Il caos.
Un caos buio e indefinito. Uccelli ovunque. Sono intorno a noi.
A centinaia.
A migliaia.
Ogni momento ne arrivano altri. Sempre di più. Fanno un rumore pazzesco. Un gracchiare assordante che ti entra nel cervello e ti fa andare fuori di testa.
Mi copro la testa con le mani. Cerco di scacciarli in tutti i modi possibili. Agitando le mani, scalciando con i piedi. Sono troppi.
Sono rannicchiato a terra. Piegato su me stesso, in posizione fetale.
Sento Malia che urla. La vedo agitare le mani e scalciare furiosamente con i piedi nel tentativo di liberarsi. Ci sono troppi uccelli su di lei.
Li sento ovunque. Sulla schiena, sulle gambe, sulla testa. I loro artigli e i loro becchi mi lacerano la pelle. Brucia. Perdo sangue in diversi punti.
Mi stanno strappando letteralmente la carne come se volessero strapparmela. I vestiti sono strappati in più punti.
Non resisto. Stringo i denti e ad un certo punto lancio un urlo di dolore. A terra è pieno di piume. Nere come la notte.
Le urla di Malia si mescolano al delirio più completo. Sta strillando in una maniera assurda. È ferita. Lo vedo. Metà del viso è inondato dal sangue. Gli uccelli le tirano i capelli. Le tirano via brandelli di stoffa dai vestiti.
Non posso vederla così.
Incomincio a scalciare con tutta la mia forza. Sferro pugni a vuoto, cercando disperatamente di allontanarli.
Era troppo bello per essere vero. Finalmente eravamo felici. Vicini. Senza alcun problema. E ora stiamo di nuovo combattendo contro la morte. Nel giro di due secondi la situazione è cambiata in un modo assurdo. Mi chiedo quando finirà.
Poi sento uno sparo.
Apro gli occhi di colpo.
Malia si è alzata in piedi ed ha una pistola in mano. Spara colpi nell'aria. A vuoto.
Uno. Due. Tre.
Un quarto.
Tutti di fila. Credo stia cercando di allontanare gli uccelli. Le sue dita sono serrate attorno all'arma. Salde.
Un'altro colpo. Non succede nulla. Gli uccelli non si muovono di un centimetro. Sembra come se i proiettili non avessero effetto su di loro.
Una scarica di grinta mi pervade il corpo. Sono pronto.Corri, ragazzo. Corri.
Con uno scatto sono in piedi. Agito le braccia in aria cercando di allontanare gli uccelli. Nessun risultato. Devo andare. Sto per incominciare a correre quando vedo Malia che mi guarda. Il viso contorto da una smorfia di dolore. Pieno di ferite. Le sue parole sono quasi impercettibili in quel frastuono.
"CORRI. TI STO DIETRO."
Annuisco.
Infila una mano sotto il cappotto e tira fuori una pistola grigia. La lancia verso di me.
Gli uccelli sono ovunque.
Mi getto in avanti e l'afferrò. Pesa.
Non c'è tempo da perdere.
Scatto in avanti. Le gambe velocissime. Pistola nella mano.
Sento il cuore che mi batte in petto come un tamburo. Come se volesse uscire dalla gabbia toracica e correre anche lui. Sono a metà del campo, quando vedo Malia che mi raggiunge. Veloce e agile. Un'espressione impaurita ma allo stesso tempo coraggiosa. La vedo che carica la pistola e spara un colpo in aria.
Gli uccelli sono subito dietro di noi.
Faccio lo stesso. Sparo tre colpi alle mie spalle, cercando di spaventarli.
Niente. Riprovo altre due volte.
Lo stesso.
Accellero. Le gambe mi fanno male ma non mi interessa. Continuo a correre come non ho mai fatto. Se voglio salvarmi è l'unica soluzione.
Da lontano si vedono degli alberi. Molti.
Una foresta. Stiamo per rientrare nel bosco. Forse potremo seminarli li.
Forse.
Faccio segno a Malia di guardare in avanti. I suoi occhi guizzano in direzione del bosco. E in tutta risposta corre ancora più velocemente. Gli sto dietro. Instancabile.
Siamo quasi arrivati. I tronchi si fanno più vicini. Il gracchiare aumenta. Li sento dietro me.
Perché mai degli uccelli dovrebbero fare così? Non è normale. Perché dovrebbero attaccare delle persone?
Siamo vicini.
I tronchi sono sempre più grandi. Alberi alti. Grigi. Non sono pini ma castagni.
Lo stormo è dietro di noi.
Ci siamo.
Malia mi guarda per un nanosecondo. E poi ci inoltriamo nella vegetazione.
I rami proiettano strane ombre sul terreno. A terra, il suolo è coperto di foglie. È una foresta molto più fitta di quanto credessi.
Non vedo più Malia. Corro.
La chiamo a gran voce.
Nessuna risposta. Continuo a correre.
Lo faccio di nuovo. Niente.
In risposta solo il gracchiare degli uccelli. Prendo la pistola e sparo altri due colpi. Non succede nulla. Sono invincibili. Schivo i rami e sfreccio fra gli alberi. Voglio seminarli ma soprattutto voglio seminarli. Una volta per tutte. Ma più che altro voglio ritrovare Malia. Dove sarà andata adesso? Proprio ora che l'avevo ritrovata. Sento la rabbia montarmi dentro.
Basta.
Sto correndo all'impazzata adesso. Le gambe come mulinelli. Stringo i denti e lascio che la rabbia mi guidi. Che mi conduca in qualche posto dove non potranno raggiungermi. Incomincio a prendere varie scorciatoie. Le foglie sul terreno hanno la lasciato il posto all'edera. Sfreccio attraverso il fogliame. Il bosco si sta infittendo. Gli arbusti sono sempre di più e gli alberi sempre più intricati. Un paradiso che si fa sempre più scuro e tetro.
Il caos non sembra diminuire. E non trovo tracce di Malia.
Colpisco qualcosa. Qualcosa di grosso.
Cado in avanti.
Rotolo giù per una discesa. Il mio corpo viene sbattuto sul terreno. Sbatto la testa contro qualcosa. Credo fosse un sasso. Un dolore lancinante mi pervade il corpo. Ogni muscolo del mio corpo è indolenzito. Non capisco più nulla. Poi ad un certo punto smetto di rotolare giù per la discesa.
Ed è come se stessi cadendo.
Nel vuoto.
Apro gli occhi. La volta della foresta è sopra di me. Gli uccelli si stanno piombando sopra il mio corpo.
E poi, come se i miei desideri fossero diventati realtà, li vedo prendere il volo nella direzione opposta. Il frastuono smette di colpo.
E poi colpisco il suolo.
Buio.
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deep shadow - a.g.
Adventure"Matthew Jason Cantrell. 15 anni. Denver, Colorado. Vita perfetta. Soldi. Feste. Una ragazza. Un viaggio. Un tragico incidente. Una fuga. Una nuova conoscenza. Lotta per la sopravvivenza. Perché niente e nessuno è come sembra se si tratta di affr...