Spring day 14

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«Mamma» mormoro cercando il suo sguardo.

«Dimmi Lily» risponde con garbo lei, come sempre.

«Come hai conosciuto papà?».

«Oh Lily, nel più romantico dei modi» comincia con una punta di entusiasmo nella voce «Devi sapere che tuo padre era uno dei ragazzi più sognati della scuola quando andavamo al liceo. Io ero solo una piccola emarginata che lo guardava da lontano» mi accarezza una guancia.

«Hai preso da lui, sei bellissima» si interrompe per qualche secondo.

La guardo con curiosità, voglio sapere il resto della storia.

«Non ero certo la ragazza per lui, ma dal momento in cui ci siamo incontrati tutto è cambiato. Iome lo sentivo che eravamo fatti l'uno per l'altra, non mi importava quello che pensavano tutti gli altri» vedo una lacrima rigarle la guancia.

«Ancora lo ricordo vestito elegante per il ballo del liceo... e poi al nostro matrimonio... e quando sei nata tu. A suo agio in quell'abito elegante, sempre lo stesso sai?» dice con un amaro sorriso.

«Lo detestavo all'inizio, mi rifiutavo di pensare di provare qualcosa per lui, ma sai come vanno queste cose, non è stato importante cosa volessi. Era detestabile, ma non volevo altro se non la sua arroganza e adesso...» la voce le si ferma in gola nel fermare un singhiozzo.

«Io ero arrogante? Tu mi buttasti i fiori in faccia al primo appuntamento» esordisce mio padre entrando nella stanza, stava chiaramente origliando.

«Solo perchè non volevo che pensassi che mi stavo innamorando di te» risponde mia madre torturandosi le mani come una ragazzina.

Mio padre si siede con cautela sulla poltrona, è molto magro e visibilmente stanco.

«Da quanto va avanti?» chiedo rompendo gli indugi.

«Sei mesi» replica schietto lui, è chiaramente più forte di mia madre, lo è sempre stato. Anche quando è morta la nonna, mia madre ha pianto per giorni, ma mio padre no, nonostante fosse la sua stessa madre. Lui, che portava il dolore più grande, sentiva il compito di dare un sorriso a tutti.

«Perchè non ci avete detto niente?» domando incrociando le braccia.

«Non sapevamo come, con il senno di poi è stata un'idea stupida» mormora lui stringendosi nelle spalle.

«Molto stupida, sono successe tante cose da allora... noi eravamo da soli» li rimprovero, ma mi pento immediatamente. Non riesco ad essere arrabbiata con loro, non con il segreto con cui convivevano.

«E lo sarete presto di questo passo» sussurra mio padre con rammarico.

«Erik!» lo ammonisce mia madre, come se avesse detto una parolaccia. «Penso l'abbia capito da sola, Jenny».

Sembra quasi strano sentire come si canzonano tra loro, con i loro nomi. Tra loro sono Erik e Jennifer, marito e moglie, mamma e papà.

Mi salgono le lacrime agli occhi... "O solo mamma fra qualche tempo".

«Quanto tempo abbiamo?» chiedo a mio padre avvicinandomi a lui e stringendo le sue mani, fredde e magre.

«Alcune settimane, Lily, ma non piangere» mi rassicura «Non c'è nulla di cui piangere. Da questa esperienza ho capito una cosa importante. Non ho nulla da rimpiangere e, cosa più importante di tutte, tu e Joshua potrete prendervi cura della mamma» mi sorride affettuosamente ed io ricambio il sorriso nonostante la voglia di piangere mi attanagli.

«Perchè sai, detto fra noi, lei non sa cucinare» scoppia a ridere contagiandoci tutte e due. Nonostante tutto mio padre ha ancora il suo umorismo, il cancro non può portarglielo via, non potrà mai.

Mia madre si alza e corre in cucina, evidentemente non riesce a trattenersi dal piangere,il che anche per me è un'impresa.

«Voglio solo una cosa da te, al mio funerale fai un discorso che faccia sorridere tutti, fai vedere che il mio senso dell'umorismo è vivo in te. Ah, e niente pianti» mi accarezza il viso e mi fa promettere solennemente di seguire le sue indicazioni.

«E ora vai» mi congeda con un sorriso. Do per scontato che lo diranno anche a Josh, non potrei mai avere questa responsabilità, sarebbe un dolore troppo grande.

Mi infilo in uno dei miei vestiti a fiori, lego i capelli e metto la giacca. Mi guardo allo specchio per qualche secondo e mi pare un abbigliamento accettabile.

Qualcosa mi dice che dovrei rimanere a casa con mio padre, provo senso di colpa nell'uscire di casa.

«Papà, posso restare se voi, posso rimandare» mormoro contando sulla sua sincerità.

«Ti ho avuta tutta per me per ben vent'anni, ora è arrivato il momento di qualcun'altro. L'unico mio rimpianto è che non potrò intimorirlo con i soliti discorsi da padre» scoppio a ridere a questa affermazione.

«Oh sì che lo farai, vivrai abbastanza per dire tutto quello che vorrai, è il tuo dovere di padre» ridacchio per alleggerire la tensione generale. Tensione che sembra non toccare il diretto interessato che, tutto sommato, mantiene alto il morale di tutta la squadra Madison.

«Va bene, a dopo papà» lo bacio su una guancia, faccio lo stesso con mia madre ed esco.

Cammino a passo svelto e spedito. "So cosa fare" mi ripeto "Almeno lo spero".

Busso alla porta, ma nessuno risponde.

Guardo attraverso il vetro della finestra, ma nessuno è dentro casa.

Finalmente noto una figura snella con i capelli lunghi e biondi in riva al lago.

«Signor Christian Dean» esclamo per far si che si giri «Io ti amo, non penso ci sia altro che io sappia con tanta sicurezza».

«Signorina Violet Madison» mormora lui in tutta risposta «Cosa vuole dire?» mi guarda con occhi di speranza ed io prendo coraggio.

«Sono qui e sto aprendo a te il mio cuore, forse non lo vuoi, ma io te lo regalo perchè ho lasciato tutto il mio passato alle spalle per vivere un presente con te, se tu lo vuoi» non ho quasi più fiato e se non mi ferma mi ritroverò anche senza argomenti «Non mi interessa se hai dipinto tutto di verde, non mi interessa se nessuno nota il ragazzo della biblioteca, perchè io ho notato te, non il ragazzo della biblioteca, ma il vero Christian Dean ed io...».

«Vuoi chiudere la bocca?» ribatte prima che io possa dire altro, uno dei suoi primi atti impulsivi, una presa di coraggio notevole per lui. E adesso che fa? Mi rifiuta platealmente? Mi ama anche lui?

"Smettila ed ascoltalo!" mi rimprovera la mia vocina interiore.

«Se continui a parlare così non posso invitarti ad entrare» mormora con un sorriso amorevole.

Afferra la mia mano e mi porta dentro casa, fino al piano superiore. Il sole è alto e la luce illumina bene le lenzuola candidamente bianche.

«Mi sento un tale vigliacco» sussurra sedendosi sul letto.

«Perchè?» chiedo facendo la stessa cosa.

«Per non averti fermato l'altro giorno. Per non averti riportato qui. Per non averti detto prima che ti amo e» smette di parlare e soffoca un leggera risata.

Non sto più in me nella gioia, ma chiedo in ogni caso il perchè della sua risata.

«E che se ci sei tu non voglio più lasciare questa stanza» conclude e per me è sufficiente.

Gli salto al collo e lo abbraccio, lo bacio con passione come avevo sognato di fare negli ultimi mesi.

Quando dicono che l'amore è fatto solamente di gioia, le persone si sbagliano di grosso. Amore è soffrire, arrabbiarsi e piangere. Amore è incomprensione e parole non dette.

Amore però è anche vita, sorriso e la felicità che ti porta un arcobaleno dopo il temporale. Perchè alla fine se ami davvero non importa quanto lunga sia la tempesta, dopo uscirà sempre il sole ed illuminerà i più bei momenti che una persona possa desiderare nella vita.

L'amore è proprio questo, dormire senza fare l'amore perchè quel sentimento è nell'aria, nelle carezze, nei cuori che battono vicini.


Violet burns.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora