14 IERI: Una penna rossa (prima parte)

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Mercoledì è finalmente arrivato.
Non ne potevo più di vedere, per i corridoi della scuola, studenti in preda a crisi di nervi, pianti e attacchi di panico. L'attesa per i colloqui, per le ammissioni ai Club, erano più snervante di qualsiasi test, interrogazione e compito in classe del Trinity.

Più volte Hanna e Roger mi avevano chiesto che strategia avrei usato per entrare nel Club di Dibattito, come risposta: stavo in silenzio, alzavo le spalle o blateravo cose senza senso. Non ne potevo più.
A differenza dei suoi genitori, Kate non mi aveva chiesto nulla. Sapeva che se mai fossi riuscita ad entrare al Club di Dibattito il rapporto con Jo, già traballante, sarebbe stato definitivamente distrutto. Non voleva farmi stare peggio, anche se non sapeva che peggio di così, non potevo stare.
Jo non voleva avere niente a che fare con me, a prescindere dai Club. Quindi se Jo non mi voleva, perché avrei dovuto volerlo io?
Il mio cuore non voleva far passare in secondo piano quello che provava per il mio amico, per questo, il cervello e la razionalità, erano la mia àncora di salvezza. Dovevo essere distaccata e provare a vedere le cose con lucidità. O almeno ci provavo.

Conoscere Demetra e sentire la sua magnifica voce, per me era stato illuminante. Una donna così bella, talentuosa e di carattere, che portava avanti i suoi sogni, andando contro il volere del marito, era una fonte d'ispirazione.
Cantare per lei è essenziale.
Dipingere per me è essenziale.
Il Club di Dibattito, no.
Non c'era motivo perché io lo frequentassi.
Per questo avevo deciso di fare scena muta al colloquio. Di certo non mi sarei attirata la simpatia dei professori, ma del resto, quel Club non mi interessava per nulla.

"...Quindi dopo che ho cantato e fatto il provino per il Club di Canto, vado in quello di Teatro. Mrs Scarlett è la direttrice. È molto brava. L'anno scorso ha messo in scena McBeth di Shakespeare è un classico. Pensavo quindi di portare...".
Kate parla, ma io non l'ascolto. Continuo a giocare con i miei capelli cercando di dare ordine ai miei pensieri.
"Cucù!", la mano di Kate mi sventola davanti alla faccia, "Sei tra noi, Elena?".
"Sì scusa. Stavo pensando a...", sto prendendo il libro di chimica dal mio armadietto. Incastrato tra le pagine trovo il foglietto che è stato appiccicato al mio armadietto diversi giorni fa. Con l'indice seguo i tratti rossi lasciati dalla penna.
"Club di Dibattito", sospiro a bassa voce.
"Cosa? Che hai detto?", Kate si avvicina per sentire meglio.
"No, nulla. Sono un po' sovrappensiero. Voglio finire la giornata di oggi, non ne posso più di tutto questo stress".
"Tranquilla, vedrai che andrà tutto bene. Guarda la cosa dal lato positivo, facciamo solo due ore di lezione e poi ci saranno i colloqui. Una volta fatti, abbiamo la giornata libera", Kate mi scuote cercando di caricarmi.
"Già. Io però mi becco Tompson. Due ore di chimica. Tu invece hai letteratura inglese... Non è giusto", le dico ridacchiando.
"Ho saputo che tuo padre porterà i tuoi quadri. Li presenti al colloquio per il Club di Teatro?".
"Sì, visto che voglio lavorare alle scenografie. Credo sia la cosa più semplice, serve per far capire ai professori cosa posso fare", le spiego mentre finisco di riempire la cartella dei libri che mi servono quella mattina.
"Andiamo, tra poco suona la campanella", dice Kate mentre mi trascina per le mani.

L'idea di fare due ore di lezione, non mi va proprio.
Mi accomodo alla mia postazione, cercando di non pensare a Jo che è seduto a pochi banchi di distanza dal mio. Mi ignora, stamattina non mi ha neanche salutata.
Prendo il blocco degli appunti, iniziando a scarabocchiare un volto di donna sul foglio.
"Non male, pivella", James lancia il suo zaino sulla sedia di fianco alla mia, "Sei un artista".
Chiudo il blocco di colpo: "Era un disegno senza senso. Fatti gli affari tuoi".
"Sei nervosa? Hai litigato con quello sfigato del tuo fidanzato?", mi chiede mentre inizia a svuotare lo zaino sul tavolo.
"Jo non è il mio ragazzo. Quante volte devo dirtelo!".
"Quindi consideri Jo uno sfigato! Io non ho detto il suo nome, sei tu che hai pensato a lui, quando prima ho detto sfigato", James ridacchia, mentre prende una penna rossa dall'astuccio e inizia a scrivere qualcosa su un foglio.
"Ma... Io... Non intendevo che...", una forte rabbia mi prende lo stomaco. Vorrei strozzare James. Sento la faccia in fiamme. Decido di stare zitta solo perché il professore è entrato in classe e ha iniziato subito a spiegare.

Back For Love 1 {High School} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora