Sono sveglio da circa due ore.
Per una volta ho dormito bene almeno. Senza stare scomodo, oppure avere il pensiero di non poter superare la notte. Finalmente un pó di meritato riposo. Il mio cervello ne aveva bisogno.
Quando mi sono svegliato è stato quasi un sogno. Una casa calda. Degli abiti puliti. Non ci potevo credere. Questa casa è stata la cosa migliore che ci è capitata fino ad'ora. Da quanto ho capito ci resteremo ancora oggi e domani.
Vorrei rimanerci per sempre. Assieme a lei. Tagliati via da tutto e tutti. Senza nessuno tra i piedi. Sarebbe un sogno. Ma i sogni rimangono sogni.
Stanotte ha nevicato. Un piccolo strato di neve soffice e candida che ricopre il terreno, serpeggiando tra gli alberi. Non è molta e spero che non nevichi ancora perchè diventerebbe molto difficile avanzare. Ma questa atmosfera mi piace.
Sono seduto su una sedia, fuori dal casotto. Oggi il freddo è aumentato. Non so a quanti gradi è la temperatura ma credo che sia a cinque gradi sotto lo zero, più o meno. Non saprei. Un forte odore di resina è nell'aria, a contornare il tutto.
Malia è ancora dentro, che dorme. Non si è svegliata ancora. Se non si sveglia tra poco dovrò svegliarla io. Il giorno è pieno di cose da fare. Credo che oggi andrò a caccia. E magari anche Malia. Sarà di aiuto.
Chissà se è ancora arrabbiata con me.
Non voglio saperlo.
Mi alzo dalla sedia. Mi guardo attorno. Pini altissimi e verdi si innalzano attorno a me. Una nuvoletta di calore esce dalla mia bocca. Vorrei andare un po li giù nel bosco a fare della legna. Non credo serva.
Apro la porta.
Malia è lì che dorme. Con i piedi poggiati sul tavolo e la testa all'indietro, mentre russa come un maiale. Ti pareva.
Mi avvicino. Prendo una sedia del tavolo e mi accomodo. Dopo, all'improvviso, alzo una mano e la risbatto violentemente sulla superficie del tavolo. Malia sobbalza.
Scoppio a ridere. Esilarante. Mi guarda con un aria seccata. Un occhio semichiuso. I capelli arruffati. Fa finta di applaudirmi.
"Grazie, ma credo che io dovrei applaudirti. Sono le nove e mezza e ancora dormi."
"Eh già. Sono le nove e mezza e già rompi."
Un grande sorriso mi inonda il viso.
Si stiracchia e sbadiglia. Poi si alza dalla sedia. E si dirige verso il bagno.
Mi alzo dalla sedia e mi metto a gironzolare per la stanza. Il mio sguardo ricade sul fucile da caccia sulla parete. Identico a quello di Malia. Doveva essere di suo padre. Sicuramente. Sembra che sia stato usato recentemente. Il calcio è di legno scuro e le canne hanno un colore nero, molto lucide. È dotato anche di un mirino. Di sicuro non deve essere costato poco. Facendo scorrere lo sguardo, noto una targa più in basso. Dorata. Ci sono incise delle lettere.
"Malia, questo è per te."
Sembra una scritta senza senso.
Malia mi si avvicina.
"Carabina da caccia VARMINT, calibro 22. Uccide molti più scoiattoli di quell arco che porti."
"E perché sarebbe "per te"?"
Malia la afferra.
"Perché questo fucile mio padre lo ha dedicato a me. Prima che venissi adottata, il mio nome era Miliya. Il giorno dopo che mi portarono a casa dall'orfanotrofio, mio padre acquisto questo gioiellino da un venditore. Questo tizio gli disse che questo fucile veniva dalla Russia, proprio come me. Quindi mio padre decise di soprannominarlo "Miliya012000".
01 per la mia data di nascita, ovvero il primo di febbraio. 2000 per il mio anno di nascita."
Me lo porge. Lo afferro con tutte e due le mani. Pesa parecchio. La guardo, perplesso.
"È mio?"
Accenna ad un sorriso. Poi annuisce.
"Abbiamo da cacciare. Tienilo bene."
Allunga un braccio e afferra il suo, sul tavolo. Mi da un bacio sulla guancia e si precipita fuori dal casotto.
Afferro lo zaino sul tavolo ed esco anche io.
Beh. Perlomeno non è più arrabbiata con me.[...]
Avanzo di soppiatto. Non può vedermi. Non posso permetterlo. Non adesso che l'abbiamo trovata.
Malia è accanto a me. Gli occhi attenti e concentrati su quella grande lince nella neve.
La stiamo seguendo da mezz'ora. Non sembra essersi accorta di noi ancora. Evidentemente non ci ha visti.
È li. Ferma. Sotto un pino. Le zampe nella neve. La pelliccia lunga e grigia. Occhi gialli come la luna in autunno.
Sono pronto a colpire. Il calcio contro la spalla. Sto attento. Basta un movimento falso e la perdiamo.
Guardo Malia. È il momento.
Sparo un colpo.
Mancato. Dannazione!
La lince scappa. Corre velocissima. Ma Malia è più veloce di lei.
Un colpo parte dalle canne del suo fucile. Il suono rimbomba nell'aria.
La lince è accasciata a terra.
È fatta. Ci dirigiamo verso il suo corpo, con i nostri fucili in spalla. Malia si inginocchia accanto al corpo dell'animale. Le accarezza il pelo.
"Sai Matthew, quando si uccide un animale si prova sempre un pó di rimorso."
Le sue parole rimangono sospese nel tempo come una dichiarazione di morte.
"Non tanto perché lo uccidi. È una questione di rispetto."
Poi le afferro le zampe posteriori, mentre Malia afferra quelle anteriori, e la portiamo al casotto.[...]
Abbiamo appena finito di mangiare. Era tutto molto buono. Lo ha cucinato Malia. Non so dove abbia imparato ma cucina divinamente.
Siamo seduti attorno al tavolo. Malia mi ha raccontato delle varie esperienze con suo "padre", di come abbia imparato a cacciare, ad accendere un fuoco oppure ad impugnare un fucile.
A quanto pare Matt non è il suo vero padre. Lui e sua moglie adottarono Malia quando lei aveva cinque anni. I suoi erano morti tempo prima. Ma Malia lo considerava come un vero padre.
Sta accordando il suo violino. Probabilmente anche questa sera canteremo. Mi piacciono questi momenti di felicità tra di noi. Quando non pensi ad altro che abbandonarti alla musica. Io e lei. Soli.
"Che vuoi cantare stasera?"
Ci penso in fondo. Mio nonno mi cantava molte canzoni quando ero piccolo. Molte di quelle sono per il violino. La maggior parte la conosco a memoria.
"Sai suonare "Reuben's Train"?"
Lei mi guarda con un'aria sorpresa.
"Beh la conosco ma non la so suonare. È parecchio difficile. Spartane un'altra."
Ci penso. Un'altra canzone c'è. Non è di una di quelle che mi cantava mio nonno ma è una delle mie preferite. Oggi, mentre eravamo a caccia, mi era ritornata in mente.
" Prova con "Come away to the water". Amo quella canzone."
Lei annuisce. E incomincia.
Intona la prima strofa
Come away little lass, come away to the water.
To the ones that are waiting only for you.
Le parole del testo mi riportano in mente la mia vita. La mia vita che oramai era stata rovinata. Rimangono solo i ricordi.Dopo aver suonato, Malia ripone il violino nella custodia. Apre la cerniera dell'altro zaino e ne estrae una scatolina di fiammiferi. La apre e tira fuori un piccolo fiammifero. Lo accende e, con un soffio lo spegne. Lo accende. Lo spegne.
"Perché questa fissa per i fiammiferi?"
Malia sembra non avermi sentito. Continua a farlo. Accendere. Spegnere.
Poi risponde.
"C'è un mito in Russia, che dice che fino a quando sarai in contatto con il fuoco, le cose brutte e i pensieri negativi non ti potranno raggiungere. Sembrerà strano ma un pó mi rassicura."
La sua voce sembra un po rotta adesso. Come se stesse affrontando un argomento doloroso per lei. Tutto si collega con il fuoco. Il fuoco.
"Adesso ho sonno."
Si alza dalla sedia e scompare dietro la parete del corridoio.~.~.~.~.~.~.~.
Ciao a tutti.
La canzone ad inizio capitolo è "Come away to the water" di Glen Hansard, ovvero la canzone che Matthew e Malia cantano nella penultima scena.
Se volete un idea più chiara di quella scena vi invito a sentirla.

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deep shadow - a.g.
Adventure"Matthew Jason Cantrell. 15 anni. Denver, Colorado. Vita perfetta. Soldi. Feste. Una ragazza. Un viaggio. Un tragico incidente. Una fuga. Una nuova conoscenza. Lotta per la sopravvivenza. Perché niente e nessuno è come sembra se si tratta di affr...