Mi sveglio all'improvviso spaventata dalla sveglia. Provo un certo sollievo nel capire che sia già arrivato venerdì.
Mi vesto senza troppa cura e mi dirigo verso casa del professor Murphy, o Robert come preferisce lui.
«Sono contento di vederti» a queste parole lo fulmino con lo sguardo e mi limito ad entrare «Fai come se fossi a casa tua» ghigna beffardo.
«Violet, voglio che sia tu a suonare tu oggi» mormora picchiettando sul pianoforte con due dita. Deglutisco e mi siedo sullo sgabello.
«Cosa dovrei fare esattamente?» chiedo perplessa. «Fammi posto» ordina Murphy facendomi spostare lasciando libero lo spazio per sedersi.
«Hai mai affrontato le sinfonie di Beethoven?» domanda porgendomi degli spartiti. Io faccio no con la testa ed afferro i fogli.
«Voglio che tu li analizzi, come vi ho insegnato nelle mie lezioni» mi osserva con il suo solito guardo lascivo che mi pietrifica..
Inizio il lavoro con il terrore di sbagliare, cerco di ricordare ogni cosa lui possa averci detto. Scrivo l'ultimo accordo quasi un'ora dopo. Sono consapevole che lui sia rimasto tutto il tempo ad osservarmi prendendo sorsi da una tazza molto grande, ma cerco di ignorarlo.
Esamina il mio lavoro per qualche istante prima di alzare gli occhi con un sorriso «Sono colpito, è notevole come curi i dettagli» aggiunge.
Si siede al mio fianco e mi scosta i capelli, io sono irrigidita e decisamente a disagio. Robert è un bell'uomo non c'è dubbio, sono anche sicura che molte mie pari corso siano finite nel suo letto, ma io di certo non voglio essere una di quelle.
«Sì» mi esamina con uno sguardo ancora più viscido «Notevole» sussurra pietrificandomi.
«Non sono qui per ricevere complimenti, voglio solo imparare» mormoro allontanandomi. «Certo, è quello che sto facendo» fissa insistentemente ogni centimetro del mio corpo «E tu me lo stai rendendo molto piacevole» mi mette a disagio.
"Ecco, questa è una di quelle volte in cui bisogna scappare e non voltarsi" urla la vocina che sta dentro di me, ma cerco di mantenere il controllo.
Quando però cerca di baciarmi con una mossa a dir poco scontata è veramente troppo, mi alzo di scatto e lo fulmino di nuovo con lo sguardo.
«Lei mi fa schifo» esclamo mandando al diavolo le buone maniere. Corro fuori sbattendo la porta alle mie spalle. Quella sensazione di disagio ancora non mi abbandona e cerco di dirottare il mio pensiero altrove.
Vedo qualcuno di familiare seduto sulla ringhiera di pietra di O'Connell Bridge. «Cosa ci fai lì?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Mi butto» mormora lui senza la minima esitazione.
«Non dire stupidaggini, questo non è quello che farebbe il Keeran che conosco» replico stringendomi nelle spalle. Mi stupisco di come questa conversazione possa avvenire, come una persona possa rimanere seduta là senza che nessuno si allarmi, nonostante tutte le persone che passano.
«Di quale parli? Quello di cui ti sei innamorata o quello che hai lasciato?» le sue domande sono sempre azzeccate.
«Penso che facciano parte tutti dello stesso Keeran» ribatto «Mi dispiace» aggiungo triste.
«Ti ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta?» domanda ignorando ciò che ho detto. Mi osserva con la coda dell'occhio ed io annuisco «Ricordi cosa hai provato?».
«Come se fosse ieri» mormoro amareggiata, so cosa vuole dire, ho capito, ma non vedo come questo possa cambiare le cose.
«Allora sai cosa ho provato per tutto questo tempo, ogni giorno, ogni giorno che ho passato svegliandomi con te» si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Noto con sorpresa che non abbia il suo solito cappello.

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Violet burns.
Roman d'amourMi piace la pioggia. Qui piove sempre e io sono sempre allegra. Guardo la figura riflessa nello specchio, è sorridente in quel vestito vintage a fiori. Pensare che questa ragazza sono io, non l'avrei mai detto. "Violet Madison in una versione t...