovarla, ritrovare il suo affetto, mi aveva reso completo. Più di ogni altra cosa, più del mio stesso perdono, cercavo il suo. Quale dolore avesse provato non lo avrei mai saputo perché un figlio non mi era concesso e perché una madre, che dava alla luce il suo bambino, poteva solo lei provare determinate sofferenze, dolori. Le volevo bene e separarci mi dispiacque. Le strappai la promessa che mi avrebbe raggiunto a New York, che mi sarebbe venuta a trovare per vedere cosa combinassi, per vedere quella città che era il riflesso di me e di tutti i miei tumulti interiori. Ci contavo, ci speravo. Quel momento sarebbe arrivato, prima o poi, ne ero certo.

Lasciare Gemma fu altrettanto difficile, ma con lei le cose erano sempre state diverse, più immediate e semplici. Mi diede un arrivederci sorridente, dopo esserci detti tutto quello che non avevamo potuto fare, un po' per il suo orgoglio, un po' per la lontananza, un po' per il dolore che mi ero fatto e che lei aveva dovuto subire. Sarebbe stata un ottimo medico e quando ci saremmo rivisti, tutto sarebbe andato per il verso giusto, tutti i tasselli si sarebbero intersecati in maniera ineccepibile, perché eravamo carne della stessa carne e le mie fossette, che erano anche le sue, ne erano la dimostrazione fisica.

Niall venne con me. Ero partito da New York avendo perso un padre, ci stavo tornando avendo trovato un fratello. Se mi avessero detto in anticipo di quest'eventualità, non ci avrei creduto. Lo avevo odiato già prima di conoscerlo, odiato per tutto quello che rappresentava, per essere il nuovo me, per avermi sostituito nel cuore di quelli che amavo e dovevano essere miei e solo miei.
Quello che invece mi aveva dato, quello che invece avevo trovato, era la speranza di una persona che non aveva mollato. Sentirsi soli era molto diverso dall'esserlo. Niall lo era stato, si era sentito abbandonato al mondo, eppure non aveva mai mollato. Non avrei dovuto farlo nemmeno io, e fu quello il suo regalo, fu quello ciò che mi diede, ciò alla quale mi aggrappai. Mi tenni stretto a lui per stare a galla, per assorbirne la bontà e la voglia di vivere e di sorridere, quella che un tempo avevo anche io, ma che il vento si era portato via, trascinando con sé tutto quello che ero, che avevo, che sognavo. Potevo tornare a sognare? Potevano i sogni diventare reali?

Ci avrei provato, davvero, lo dovevo a me stesso, lo dovevo ad ogni persona che teneva a me, che mi aveva voluto bene, che mi aveva visto in quel periodo così buio e oscuro e che era rimasta.

Lo dovevo a Zayn che aveva sacrificato anni della sua vita in un rapporto a senso unico, in un rapporto dove non aveva ricevuto niente in cambio se non un'amicizia malata e troppo opprimente.

No Sound but the WindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora