50 IERI: Cuori infranti

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Ci sono suoni e odori che associo a momenti e luoghi precisi; come il cinema e l'odore dei popcorn, la pioggia e il ticchettio sui vetri, il letto appena rifatto e il profumo di pulito.
Anche per quando è morta mia madre ho un suono e un odore ben fissato nel cervello: il bip della macchina a cui era attaccata e il profumo di disinfettante che c'era per tutto l'ospedale.
Credevo che non li avrei più sentiti, credevo che sarebbe passato molto tempo prima che quella nausea, che mi aveva colpito allora, si ripresentasse. Eppure eccomi qui, adesso, seduta su una sedia d'ospedale a rivivere tutto per una seconda volta. Ciò che credevo di aver superato in questi anni, mi ha investita talmente forte da fare più male di quanto pensassi.

La morte ha ribussato alla mia porta strappandomi un altro pezzo di cuore.

James ha le labbra bianche, gli occhi scavati. Non ha versato una lacrima, credo sia sotto choc. Guarda fuori dalla finestra come se aspettasse che sua madre compaia da un momento all'altro per dirgli che è tutto uno scherzo, uno stupido scherzo.

Demetra è morta. Sola.
Non abbiamo fatto in tempo a raggiungerla.
James non è riuscito a salutarla.

I dottori entrano ed escono dalla stanza, dicono poche parole, le solite frasi di circostanza. Le infermiere ci offrono qualcosa da bere, ma ne io ne James abbiamo fame.
George ha un grande plico di fogli in mano che continua a sfogliare. È arrivato subito in ospedale, aveva una grossa cartelletta con scritto Demetra.
"Demetra ha lasciato a te la delega di firmare le carte post-mortem, ma sei minorenne e neanche una parente. Quindi...", George mi allunga un foglio.
"Certo, nessun problema", appongo un paio di firme, in questo modo se la vedrà lui con tutta la burocrazia. Io non saprei neanche da che parte iniziare.

Il silenzio nella stanza è surreale. Il ticchettio della mia penna sulla carta rimbomba come se qualcuno stesse urlando, la carta che passa tra le mie dita scricchiola come se stessi spezzando rami, lo sbattere delle mie ciglia umide ricorda il frangersi di una cascata sulle rocce.

"Grazie", aggiunge George rimettendo in ordine i fogli.
Alzo le spalle. Non deve ringraziare di nulla, non avrei potuto fare altrimenti.
"Tra poco verrà il Primario, devo consegnare un paio di vecchi elettrocardiogrammi della mamma e poi possiamo tornare a casa", George sta parlando a James che non fa nessun cenno, "James? Hai capito figliolo?".
"Che cosa è successo. Perché siamo qui?", chiede James.
"Come perché? Tua madre è... è...".
"Morta. Questo l'ho capito. Mi chiedo perché sono l'unico in questa stanza ad esserne così sorpreso", James si è girato a fissare il padre, non l'ho mai visto così arrabbiato.
George è imperscrutabile, con la schiena dritta e i documenti in mano osserva il figlio senza un minimo di emozione: "Devi cercare di mantenere il controllo. Non è questo il luogo e il momento per fare sceneggiate del genere".
"Cosa? Sceneggiate? Cazzo, è morta mia madre, tua moglie! Possibile che anche in questo caso non te ne freghi nulla? Te ne stai lì a fare l'avvocato composto e controllato, quando la nostra famiglia è distrutta, fottuta per sempre", James ha gli occhi contornati di rosso da tanto sta urlando.
George stringe le mascelle: "Credi che non mi importi nulla? Credi che non stia soffrendo? Il fatto che non stia urlando significa che non stia male?".
"Non so. Non so cosa pensare. Non dici mai nulla tu. Non ti è andato mai niente bene di quello che facevamo io o la mamma, hai sempre quell'aria arrabbiata. Te ne stai sempre a lavorare, sei sempre impegnato con i tuoi preziosissimi clienti. Salvi vite, patrimoni, aziende... A noi non ci hai mai amato come a loro", James sta buttando fuori diciassette anni di frustrazione, sta vomitando parole di rabbia.

Schiaffo.
A mano tesa George colpisce in volto James.
Con le mani sulla bocca osservo la scena, ho paura di quello che potrebbe succedere.

Back For Love 1 {High School} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora