Dove sei?
Le spighe di grano si attaccano ai miei vestiti, mentre corro in quel campo.
I piedi scalzi calpestano i chicchi caduti a terra.
I cipressi verdi ondeggiano al vento fresco.
Lo stesso vento che mi rinfresca la faccia.
Non è la strada giusta.
Dove sei?
Non vedi cosa hai fatto?
[...]
È soltanto il silenzio.
Solo quello mi sta tormentano adesso.
Peggio di qualsiasi frastuono che io abbia mai sentito.Seduto.
Gambe incrociate.
Lo sguardo perso nel vuoto.Cosa è successo?
Mi hanno curato.
Mi hanno pulito.
Mi hanno dato vestiti nuovi.Cosa è successo?
Non so dire da quanto io sia sveglio. Non riesco a dormire. Troppi pensieri.
Continuo a toccarmi il braccialetto ospedaliero attaccato al mio polso.
Pensa, idiota. Pensa.
Cosa è successo?
La puzza di disinfettante si insinua nel mio stomaco.
Cosa ho fatto?
Accanto al letto ci sono un comodino ed una sedia.
Un piatto con delle polpette e un bicchiere d'acqua e poggiato sopra il comodino. Le ha portate un'infermiera. Non le ho nemmeno toccate.
I miei vestiti sono appesi ad un appendipanni, vicino alla finestra.
Cosa hanno fatto?
I ricordi mi stanno uccidendo. Piccoli sprazzi di memoria.
Sto impazzendo.
Forse lo sono già.So cosa è successo.
Ma nella mia mente è tutto...perso.
Le cose ci sono ma sono disposte nel modo sbagliato.Non ricordo a perfezione ciò che ho fatto.
So che ho ucciso della gente.I piccoli ricordi emergono dagli abissi, prima delle cose principali e più importanti.
Gli aghi dei pini.
L'erba dei campi.
Il gracchiare dello stormo.
La sua risata.
L'esplosione delle granate.
Il colore del legno del rifugio.
Le fiamme nel bungalow.
Cerco di focalizzarmi sulle loro facce.
Malia.
Ramona.Ma non ci riesco.
Nomi senza identità.Cosa hai fatto?
Le hai uccise tu.
[...]
"Il nostro compito è sempre stato salvarti, da quando abbiamo saputo che la Bordefur.Inc aveva deciso di fare fuori tuo padre."
Il sergente Hannick è seduto sul mio letto.
Così ha detto di chiamarsi.
Tiene i suoi occhi color ghiaccio puntati su di me.
Mi guarda. Uno sguardo comprensivo, ma con la giusta dose di professionalitá.
"Tuo padre non era stupido."
"Mi ha abbandonato. Ci ha portati in un posto che non conoscevamo. E li ha uccisi. Ci ha uccisi."
La mia voce aumenta di intensità.
"Ha ucciso tuo fratello e tua madre perché sapeva che questo viaggio potevi, e dovevi, compirlo tu da solo."
Fa una piccola pausa.
"Non loro. Soltanto tu. Sei speciale Matthew. Ha sempre saputo che sei il più sveglio, il più coraggioso. Ma queste cose le tenevi nascoste troppo in profondità. E sapeva che tua madre si sarebbe fatta prendere dai sentimentalismi, mentre tuo fratello non ti avrebbe nemmeno seguito. Quindi ti avrebbero impedito di proseguire."
Poggia una mano sulla mia spalla.
"E credo sia meglio morire per una pallottola che bruciati vivi."
L'ombra di un sorriso gli attraversa la faccia.
"Non credi?"
Si alza dal letto e prende a camminare per la stanza.
Poi afferra la sedia, poggia il mio zaino a terra e si siede.
"Tuo padre non era senza cuore. Ucciderli lo ha fatto odiare se stesso così tanto che si è ucciso anche lui. Pensaci."
Si gratta il mento.
"Era da tanto che aveva in mente questo piano."
"Questo lo so."
Continua come se non mi avesse sentito.
"Invece tu," Mi indica con il dito "tu hai dimostrato di saper tirare fuori quel coraggio e quella freddezza che neanche noi soldati addestrati abbiamo a volte. Sei stato forte Matthew."
Mi guarda. Sorride. Scuote la testa.
"Nessun ragazzo di quindici anni sarebbe in grado di fare questo. Poco ma sicuro."
Si alza dalla sedia. E torna a mettersi sul letto.
"Siamo arrivati in ritardo lo so. Ma ci sono stati dei problemi."
Con un dito indica l'aria, come per indicare una volontà superiore.
"Volevamo intervenire nel bosco, ma non riuscivamo a rintracciare la vostra posizione. Non sapevamo dov'eravate.
Con tutti quegli alberi non riuscivamo a trovarvi. E vi spostavate in continuazione."
Fa una breve pausa e poi continua a parlare.
"Poi abbiamo deciso di contattare Ramona Kailee, nostro soldato, che è stata una spia nella Bordefur per tanti anni, e lo era ancora. Le abbiamo chiesto informazioni. Abbiamo architettato il piano insieme a lei, ovvero di farti attraversare il Giaciglio al suo fianco e arrivare alla loro base. Poi abbiamo scoperto, sempre tramite Ramona, che la Bordefur sarebbe venuta a cercarti e quindi, di conseguenza, ti avrebbe trovato e ucciso."
Sapevo che Ramona era dalla mia parte. Vorrei vederla un'ultima volta.
"Ebbene, Ramona è stata capace di farsi cambiare di ruolo come soldato di riserva in quella missione ed è riuscita a trovarti e a prenderti. Non è stato facile."
Il sergente riprende a camminare per la stanza. L'uniforme mimetica stona decisamente con il bianco delle pareti.
Poi ci sono stati degli imprevisti. Questo è vero."
Un oscuro silenzio riempie la camera.
"Ma ce l'hai fatta, ed è incredibile."
Il suo sguardo diventa più serio stavolta
"Siamo riusciti ad accorrere in tuo aiuto, alla fine. E meno male."
Apre uno dei cassetti del comodino e ne estrae una cartella.
"Una pattuglia di soccorso era partita in tuo soccorso da Denver con un elicottero ed è arrivata alla Bordefur. Ti hanno visto cadere dalla finestra del secondo piano e atterrare sull'asfalto. È incredibile come tu sia potuto sopravvivere."
Prende la cartella, la apre e prende a sfogliare le pagine.
"Avevi una pallottola nella spalla destra, la schiena invasa da schegge di vetro e una commozione celebrale. Ti hanno portato di urgenza qui. Non avevi proprio un bell'aspetto e, se vogliamo dirla tutta, nemmeno un buon odore. Ti hanno curato del tutto e ti hanno ripulito. E ora eccoti."
Mi sorride. Poi riapre il cassetto e ripone la cartella.
"Detto questo" fruga nella tasca della sua uniforme e ne tira fuori un foglio di giornale spiegazzato.
"Sei su tutti i giornali."
Mi porge il foglio.
Lo prendo e lo apro.
"Abbiamo denunciato l'accaduto e la voce si è sparsa subito."
Sulla prima pagina di un quotidiano della Carolina c'è una mia foto, con un titolo gigantesco accanto.
Ragazzo scampa alla morte. Bordefur Inc. sotto accusa.
"Non ti preoccupare, non riceverai interviste di alcun genere. Abbiamo detto che sei in uno stato di confusione mentale, non puoi rispondere con certezza e vai lasciato in pace. Abbiamo risposto noi per te. Non devi pensarci più. Ora devi solo riposarti."
Il soldato mi da una pacca sulla spalla.
"La Bordefur è stata chiusa in tutti i suoi stabili, dopo che abbiamo confessato ai giornali ciò che aveva fatto. Sono stati fatti ulteriori controlli su altre banche e hai salvato la vita a un mucchio di gente. Considerati un eroe."
Lo guardo per un secondo. Gli restituisco il giornale.
"Non sono un eroe."
"Siamo tutti eroi. In un modo o nell'altro."
Riprende il foglio e lo rimette al suo posto nella tasca.
Per un pò nessuno parla.
L'atmosfera si è spenta.
Il viso dell'uomo assume una sfumatura di tristezza.
"Ci dispiace per la tua amica."
Nessuno parla.
"Era nei nostri patti salvare anche lei. Se solo fossimo arrivati li prima delle truppe della Bordefur sarebbe ancora viva. Ci dispiace molto."
Infila le dita nel taschino della sua uniforme. Tira fuori una piccola, stropicciata busta per lettere.
"Siamo andati li il giorno dopo, e abbiamo trovato il suo corpo nel magazzino. L'abbiamo fatta portare al cimitero di Charlotte e adesso è li. Mi hanno detto di darti questo. Era in una tasca del giubotto. C'è scritto il tuo nome è mi sembrava giusto fartela avere."
Me la porge.
Una piccola busta di carta. Macchiata di sangue, in un angolo.
In piccolo, proprio nella parte superiore, una scritta fatta a penna.
Per Matthew.
Malia.
"Grazie. Davvero."
L'uomo mi sorride. Poi mi da una pacca sulla spalla.
"È stato bello conoscerti Matthew. Davvero. Me ne ricorderò."
Fa per andarsene, quando poi si gira.
"Ah, quasi dimenticavo.
Ci sono dei vestiti puliti nel cassetto. Le tue cose sono nel tuo zaino. Apparte il fucile. Quello è nell'armadietto qui fuori."
Sta per uscire. Apre la porta e poi si rigira.
"Bentornato in Colorado."[...]
I nuovi vestiti sono caldi. E profumano di lavanda.
Un maglione rosso e bianco. Un paio di jeans. Delle scarpe da ginnastica.
Tutto è calmo.
Quasi non ci posso credere.
Prendo lo zaino e lo metto sulle spalle. Pesa.
Sto per uscire.
Quando poi ricordo.
Mi avvicino al comodino e prendo la bustina.
Mi siedo sul letto e la apro.Ne tiro fuori il contenuto.
Una collana.
Una punta di freccia. Perfettamente intagliata in un legno chiaro. Con un cordoncino marroncino.
La annuso.
Pino e resina.La metto in tasca.
E mi dirigo verso la porta.
Esco da quella stanza e mi ritrovo in un corridoio.
Alcune infermiere camminano a passo svelto. Alcune barelle sono adagiate vicino alle pareti.
A destra della porta c'è un armadietto bianco. Apro la porticina e dentro, poggiato sul fondo, c'è il mio fucile. Lo prendo.
E lo metto a tracolla. Come facevamo io e Malia quando andavamo a caccia.
Mi giro e incomincio a camminare lungo il corridoio.
Ad ogni passo cresce la mia ansia.
Arrivo in fondo al corridoio.
Una grande sala d'aspetto. Come ingresso, due grandi porte di vetro.
La voce di una ragazza. Sembra agitata.
Una ragazza, con una camicia a quadri e lunghi capelli color mogano che le ricadono sulle spalle. Sta discutendo con un infermiere.
Il mio cuore perde un battito.
Ashley.
Il suo viso è proprio come lo avevo lasciato.
Non è cambiato di una virgola.
"Ashley!"
Si volta di scatto nella mia direzione. Un espressione incredula le compare sul viso.
Prende a correre verso di me. Allargo le braccia e, in un secondo, siamo di nuovo insieme.
È qui di nuovo.
Sono qui di nuovo.
Incomincia a piangere. Le prendo il viso tra le mani. Sono ad un centimetro da lei.
La bacio. Un bacio che sembra durare un'eternità.
"Quanto mi sei mancato."
Poi ridiamo all'unisono. Un suono che non sento uscire dalla mia bocca da non so quanto tempo. Mi scalda il cuore ed è come essere sdraiato su un comodo divano.
Abbracciati, mentre vediamo un film.
"Vieni. Andiamo a casa."
Mi prende la mano e usciamo dalla sala d'aspetto.Fuori, il freddo è incredibile. L'aria della sera penetra attraverso la lana del mio maglione.
Un'auto è parcheggiata ad un lato del parcheggio.
Sull'autostrada, poco più in la, sfrecciano altre auto.
Le sagome nere delle montagne svettano nella quasi totale oscurità.
Dei lampioni illuminano il ciglio della strada.
Sono finalmente a casa. Respiro l'aria del Colorado a pieni polmoni.
I genitori di Ashley sono in piedi davanti all'auto.
Mi abbracciano, sorridendo. La mamma di Ashley si fa scappare una lacrima. Poi entriamo in macchina.
Il profumo della loro auto mi fa sentire al sicuro appena sprofondo nel sedile.
I genitori di Ashley hanno deciso che mi ospiteranno. Ci tengono particolarmente. O almeno cosi hanno detto.Mentre l'auto sfreccia sulla strada, ripenso a tutto quanto.
A tutto ciò che è successo.
Nessuno sta parlando.Una casetta.
Fuori dal finestrino.
All'interno, delle luci e dei bambini che giocano.Mi chiedo come andrà a finire. Cosa succederà.
I pensieri mi invadono la mente.
Ma spariscono in un istante.
Come se non fossero mai esistiti.
~.~.~.~.~.~.~.~.~.~.~.~.
Ciao a tutti.
Con questo ultimo capitolo, Deep Shadow volge al termine.
Spero che vi sia piaciuto.
Per qualsiasi domanda, informazione oppure qualsiasi cosa scrivete nei commenti.
Mi raccomando condividete, votate e commentate.
La canzone ad inizio capitolo è "The Way" di Zack Hemsey.
Grazie a tutti.

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deep shadow - a.g.
Adventure"Matthew Jason Cantrell. 15 anni. Denver, Colorado. Vita perfetta. Soldi. Feste. Una ragazza. Un viaggio. Un tragico incidente. Una fuga. Una nuova conoscenza. Lotta per la sopravvivenza. Perché niente e nessuno è come sembra se si tratta di affr...