Le parole rimangono sospese nel tempo. Come se non fossero mai state dette.
Nessuno ha prestato davvero attenzione a ciò che ha pronunciato l'uomo.
Guardano tutti un'unica cosa.
Me.
Che sono una minaccia. Per loro ero morto da quando le mie tracce erano scomparse.
Un ragazzo morto.
La ragazza incomincia a singhiozzare e a piangere come una fontana. Trema. Ha paura.
Continuo a puntarle la pistola alla tempia, pronto a premere il grilletto se dovesse succedere qualcosa.
Guardo l'uomo dritto negli occhi.
Ha un aria da uomo d'affari ma è un pò avanti con l'età. Avrà all'incirca sessant'anni. Non di più. Capelli argentei che si intonano perfettamente agli occhi piccoli e furbi.
"E lei chi sarebbe?" le parole mi escono dalla bocca in un soffio.
Per un attimo la mia stessa voce mi sembra strana. Non c'è risposta alla mia domanda.
"Ho detto, lei chi è?"
La rabbia incomincia a farsi strada nel mio petto.
L'uomo ride.
"Oh, non serve che tu lo sappia. È soltanto che ci fa molto piacere averti qui adesso. Sai non c'è molta buona compagnia da queste parti come avrai notato."
Con un gesto della mano indica una grande finestra alle sue spalle.
"Gente strana quella del Giaciglio non trovi?"
Continuo a guardarlo e l'odio nei suoi confronti cresce sempre di più.
Sta giocando con me.
Ignoro ciò che ha detto.
"Allora."
Agguanto la ragazza per un braccio, senza spostare la pistola dalla sua testa. Facciamo un passo in avanti.
"La vedete? Questa ragazza ha una pistola puntata contro la testa. Una pistola carica. Se soltanto qualcuno di voi fa un passo falso, uccido voi e lei."
Mi guardo attorno.
Facce terrorizzate.
"Sono stato chiaro?"
L'uomo allunga una mano verso di me. Lentamente. Il sorriso torna ad illuminargli la faccia.
"Avanti Matthew. Metti giù la pistola. Parliamone civilmente. Cosa credi che possiamo fare? Ucciderti? Non credi che sia un pò troppo banale? "
Fa un passo avanti.
Un'altro.
Viene verso di me.
"Avanti figliolo. Parliamone."
In un secondo spingo la ragazza e la getto a terra. Punto la pistola contro l'uomo.
"Non sono tuo figlio." Le parole che escono dalla mia bocca sono simili a veleno.
"Vieni con me, Matthew. Andiamo nel mio ufficio. Così possiamo parlare con calma. Poi potrai avere ciò che vuoi. Promesso."
Sorride.
Continuo a tenere la pistola contro di lui.
Nera.
Mortale.
Il dito sul grilletto.
Voglio premerlo.
Si. Voglio farlo.
Abbasso la pistola.
La tensione della gente si è trasformata in una specie di strano sollievo.
Ci guardiamo.
Annuisce con la testa.
"Bravo ragazzo."
Poi con una mano pesante, mi da una pacca sulla spalla e mi conduce fuori dalla stanza.
Ed è qui che inizia la festa.[...]
La puzza di spirito riempie l'ufficio.
La luce al neon illumina la scrivania al centro della stanza e la tinge di una tristezza unica. Una luce bianca e incredibilmente triste.
Una tazza di caffè fumante è poggiata vicino ad un piccolo libro. L'origine delle specie, di Charles Darwin.
Apparte questa scrivania, la stanza è completamente priva di arredamento.
L'uomo è seduto di fronte a me, su una poltroncina nera. Le braccia adagiate sui braccioli. Ha un'aria calma. Beata. Sembra più giovane.
Il solito ronzio ovattato è l'unico suono che giunge alle mie orecchie.
"Matthew conosci Darwin?"
Prende la tazza di caffè. Beve piano.
"Si."
"Hai mai letto un suo saggio?"
"No."
Tace per un secondo.
"Peccato."
Torna al suo caffè. Beve due sorsi e poi poggia la tazza sulla scrivania.
"È stato l'uomo che più di tutti ha incrinato una concezione della vita che non era mai stata messa in dubbio, lo sapevi?"
Prende in mano il piccolo libro. Ne studia attentamente la copertina e poi lo ripoggia sul tavolo. Con una mano lo sposta verso di me.
Appoggia i gomiti sul tavolo e mi guarda.
"Puoi prenderlo se vuoi."
Ci guardiamo negli occhi. Occhi verdi che, a mio parere, hanno visto troppe cose, contro occhi neri e furbi. Fin troppo furbi.
"A che gioco stai giocando?"
Ride.
"Io? A nessun gioco." continua a guardarmi. "Ma se vuoi possiamo giocare a qualcosa, se ti va?"
Non parlo. Voglio proprio sapere di cosa è capace.
"Non vuoi giocare, quindi."
Si alza dalla sedia. Lo seguo con gli occhi.
"Allora, dimmi. Che sei venuto a fare qui?" Prende un altro sorso di caffè.
"Credo che tu lo sappia."
Il mio zaino, assieme al fucile e alla pistola sono poggiati a terra, vicino alla gamba della scrivania.
"Ho una vaga idea."
Sorride.
"Non troverai più nessuno che ti restituirà il tuo denaro qui." Allarga le braccia.
"Nessuno ti accoglierà. Quindi tanto vale che vai via, prima che succeda qualcosa di spiacevole."
Non capisce. Non capisce che non voglio più i soldi. Sta giocando troppo.
Non parlo.
"Non vuoi rispondere eh? Va bene."
Prende a girovagare per la stanza vuota, con le mani dietro la schiena.
"Credo che a te piaccia metterti nei guai. Ne sono sicuro. Sei troppo curioso. E questo non va bene."
I suoi passi rimbombano nella stanzina.
"Un pò come tutta la gente che ti sta attorno."
Si gira e mi guarda. Poggia una mano sulla sedia.
"Come quella ragazzina. È stato facile condurvi in quel magazzino e farla saltare in aria come un petardo. Mentre quella soldatessa è morta senza bisogno del nostro intervento. Molto meglio."
"Non osare parlare di loro."
Batto un pugno sulla scrivania.
La rabbia minaccia di farmi esplodere il cervello.
"Stai calmo."
Tossisce.
"Wow. Mi hai spaventato sul serio."
Ride.
"Ma la vuoi sapere una cosa?"
I suoi occhi si riducono a due fessure.
"A differenza dei miei stupidi colleghi che hai visto in quell'aula, io ho veramente capito cosa ti passa per la testa.
Avevo capito sin dall'inizio che avresti combattuto. Ed è ciò che hai fatto.
Quando mi hanno detto che eri morto non ho neanche preso sul serio questa affermazione. E infatti eccoti qua."
Sorseggia il caffè.
"Adesso, puoi uscire di qui e prendere un bus per il Colorado, oppure rimanere qui e giocare l'ultima partita. Noi non abbiamo più niente a che fare con te."
Si siede sulla poltroncina.
Con questo silenzio riesco quasi a sentire i suoi pensieri.
Mi calmo.
Furtivamente, con il piede, cerco il fucile.
"Hai ragione." rompo il silenzio con le mie parole.
"Forse è meglio che me ne vada. E anche in fretta."
Mi alzo dalla sedia e prendo le mie cose. Metto lo zaino in spalla e la pistola nella tasca del giubotto.
Prendo il fucile.
"Sapevo che eri un ragazzo intelligente."
Lo guardo.
Sorrido.
"Oh, grazie."
E con un rapido movimento del braccio, colpisco la tempia dell'uomo con il calcio del fucile.
Mentre il sangue colora di rosso la bianca superficie delle pareti.[...]
Devo essere velocissimo.
Afferro il libro e lo infilo nella tasca del giubotto.
Apro la porta con un calcio e subito sono fuori in corridoio.
Alcuni rumori rimbombano nell'aria dell'edificio, rendendo tutto più caotico.
Non aspetto un secondo.
Comincio a correre.
Veloce e in preda alla fretta. Nessuno mi fermerà. Il divertimento che aspettavo da tempo è appena cominciato.
Per me, qui dentro, tutti sono colpevoli. Nessuno è innocente.
Sono deciso a tornare a casa e far vedere a tutti di che pasta è fatto Matthew Cantrell.
Tutto a un tratto, scoppia il caos. Una sirena prende a suonare con un rumore orrendo. La gente incomincia ad uscire dalle porte lungo il corridoio. Alcuni corrono. Altri sembrano sorpresi. Altri calmissimi.
Mi preparo.
Sparo.
Il rumore degli spari riempie il corridoio e fa tremare le finestre. La gente incomincia ad urlare e corre, spingendosi tra loro.
Alcuni corpi giacciono senza vita sul pavimento bianco. Il sangue incomincia a spargersi.
Continuo a correre, sgomitando tra la gente e facendola cadere. Delle voci urlano qualcosa di incomprensibile. Qualcosa come "prendetelo" oppure "fate qualcosa".
Arrivo in una specie di sala d'aspetto. Sono al secondo piano.
Scendo le scale in fretta e furia.
Ma non mi sento bene.
Mi gira la testa.
Continuo a correre, mentre le voci si confondono e diventano soltanto suoni indistinti nel caos generale.
Il suono dell'allarme mi sta trapanando i timpani.
Vedo sempre più gente che si affaccia dalle porte e prende a correre, appena mi vede.
Ad un certo punto mi fermo.
Non ce la faccio più.
Vedo tutto sfocato.
Nella confusione, mi pare di vedere una persona sulle scale.
I capelli rossicci. Un aspetto trasandato. Un tic quasi impercettibile all'occhio.
Mi guarda.
Sorride.
In mano ha una pistola. La tiene puntata contro di me.Il rumore di un colpo fa aumentare il caos.
Un dolore lancinate mi invade la spalla destra.
Il mio corpo viene catapultato all'indietro.
Un rumore di vetri rotti. La schiena in fiamme.
Avverto il vuoto sotto di me.
La foresta è silenziosa.
Devo tornare a casa.
E poi colpisco il terreno.
Mentre il mondo scivola lentamente via dalle mie mani.
~.~.~.~.~.~.~.~.~.
Buona sera a tutti.
Con questo penultimo capitolo, Deep Shadow sta per concludersi. La canzone ad inizio capitolo è "Run boy run" (versione nightcore) di Woodkid."Corri ragazzo. Corri"
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deep shadow - a.g.
Adventure"Matthew Jason Cantrell. 15 anni. Denver, Colorado. Vita perfetta. Soldi. Feste. Una ragazza. Un viaggio. Un tragico incidente. Una fuga. Una nuova conoscenza. Lotta per la sopravvivenza. Perché niente e nessuno è come sembra se si tratta di affr...