capitolo 20

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Saranno circa un centinaio.
Un centinaio di cani.
Se non di più.
Il paesaggio è freddo e duro. La musica è cessata.
Un onda nera, lercia e confusionaria che invade la strada, illuminata dalle luci artificiali. Risaltano il colore delle loro pelliccie.
Nere. Come la pece.
Dobbiamo scappare.
Faccio un piccolo passo all'indietro. Afferro Ramona per il braccio. Non si muove. Come pietrificata.
Il terrore si fa strada nel mio cervello e sembra volermi divorare.
"RAMONA SBRIGATI!" Sembra non ascoltarmi minimamente. Dannazione.
Si avvicinano sempre di più. Con le lingue che penzolano e i musi che mostrano ringhi terrificanti. Denti affilati.
Sono velocissimi. Saltano. Abbaiano. Ululano. Il loro fiato si condensa nell'aria fredda della sera.
Il ticchettio di un centinaio di unghie risuona per tutta la stradina. Come una tortura nelle mie orecchie.
Alcuni hanno il muso intriso di sangue. E non ci tengo a sapere di chi sia.
Cosa ci fanno qua? Perché? Li hanno mandati loro?
Corri, ragazzo. Corri.
Sto sudando. Si avventeranno su di noi se non ce ne andiamo.
E a quel punto correre servirà a poco.
La ragazza è ancora a terra. Mi guarda. Uno sguardo folle, ma in un certo senso disperato. I nostri occhi si incontrano. Quel tizio l'ha definitivamente abbandonata. Devo aiutarla.
Voglio aiutarla.
Mi sto per dirigere verso di lei.
Poi il gruppo di cani infernali si getta sul suo corpo inerme.
Le urla strazianti riempiono l'aria gelida e buia.
Rumori di ossa spezzate. Carne strappata. Guaiti. Latrati. Ringhi.
Caos.
Una pozza di sangue scuro si espande sull'asfalto.
Se ne è andata in questo modo atroce.
E solo allora, Ramona si smuove.
Come se si fosse improvvisamente svegliata da un incubo. Senza che io le dica nulla, incomincia a correre con tutta la sua velocità. Le mie gambe partono da sole. L'adrenalina prende possesso del mio corpo ed è tutto un movimento spontaneo.
Non voglio fermarmi. Non devo farlo. Stavolta non sono umani.
Non hanno pietà.
Corro. Ho paura. Di nuovo.
Ho paura di non farcela. Di morire qui. Lontano da casa. Quella paura angosciante che mi attanagliava nei giorni dopo l'incidente.
Non si ha mai paura di una singola cosa. Si ha paura di ciò che associamo a quella cosa. Le sensazioni, i ricordi. E queste cose sommate sono molto più grandi dell'oggetto stesso di cui abbiamo paura.
Li sento già su di me, mentre mi uccidono lentamente. La stessa sorte di quella ragazza. Sparita in un secondo.
Di lei non rimarrano nemmeno le ossa.
Sono di una velocità unica. Agili e ossuti. Alcuni mancano di un occhio, oppure un orecchio. I latrati non cessano. Ci sono alle calcagna.
La strada è buia. Non c'è nessuna luce in questo vicolo. La notte è scesa e regna tra gli edifici. Abbai, tonfi, schiamazzi e rumori metallici fanno da sottofondo al mio respiro affannato. I giganteschi condotti dell'aria mi sparano aria calda direttamente negli occhi.
L'inferno deve essere simile, probabilmente.
Metto il piede in una pozzanghera. L'acqua schizza sui jeans e sul giubotto.
Corri ragazzo, corri.
Devo veramente correre via da qui. Devo scappare.
Sorpassiamo un grande palazzo. Dalle finestre fuoriesce della luce gialla. Piccole facce di bambini appaiono da dietro il vetro, con un espressione terrorizzata. Loro sono al sicuro. Lo spero.
So che sembra stupido, ma non voglio che qualcun altro si faccia male. Che altra gen...
Ah, zitto!
Corri!
Sbuchiamo su un incrocio. Un incrocio tra tre strade, all'apparenza parecchio grandi, illuminate da grossi lampioni neri.
E adesso?
C'è della gente. Tra cui due bambini. Ci vedono arrivare e i loro occhi vengono invasi dal terrore più puro. Hanno visto alle nostre spalle, e sicuramente sanno più di noi.
Ramona è davanti a me. Sta gestendo la situazione. Con il suo solito atteggiamento organizzato e freddo. Continua a correre e mi fa un cenno. Dobbiamo proseguire sulla prima strada, ovvero quella a sinistra.
La gente incomincia a correre. Corpi che urlano e scalciano in  preda alla paura e si uniscono a noi. I bambini piangono. Li capisco bene.
Svoltiamo.
Una colonna al centro della strada ci illumina con dei faretti. Luce bianca che si espande sul terreno.
Corriamo in gruppo. Veloci e compatti. Sento degli spari. Spari di pistola.
Un uomo dietro di me sta sparando verso il branco. Regge una pistola bianca, mentre corre. Spara alla cieca su quel mucchio di cani famelici. Alcuni guaiscono e crollano a terra. Morti.
Ma il branco avanza.
Sta sparando un altro colpo quando un cane gli balza sulla schiena e lo morde al collo. Poi un'altro cane fa lo stesso.
Cade e viene risucchiato da quell'onda nera.
Le urla riempiono l'aria.
Ramona grida qualcosa. Non la capisco in tutto quel frastuono.
Vedo una donna, con i bambini in braccio. Uno piange, l'altro è terrorizzato.
Troppo dolore alla loro età. Sembrano molto piccoli.
Ramona gira a destra. Veloce.
Mi taglia la strada e quasi non le vado addosso. La vedo dirigersi verso uno strano edificio, con finestre abbastanza basse. Forse un metro. Un metro e mezzo.
La seguo, facendo segno agli altri di seguirla. Esattamente una donna, due bambini e un altro uomo.
Ramona corre verso delle scale esterne e le sale velocemente. La balaustra di ferro è rotta in più punti. I gradini sono grigi e sporchi. Arriva in cima alla scalinata e apre una porta.
Un grande cartello verde sulla porta recita "CAMERA DI CONTROLLO COMANDI".
Afferra la maniglia e apre la porta con una spallata. Si spalanca.
I cani stanno incominciando a salire sulle scale. Veloci e assatanati. Le bocche che mostrano i denti.
Entriamo.
All'interno, il ripostiglio è molto spazioso. Alcuni pannelli con dei comandi sono attaccati ad una parete. Interruttori grigi e gialli. Sicuramente serviranno ad azionare qualche generatore.
Siamo tutti dentro.
La mamma consola i bambini. Io e Ramona tiriamo un sospiro di sollievo e battiamo il cinque.
Ce l'abbiamo fatta.
Di nuovo.
Ma l'uomo si dirige verso un pannello. Lo vedo studiare gli interruttori per un attimo e poi ne spinge uno.
Con un cigolio infernale, una grande finestra di vetro si solleva, lasciando una pericolosa apertura nel muro. I rumori infernali del branco riempiono l'aria. Sono sotto la finestra.
Cosa vuole fare?
Poi afferra uno dei bambini per i fianchi, bruscamente.
Sto per fermarlo e mi in cammino verso di lui.
Quando, in un secondo, getta il bambino giù.
Tra i cani.
Le urla riecheggiano nella stanza, tra i volti inorriditi degli altri. Non riesco a pensare che lo abbia fatto.
Si getta sulla donna e le da un pugno. Sviene. Il bambino rimasto scoppia a piangere e ad urlare.
Rimango pietrificato.
L'uomo da un calcio alla donna e anche lei cade giù. Tra urla e pianti.
L'altro bambino. Devo proteggerlo.
Corro in sua difesa. Gli faccio da scudo umano. Ho il fucile spianato.
Non ho paura a sparare.
La rabbia mi monta dentro.
Ma Ramona agisce prima di me. Si scaglia con furia contro il petto dell'uomo, colpendo con il calcio della sua arma. Ripetutamente.
L'uomo è più veloce.
Con uno scatto la spinge via e cade sul pavimento della stanza. Ha un taglio sulla fronte.
Ora basta.
Mi scagliò contro di lui e le mie mani si avvinghiano attorno al suo collo. Fa una smorfia orrenda e poi mi colpisce con qualcosa.
Un dolore lancinante prende vita nella mia testa.
Cado a terra.
Con la coda dell'occhio vedo il bambino tra le braccia dell'uomo. Piange.
E poi non lo sento più. Ha buttato giù anche lui.
Si dirige verso Ramona.
Si alza. Con tutta la sua forza. Urla. Vedo il suo viso diventare rosso mentre combatte per la sua vita. Volano pugni e calci ovunque. Sferra un pugno sul ventre dell'uomo e quello caccia un urlo di dolore.
L'uomo si riprende.
Le da uno schiaffo. Un'altro. Poi un calcio.
E all'improvviso l'uomo cade. Giù dalla finestra. Come se avesse perso i sensi.
Vedo il suo corpo cadere giù.
Mentre porta Ramona con se.

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