5 - IERI: Trinity Institute (prima parte)

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Impegno
Dedizione
Perfezione

Queste tre parole sono incise sull'arco di pietra che si affaccia sul parco del Trinity Institute. Le osservo con diffidenza, mentre cerco di abituarmi alle grosse scarpe nere che indosso e alla ridicola gonna verde smeraldo che arriva alle ginocchia. A scuola devo portare una divisa, una stupida, orrenda divisa. A Milano frequentavo il Liceo Artistico, e lì non dovevo mettere nulla di simile. Se i miei ex compagni di classe mi vedessero, mi prenderebbero in giro per un anno intero se non di più.

Ho lo sguardo corrucciato, Kate se ne è accorta, sa che sono una testona se mi fisso. I miei grugniti la dicono lunga su come sia il mio umore in quel momento, Kate mi conosce troppo bene per dirmi qualcosa. Il silenzio è la migliore medicina.
Del resto, non sono una che si spaventa di fronte alle difficoltà, le affronto a muso duro, senza nascondermi. Mia mamma mi ha sempre insegnato ad essere onesta con me stessa e con gli altri. Non posso fingere: quella dannata divisa la odio!
Speravo che durante il trasloco fosse andata persa, visto che non la trovavo più, ma invece ieri mattina Hanna è spuntata con la divisa ben avvolta in un cellofan di plastica. L'aveva portata in lavanderia per darle una bella sistemata.
In quel momento l'ho detestata. Giuro.
Purtroppo però, mi tocca metterla.

Il tiepido sole di settembre mi scalda le gambe, gli alberi del parco della scuola sono pieni di foglie, il vento le accarezza spargendo nell'aria un leggero fruscio. Mi rilasso ad ascoltare quel rumore. Non voglio rovinare il mio primo giorno per un motivo così stupido.
Coraggio Elena, mi dico per farmi forza.

Decine di ragazze sono raggruppate nel parco di fronte la scuola, stanno ridendo, chiacchierano e spettegolano tra di loro. Molte indossano gioielli e borse firmate, altre hanno i capelli così curati da sembrare appena uscite dal parrucchiere.
Io mi sento un brutto anatroccolo a confronto, ma non voglio darlo a vedere. Non mi piace essere mortificata, figuriamoci poi, da quelle quattro ochette rinsecchite.
Kate cammina a testa bassa, credo che l'idea di rivedere certe compagne di scuola non le piaccia per nulla. È poco più bassa di me, quindi riesco ad avvolgere facilmente il mio braccio intorno al suo collo e sbaciucchiarla sulla testa.
Kate ride ed io sono felice.

Trascino la mia amica ad un muretto, vicino ad un grosso albero, poi tolgo dalla cartella un piccolo astuccio di stoffa ed uno specchietto. Spingo verso il basso le spalle Kate e la faccio sedere a forza. Le tolgo gli occhiali e le metto una dose generosa di mascara sulle ciglia e un lucidalabbra trasparente che, sulle sue piccole labbra a cuore, sta benissimo. Intreccio i suoi lunghi capelli castano chiari in una treccia laterale che chiudo con un bel nastro blu. Un colore molto simile alla giacca.
Kate si guarda nello specchietto sorpresa del risultato.
È così carina che neanche se ne accorge: "Sei uno schianto", le dico rimettendole gli occhiali sulla punta del naso.
Io mi ripasso la matita nera sugli occhi e sistemo la molletta che mi blocca i capelli da un lato. Le lentiggini risaltano sul mio viso, proprio come risaltavano su quello di mia madre.
"Pure tu non scherzi", mi dice Kate sorridendo.
"Modestamente... Sono fantastica", le dico scherzando.

Un gruppo di ragazzi urla il motto del Trinity Institute ad alta voce per poi prendersi a manate sulla schiena. Altri cantano in coro l'inno della scuola, trascinando buona parte degli altri studenti e studentesse nel coro.
Ci credono davvero, lo si capisce dal tono con cui cantano.
"Impegno, dedizione e perfezione?", chiedo a Kate con la voce roca, "Che stupidata colossale".
"Non dire così Elena, in questa scuola si sono diplomati molti politici, manager e avvocati importanti. È una scuola di alto livello. Dovresti sentirti fortunata che il preside ti abbia ammessa",  mi dice Kate con la sua vocina sottile.
"Prima di tutto mi ha ammessa perché ho sempre avuto ottimi voti a scuola. Secondo mio padre paga una retta salatissima e terzo, il fatto che sia italiana aggiunge un po' di folclore alla scuola".
"Folclore?", mi chiede la mia amica confusa.
"Certo", dico io con convinzione, "È di moda essere italiani negli U.S.A., non lo sapevi?".
Ci fissiamo per meno di un secondo e poi scoppiamo a ridere, come facciamo sempre tra di noi. Gli occhi ci si riempiono di lacrime di gioia.
"Dai muoviti, che rischiamo di fare tardi il primo giorno di scuola. Non voglio finire in punizione", mi dice Kate mentre cerca di asciugare gli occhi senza rovinare il mascara.

Back For Love 1 {High School} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora