capitolo 14

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Camminiamo a passo svelto.
Gli alberi sopra di noi sibilano una melodia sconosciuta. Una coperta di foglie arancioni e rosse ricopre il terreno. Il freddo si fa più insopportabile ogni minuto che passa. Nessuno di noi parla.
Malia è circa un metro più avanti rispetto a me. Tiene lo zaino in spalla, con solo una bretella. Il fucile da caccia in mano. Zoppica ancora un pò e ogni tanto si lascia sfuggire un lamento. La faccia non è più coperta dal sangue, ma le ferite rimangono.
Gli uccelli l'hanno letteralmente massacrata. Le hanno strappato la carne a furia di beccate e ha graffi ovunque. E non solo fisicamente. Sembra che questa cosa le abbia lasciato anche qualche danno psicologico. Come se quel maledetto stormo fosse riuscito ad entrare nel suo cervello e che stesse ancora gracchiando e svolazzando nella sua testa. Si comporta come se non fosse mai scappata. Come se fosse ancora li. Immobile.
Mi guardo intorno.
Il Little Chuck è scomparso dalla nostra visuale. Non si vede più e sicuramente ce lo siamo lasciati alle spalle. Stiamo andando verso la città.
Voglio uscire di qui.
Voglio tornare a casa. Ma c'è un problema.
Io amo Malia. E lei ama me. È una cosa palese. Ma cosa succederà quando io dovrò tornare a casa? Verrà anche lei? Ha una storia qui. Ci è nata. Ci è cresciuta. Davvero verrebbe con me?
Se qualcuno piombasse nella mia vita è mi chiedesse, da un giorno all'altro, di andare via dal mio luogo di origine, difficilmente accetterei.
Il bosco è silenzioso. È formato da colline, coperte da alberi. Non è un brutto posto.
"Malia." La chiamo. Non sopporto più questo silenzio.
Non si scompone minimamente. Continua a camminare senza spostare lo sguardo dagli alberi intorno a lei.
"Che c'è?"
"Ma come sapevi dell'incendio?"
Fa una lunga pausa.
"Ho visto tutto. Diciamo così."
"Come hai visto tutto?"
Sbuffa.
"Te lo racconterò quando ne avrò voglia."
Quando ne avrà voglia. C'è qualcosa che non va. È troppo fredda.
"Malia che hai?"
Mi avvicino a lei e le metto una mano sulla spalla. Si gira e me l'abbassa di scatto. Poi ritorna a camminare, ma con un passo più svelto.
È come se ce l'avesse con me. Cosa a cui non voglio credere perché due ore fa ero stato baciato da lei stessa.
Strano.
Continuiamo così per due ore. Camminiamo.
Ad un certo punto qualcosa cambia.
Come se fosse stato aggiunto qualcosa all'odore del paesaggio.
Un aroma forte.
Familiare.
Mi sforzo di capire cos'è, quando poi capisco.
Legno lavorato.
Pochi metri più avanti, in uno spiazzo di erba soffice, sorgono due casotti di legno. Sono di colore scuro, con il tetto dipinto di rosso. Dietro di essi, una foresta di pini.
Cosa ci fanno dei casotti qui? Chi li ha costruiti?
Una cosa è certa.
Siamo sempre più vicini alla città.
Malia continua a camminare. Decisa. Diretta verso quei casotti.
Le sto dietro.
Si dirige verso quello a sinistra e, dalla tasca, tira fuori una piccola chiave grigia. La infila nella piccola serratura e subito dopo si sente uno scatto. La porta si apre all'improvviso.
Malia si precipita all'interno, come se avesse molta fretta. Sicuramente deve conoscere già questo posto. Forse ci è già stata. Sicuramente.
Entro anche io.
È una casa a tutti gli effetti. Arredata benissimo. Vecchio stile. È fornita di un salotto e una cucina. Su una parete del salotto è appeso un fucile identico a quello portato da Malia. Calcio in legno. Canna scura e lucida.
Malia si è già tolta lo zaino e lo getta a terra. Poi prende una sedia e si siede al tavolo. Senza nemmeno rivolgermi la parola.
"Malia cos'è questo posto."
Non mi segna di uno sguardo. Ma cosa gli è preso?
"Il rifugio di mio padre. Quando andava a caccia."
Poi prese la sua scatola di fiammiferi e iniziò con il suo solito accendi - spegni.

[...]

La piccola luce sul soffitto illumina la piccola stanza. Fa abbastanza caldo. Il legno trattiene il calore e si sta molto bene.
Sono seduto a terra. Con la schiena poggiata al muro. Questo rifugio ha un bagno, con una doccia. Ho approfittato per darmi un ulteriore rinfrescata e mettermi dei panni puliti. Il padre di Malia era organizzato molto bene. Di sicuro, durante la stagione di caccia, non era mai a casa. Credo che questa fosse un pò la sua seconda casa.
Indosso una maglietta bianca, non zuppa di sangue almeno, e un paio di jeans blu. Anche Malia si è lavata di nuovo. E ancora seduta sulla sua sedia. Appoggia i piedi sul tavolo. Indossa una camicia a quadri, rossa. Mi ricorda molto quella che indossava suo padre il primo giorno che lo vidi.
Ora mi sto rendendo conto, che forse Malia è messa peggio di me.
Scappò prima che si creasse l'inferno in quel posto. Decise lei di scappare via di lì. Niente l'aveva indotta a correre e ad allontanarsi. Forse sapeva qualcosa che non doveva sapere, e temeva che gli altri lo scoprissero. Qualcosa mi dice che non aveva un buon rapporto con i suoi. Che non avesse avuto una vita bellissima, come quella che ho avuto io. Qualcosa nei suoi occhi la rendono perennemente triste. Come se un velo nero di malinconia le attanagliasse l'anima. Non so, ma qualcosa mi dice che lei fosse già disposta a scappare, che in qualche modo lei avrebbe voluto andarsene molto tempo prima. Quel suo modo di essere fredda fa parte del suo carattere. Ma credo che non lo sia sempre stata. Credo che lo sia diventata.
È li. Spegne il suo fiammifero e lo riaccende. Lo spegne. Lo riaccende. La fiamma si riflette nei suoi occhi verdi e li fa sembrare più accesi. Come se avessero un incendio che stesse divampando al loro interno.
Sul tavolo ci sono i nostri zaini. Il fucile è allungato sulle gambe di Malia.
Poi, ancora con il suo fiammifero tra le dita, mi fa una domanda che mi risolleva.
"Vuoi cantare?"
"Certo."
Malia volge uno sguardo alla finestra. Dietro il vetro soltanto oscurità.
"La conosci "Arsonist's Lullabye"?"
È la mia canzone preferita.
"Si che la conosco."
"E incominciamo allora"
Si schiarisce la voce. Poi incomincia. Intoniamo la prima strofa. I ricordi riaffiorano. Mi viene da piangere.
E continuiamo. Fino a notte inoltrata.
Quando poi smettiamo, e l'unico suono presente diventa l'ululato del vento.

~.~.~.~.~.~.~.~
Ciao a tutti.
La canzone nel video ad inizio capitolo è "Arsonist's Lullabye" di Hozier, la stessa che Malia e Matthew cantano a fine capitolo. Se volete un'idea più chiara dell'ultima scena vi consiglio di ascoltarla.
Se invece volete sentire la versione originale vi consiglio di cercarla perché è veramente troppo bella. Questa è una cover di Alice Kristiansen.

deep shadow - a.g.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora