Capitolo 19

7K 313 8
                                    

Elijah

Tutto succede per un motivo preciso, l'ho sempre pensato.
Prescindendo dalle sofferenze che Becky aveva subito per colpa di quel bastardo di Janis, il fatto di essere qui, a respirare l'aria di una splendida mattina di marzo, mi rendeva consapevole di essere stato fortunato, che io, Becky e Ryan eravamo fortunati.
Eravamo ancora qui, vivi.
Stavano per dimettere Becky. Casa mia era pronta ad accoglierla, sarebbe stata anche casa sua e avrei messo tutte le mie energie a trovarne una più grande, subito.
Ricominciare da noi sarebbe stato un modo, anche secondo il dottor Phils, di trovare il giusto posto nella mente di Becky per i ricordi dell'esperienza subita. Mi aveva dato dei consigli lo psicologo, per aiutarla ad affrontare i postumi della violenza. Speravo avesse ragione, spero che i suoi consigli servano ad entrambe.

Accompagnarla mi emoziona. Appena fuori dall'ospedale, ancora davanti alle grandi porte scorrevoli, la vedo fermarsi e chiudere gli occhi. Respira la brezza fresca di marzo e i tratti del suo viso si distendono. Le ombre scompariranno con il tempo, lei ha bisogno di me. Porterò via il suo dolore. Farò di tutto.

Vederla a casa mia mi fa un effetto strano.
Appartenenza . Ecco cosa sento. Io gli appartengo, lei mi appartiene.
Io non ho mai avuto nulla che mi appartenesse. Nessuna famiglia a cui io sia mai appartenuto. Solo una serie infinita di rifiuti: troppo difficile da trattare, troppo instabile, troppo violento, troppo introverso, troppo per chiunque avesse avuto a che fare con me, che mi avesse tenuto in affido anche per un periodo limitato.
E infine sempre rispedito al mittente, in quella merda di istituto. Sette anni fa, ormai maggiorenne, ero stato buttato fuori anche da li.
- Dovrai sbrigartela da solo adesso ragazzo! - mi aveva detto il direttore il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno. Mi aveva messo in mano i miei documenti e 100 sterline e con tutto quel che possedevo in una sacca da palestra sono stato messo in strada. Nessun posto dove andare, nessuno da cui andare.
Avevo sempre frequentato la palestra dell'istituto... vabbe' chiamarla palestra era un azzardo, ma comunque non appena uscito, fermo sul marciapiede a guardare il terreno, la prima cosa a cui avevo pensato era cercare proprio una palestra.
Avrei potuto fare esercizi, scaricare la tensione che mi opprimeva continuamente, fare una doccia tutti i giorni, magari conoscere qualcuno che mi poteva aiutare a trovare un lavoro.
Peccato sapessi fare poco, diciamo anche niente...
Era capitata sulla mia strada la palestra di Mr. Coen . Il cognome ebraico, come il mio. Ero entrato , mi ero iscritto, avevo cominciato a frequentarla tutti i giorni, ci passavo le giornate, le notti, soprattutto all'inizio, quando non sapevo dove andare a dormire. Daryl era stato la prima persona che avevo conosciuto li dentro. Aveva solo qualche anno più di me, ma era un ottimo preparatore, più di un personal trainer , mi aveva introdotto alla boxe e alle arti marziali.
Cosi in un anno il mio fisico era totalmente cambiato. Non ero mai stato di costituzione minuta o gracile, ma i continui allenamenti mi avevano trasformato in un uomo dai muscoli potenti e definiti. E un giorno avevo fatto il primo tatuaggio, insieme a Daryl.
Il nostro rapporto si era evoluto. Eravamo diventati buoni amici, nei limiti della mia capacità di aver fiducia negli altri. Ma Daryl ha sempre mostrato di capire, di comprendere i mie limiti, la mia volontà di conservare, per certi aspetti , la mia solitudine come barriera di protezione dall'ostilita' del mondo, ostilità che ben conoscevo.
Quando il suo amico Braden, che gestiva un agenzia per la sicurezza privata aveva cercato personale lui mi aveva caldamente raccomandato.... gli dovevo molto. Il lavoro al Fire mi aveva fruttato l'ingaggio nella agenzia di modelli... soprattutto perché in tre anni i miei tatuaggi avevano finito con il ricoprire il mio corpo quasi completamente. Ero così caratterizzato da essere ricercato per questo. Quando chiedevano espressamente di me per qualche lavoro, per qualche campagna, sotto sotto mi sentivo orgoglioso delle scelte fatte.
Quante ragazze avevano popolato le mie notti... tante, ma tutte senza volto...non mi interessava il loro volto, conoscerle più di quanto non fosse necessario per passare qualche piacevole ora con loro. Non ne ho mai rivista una due volte. Non sapevo amare io, nessuno me lo ha mai insegnato. Prima di lei.
Il suo profumo, il suo incedere sinuoso, i suoi occhi verdissimi, mi avevano catturato. Sono stato suo appena ha posato gli occhi su di me. E io ho desiderato la stessa cosa di lei. Fuggire non è servito.

- A cosa pensi con quello,sguardo così serio?- mi chiede con fare incuriosito.
- A quanto sono fortunato ...-
- A che proposito?-
- Ad averti incontrata. Ad averti per me, che tu voglia me... insomma queste cose qua...
- E questa vena romantica è estemporanea o fa parte dell' Elijah occulto e misterioso? -
- Niente di occulto, solo che sono sempre stato un tipo timido, riservato... -
- E misterioso, affascinante, burbero e tenero e... devo continuare? - -
- Vorrei baciarti...-
- E quindi ? Mi chiedi il permesso?-
- Dovrei?-
-Ammetto che non sono proprio riuscita ad emanciparmi da quei giorni terribili,ma io ti amo Elijah. Tu non sei il mostro che mi ha segregato. -
Sono vicino a lei e le mie braccia la circondano delicatamente. Ho quasi timore a toccarla. Ma lei subito si accoccola sul mio petto.

- È qui che voglio stare. - Mi dice piano. Il mio cuore è liquido... lo sento fluttuare nel mio petto. Cerco le sue labbra. Ho sete di lei.
E lei si apre a me, dolce, amabile. Quando le nostre lingue si toccano, si sfiorano, la sento tremare. La stringo di più.
Ha bisogno di me. Del meglio di me. Dell'Elijah che la terrà al sicuro, che la proteggerà sempre. Il mio calore la circonda e sento la tensione sciogliersi in lei. I baci si fanno più profondi e sensuali, e il fuoco mi avvolge, ci avvolge. Le sue mani scorrono leggere sul mio volto, le sue dita tra miei capelli... la desidero così tanto da star male, ma ho talmente paura che non sia assolutamente pronta a lasciarsi andare... e mi attardo nei nostri baci, nelle nostre carezze...
Ma lei si scioglie dal mio abbraccio e mi porge la mano.

- Andiamo... - i suoi occhi carichi di dolci promesse.
- Sei sicura?- chiedo piano.
- Sì. .. se sei con me... -
La seguo in camera mia e poi ... e ci perdiamo su sentieri percorsi e su nuove strade, ardite salite e dolci discese... e ad ogni passo la meta è più vicina , e la gioia più grande... e infine ci ritroviamo noi, soli , eppure mai più soli.

LOVELY,  Gorgeous (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora