8 - IERI: Alla ricerca di un futuro

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Nelle due settimane successive dall'inizio della scuola, il mio armadietto ha subito diverse incursioni.
Succo di frutta.
Fango.
Milkshake.
Latte.
Coca-Cola
Più una serie di liquidi, dolci e appiccicosi, non ben identificati.
Ho cambiato per ben cinque volte i libri di testo, finché la preside si è stancata ed ha fatto chiudere le fessure sullo sportello del mio armadietto. Non solo il mio armadietto è stato sigillato, ma anche quelle di Kate e di altri studenti. Da allora nessun liquido è stato fatto sgocciolare sulle mie cose o quelle degli altri.
Non ci vuole certo un genio per capire chi abbia organizzato questi attentati liquidi: Rebecca. O meglio, le sue tirapiedi. Quei gesti erano il sintomo evidente di quanto fossero sceme quelle ragazze, si comportavano come bambine.
Piccole bambine capricciose.
Le cose in mensa erano migliorate, ma per il resto, c'erano infinite possibilità di infastidire, molestare, sminuire e offendere uno studente, e Rebecca lo sapeva bene.

"Vuoi dell'altro sformato?", mio padre mi allunga una badilata di sformato di patate. Ha l'aria minacciosa, dice che devo crescere e quindi mangiare.
"Papà ne ho mangiate già due porzioni. Il mio stomaco è pieno!", un burp mi esce all'improvviso dalla bocca. Mio padre mi guarda in cagnesco, come se cercasse di capire se stessi dicendo la verità o meno. Alla fine si convince, grazie al bottone dei jeans slacciato e dalla mia aria assonnata di quando si mangia troppo.
"Come va a scuola?", mi chiede mentre sbuccia una pera.
"Bene", rispondo lapidaria, cercando di digerire il prima possibile.
"Hai già deciso quali Club frequentare? Roger mi ha detto che al Trinity Institute hanno ottimi...".
"Papà ti prego. Basta! Ho solo sedici anni...", alzo gli occhi al cielo annoiata.
"... Quasi diciassette..", mi corregge lui.
"Va bene. Ho quasi diciassette anni, mi mancano ancora due anni di scuola prima di andare all'università. Credo di avere tutto il tempo per capire cosa voglio fare e non sarà uno stupido Club a farmi decidere", rispondo con il suo stesso tono impertinente.
"Certo, però dovresti iniziare a pensarci. Roger mi ha detto che al Trinity Institute è importante decidere che carriera si vuole intraprendere da grandi, loro possono indirizzarti", le parole escono a tratti, tra un boccone di pera e l'altro.
Adesso giuro che scoppio, grido, spacco tutto: "In Italia frequentavo il Liceo Artistico, mi piaceva molto. Allora non eri fissato con l'università e il mio futuro. Che ti prende?".

Mio padre tentenna, sembra voglia dirmi qualcosa, ma non trova le parole. Detesto vederlo in quello stato. Capisco dal suo sguardo basso che ha paura, paura di non essere un bravo padre o almeno, così pensa lui.
A volte è difficile aprirmi con lui, è così cocciuto che spesso mi da sui nervi. So che desidera il meglio per me, ma deve smetterla di assillarmi. Mamma mi diceva sempre di seguire il mio cuore, il mio istinto, al momento giusto saprò cosa scegliere.
Lo stesso vale per i Club a scuola.
Deve capirlo anche lui, non si può programmare la vita di nessuno.

"Papà", dico con un filo di voce accarezzandogli la mano, "Andrà tutto bene, stai tranquillo".
A volte mi sembra di essere io l'adulta e lui l'adolescente.
"Sei come tua madre. Stessa tempra, non esiste niente che possa abbattervi", mi dice con la voce tremante e gli occhi lucidi, "Scusa. Dovrei avere più forza, invece... Vuoi della frutta tesoro?", mi dice cambiando discorso come fa sempre quando si parla di mamma.
"Sì, papà. La mangio in camera, se non ti dispiace", prendo una mela, triste del fatto che, come sempre, i nostri discorsi finiscano in lacrime.
"No, tranquilla. Vai pure, oggi sparecchio io", mi dice iniziando a raccogliere i piatti in tavola.

Senza farmelo ripetere, attraverso il corridoio fino alla mia tana, che dal trasloco ha preso una forma più definita. Niente più scatoloni, niente più sacchetti, tutto è in ordine. Un bel letto comodo occupa buona parte della stanza, vicino ho messo una scrivania con il computer e una libreria stracolma dei miei libri preferiti. I miei tesori.
In un angolo ho il cavalletto con la tela che dovrei cominciare a dipingere, solo che mi manca l'ispirazione.

Appoggio la mela sul comodino, poi prendo Tramonti sul cuore, il terzo libro della mia saga preferita che avrò letto minimo sei volte. Forse sette.
Sono arrivata al decimo capitolo, quando John il pirata è prigioniero sul galeone mentre cerca di liberare la bella Melina, rapita dal Duca Richelieur.
Oh cavolo, quanto mi piace questo libro. Non mi importa di sembrare una sciocca ragazzina, una sognatrice, una immatura, le storie così romantiche ed avventurose mi fanno impazzire. Le adoro.
È difficile trovare qualcuno che le ami come me, Kate li ha definiti una noia mortale.
Ma scherziamo?
Nik, il ragazzo della libreria, deve averlo letto tutto. Almeno credo. Sono già passate più di due settimane. Pensare ad un ragazzo di Yale che legge questi libri, mi fa sorridere.
Chissà cosa sta facendo adesso?
Sullo schermo del computer in stand-by leggo l'ora: sono le 20.30.
Probabilmente Nik sta cenando, oppure sta studiando. Magari è in compagnia di qualche ragazza oppure a bere una birra con gli amici.
Avrei voglia di rivederlo, ma è troppo grande. Mio padre non vuole che abbia un ragazzo della mia età, figuriamoci cosa direbbe se gli presentassi uno studente universitario. Mi crocifiggerebbe.

Smettila di fantasticare Elena!

La luce dello schermo del computer si accende, illuminandomi il volto all'improvviso e facendomi socchiudere gli occhi.
La pagina si apre su Google.
Inizio a scrivere: Nicholas Martin.
Aspetto.
Non ho il coraggio di proseguire.
Prendo un grosso respiro e aggiungo: Yale.
Basta cliccare per scoprire qualcosa in più su Nik.
Un solo click e saprò come trovarlo.

Fermati Elena.
Non lo fare.

Il mio cellulare squilla.
È Jonathan.
Ritorno con i piedi per terra in un decimo di secondo.
Sono salva.

"Ciao Jo, come va?", dico cercando di avere un tono rilassato.
"Tutto bene. Senti ti chiamavo per sapere se è domani il tuo ultimo giorno di lavoro in gelateria, vorrei portare la mia ragazza. Il gelato gratis non si rifiuta mai", mi dice ridendo.
"Certo. C'è anche Kate, potete venire con lei se non conoscete il posto".
"Grazie Elena. Volevo dirti che... Insomma... Sono felice di averti conosciuto. Credevo che al Trinity ci fossero solo studenti snob che pensano solo ai soldi", mi dice un po' imbarazzato, "In tre anni non avevo stretto amicizia con nessuno. Poi sei spuntata tu... E... Io...".

Dentro di me sorrido e sono lusingata del suo imbarazzo. Tra di noi c'è una alchimia speciale, pure Kate se ne è accorta. Durante il pranzo in mensa chiacchieriamo senza sosta, ci facciamo sempre delle grosse risate. Un altro amico perfetto, con cui condividere la mia vita. Niente di più. A volte sento una strana emozione che mi cresce dentro al petto, soprattutto quando Jo parla o racconta qualche storia, mi fisso a guardarlo. Un brivido mi sale per la schiena, le guance mi si tingono di rosso. Kate dice che sembriamo una vecchia coppia di innamorati. Mi piacerebbe crederlo, ma non so se funzionerebbe.
Non sono mai stata innamorata come nei miei libri, non so cosa si prova.
Quello è il vero amore?
Il cuore mi batte forte. Ma sarà abbastanza?
Sono felice con lui. Ma è desiderio?

"Elena. Elena ci sei?", Jonathan ha il tono leggermente allarmato.
"Scusa. Sto digerendo la cena che ha preparato mio padre. Ho i riflessi rallentai", dico io sghignazzando. Jo ride.
"Allora ci vediamo domani a scuola è più tardi in gelateria".
"Ok... Ah, aspetta", lo blocco, "Sei tu che mi hai attaccato un foglietto sul mio armadietto? L'ho trovato oggi pomeriggio, prima di uscire". Rovisto nella mia cartella appoggiata sul letto.
"Foglietto? No, non sono stato io. Che dice?", mi chiede.
"A dire il vero è una lista dei Club del Trinity Institute, sono quelli per il terzo anno", gli spiego mentre osservo con attenzione il foglio mezzo stropicciato.
"Che cosa strana. C'è ne sono a centinaia di fogli del genere in segreteria... Adesso vado che mia madre mi chiama. Ciao", Jo attacca.
"Ciao", dico a mezz'aria sapendo benissimo che il mio amico non mi sentirà.

Il foglio che reggo è una copia come tante altre, ci sono decine di Club che posso seguire: c'è quello del Teatro, quello di Scienze, quello degli Scacchi, quello di Musica, quello di Economia, e molti altri.
Ho un'ampia scelta.
Uno però è cerchiato in rosso più volte.
Un paio di frecce segnano un solo club.
Quello di Dibattito.

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Spazio autrice:

Chi ha lasciato il biglietto segnato di rosso?
Perché le hanno indicato proprio quel Club?

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Back For Love 1 {High School} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora