*Tra passato e presente*

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Michela's pov
Non so perché, ma mi sentivo a mio agio dopo quella situazione imbarazzante, o meglio dire inquietante. Il tragitto per lo studio era lungo.
-Ora credi che...- lui mi inzittì, accese lo stereo della macchina e infilò il disco e mi lasciai trasportare da quel magico disco.
-Non credevo che ti piacessero così tanto i Blink. Sembra di conoscerti ,ma non totalmente, mi capisci vero?- disse sempre con quel suo solito sorrisetto. La conversazione si stava facendo imbarazzante, io volevo solo ascoltare i Blink a tutto volume. Annuii e basta e dalla faccia di Francesco credo che io sia diventata anche un po' rossa.
-Non potrò mai abituarmi dei tuoi sbalzi d'umore. Poco tempo fa ridevi senza avere un motivo e ora ti imbarazzi perché ti dico che non ti conosco abbastanza.- fece una tipo di smorfia con mezzo sorriso e il naso arricciato. Sempre più bello non so come faccia, ma è sempre più bello.
-Mh... Mi dispiace.- dissi facendo mezzo sorriso per la faccia che ha fatto. Il suo sorriso si allarga ancora di più.
-Perché ti scusi? Non ha assolutamente senso.-
-Mi dispiace per dovermi sopportare.- dissi facendogli una linguaccia.
-Mi farai impazzire!- disse -Anzi a dire il vero sono già pazzo-. Trasformai la mia faccia distesa in un mezzo sorriso.
-Sei già pazzo? In che senso?-dissi cambiando canzone nello stereo e dando poco peso a quello che avevo appena detto, anche se volevo capire il perché ha detto che è pazzo. Forse per il suo strano comportamento con i suoi amici?
-Beh... È difficile da spiegare.- si limitò a rispondere e dalla mia faccia capisce che non è la risposta che volevo sentire. Francesco parcheggia la macchina in un grande parcheggio.
-Comunque siamo arrivati al parcheggio. Ora bisogna fare un breve tratto di strada a piedi e poi saremo non più da soli.- disse guardandosi le mani sul volante.
-Non siamo in grado di restare soli. È meglio avere i tuoi amici accanto che quei tre.- dissi incrinando la voce alla fine. Francesco annuì e apre la portiera e io lo seguii a ruota.

Dopo pochissimo tempo siamo arrivati in un palazzo mediocre. A prima vista non sembrava una sala prove o almeno non poteva eguagliare quella a Los Angeles. Appena entriamo sento la mano di Francesco stringersi ancora di più alla mia fino quasi a stritolarla. Che succede? Mi giro verso di lui con lo sguardo e vedo che ha un espressione tesissima. Perché? Non deve aver paura dei suoi amici. Loro sono gli unici che non hanno fatto nulla per farci lasciare o almeno così penso.
-Fra.- sussurrai. Lui si girò verso di me. -Che hai perché sei così teso?- continuai a sussurrare, perché non volevo che nessuno ci sentisse, anche se eravamo solo in tre in quella stanza io, lui e un signore che ci stava fissando... Forse conosce Francesco o forse pensa che siamo strani. Lui fece un lungo respiro e poi disse con voce meno rilassata di quanto desiderava -Niente, sono solo ricordi.-
-Ricordi?- domandai, anche se non volevo dirlo ad alta voce.
-Già!- disse abbassando lo sguardo. Io gli porsi una mano nella guancia che lui subito strinse tra la guancia e la spalla.
-Non preoccuparti del passato. Pensa a come vuoi che sia il tuo presente.- dissi per rassenerarlo un po'. Wow che frase poetica!
Lui mi sorrise e mise la sua mano nella mia.
-Che cosa ho fatto per averti? Sono davvero così disperato?- disse portando le nostre mani ai miei fianchi. Mi avvicinò a lui e nessuno dei due sembrava respirare.
-Non ti ho mai dato abbastanza, forse non ti ho dato neppure quello che meritavi.- disse guardandosi i piedi. Io liberai le mie mani dalle sue e gli tirai su il mento finché non incontrai i suoi occhi.
-Non dire così! Senza di te io non avrei vissuto la magnifica Los Angeles e non sarei più forte di così. Ora so cosa è l'amore e cosa bisogna affrontare e soprattutto... So con chi lo devo affrontare- finalmente ritornò il suo solito sorriso e senza dire niente mi porge un bacio sulla fronte e poi mi abbraccia.
-Grazie.- gli sento sussurrare. Non dissi niente, perché credo che non voleva dirlo ad alta voce, ma le parole oneste di solito scappano dalla bocca senza chiedere il permesso al cervello. Restammo abbracciati finché non di sentì aprire una porta nel lungo corridoio davanti a noi.
-Francesco! Ti vuoi muovere ti stiamo aspettando da circa mezz'ora e se non ci sei tu che da il ritmo ognuno fa come cazzo gli pare.- disse Riccardo appena vide Fra. Francesco fece un lungo respiro e poi fece un cenno con la testa. Riccardo porta il suo sguardo da lui a me.
-Ah... Ora capisco.- disse toccandosi il mento come se fosse un grande pensatore.
-No forse no, ma andiamo-disse facendo cenno con la mano di sbrigarci. Ie e Fra ridemmo e poi andammo insieme nella prima stanza a sinistra del lungo corridoio.

La terapia degli incubi /Francesco Viti/. SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora