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L'atmosfera a questo punto della lezione è tesa.
Il silenzio è diventato quasi assordante.
Sembriamo esserci soltanto io e l'orologio appeso al muro le cui lancette vanno sempre più lente.
Probabilmente è solo una mia impressione.
Mancano solo dieci minuti. Abbastanza per il professore per interrogare.
L'uomo dall'aspetto severo che ha il piacere di insegnarci matematica quest'anno inizia a passare in rassegna ognuno di noi come un predatore che cerca la sua prossima vittima.
Un passo falso e sei fregato.
Ed è proprio quando vedo che sta per chiamare il ragazzo seduto al banco di fronte al mio che faccio l'errore di lanciare di nuovo un'occhiata all'ora.
Non l'avessi mai fatto.
«Signorina Davis, sembra che abbia fretta di andarsene. Ma perché invece non viene un attimo alla lavagna?». Quell' "attimo" sarà proprio ciò che mi rovinerà la giornata, ne sono sicura.
Mi alzo con calma e ovviamente la sedia struscia sul pavimento rumorosamente attirando ancora di più l'attenzione sulla sottoscritta.
Mentre cerco di raggiungere la lavagna inizio a imprecare sottovoce finché non mi accorgo troppo tardi che uno dei soliti mi ha fatto lo sgambetto e vado a finire sul pavimento.
Ah, quanto mi era mancato.
Le risatine della classe non mancano e il professore fa finta di niente. Come sempre. Facendo leva su tutta la mia forza di volontà, riesco ad alzarmi e sono pronta anche oggi ad ignorare tutti i sadici studenti di questa scuola. Dieci minuti dopo devo lottare contro l'istinto di sbattere la testa al muro per almeno dieci volte.
Dire che l'interrogazione è andata male è un eufemismo. Cercando di superare la calca radunatasi nel corridoio,mi dirigo verso la mensa. Ovviamente non mancano i soliti spintoni e le occhiatacce che mezza scuola mi riserva ogni singolo giorno.
È un po' che va avanti questa storia.
Da quando sono entrata in questa scuola la maggior parte degli studenti sembra odiarmi nonostante io non abbia fatto loro niente.
Fortunatamente riesco a raggiungere i miei amici quasi indenne. Mi stanno aspettando di fronte alle grandi porte e, dopo esserci salutati, ci dirigiamo tutti verso il nostro tavolo vicino al grande finestrone che dà sul cortile.
« Rei,com'è andata matematica?»
mi chiede Julia mentre sta tirando fuori il suo pranzo.
«Mi ha interrogata ed è andata di schifo. Non potete capire quanto possa odiare quell'uomo. E poi Finn mi ha fatto lo sgambetto e sono finita col sedere per aria di fronte a tutti. Ve lo assicuro: non è una cosa piacevole».
Sospirando mi concentro sul pranzo, ovvero un semplice panino con l'insalata. Beh,poteva andarmi peggio visto le scarse doti culinarie della nonna. Piuttosto che stare dietro ai fornelli preferirebbe scalare l'Everest. Letteralmente.
Mentre sto per addentare il panino però mi accorgo delle occhiate di compassione che mi stanno tirando i miei amici. «Che c'è?» chiedo perplessa. È David ad avvertirmi di guardare dietro di me. Ed è in quel momento che la vedo: Hanna procede verso il nostro tavolo. Emettendo un lamento scocciato poco femminile,sbatto la testa sul tavolo.
Neanche a pranzo posso stare in pace.
«Hey, sgorbio» la sua voce stridula ed insopportabile raggiunge le mie orecchie. «Quale onore,Barbie. Dove hai lasciato Ken? In bagno? Gli è piaciuto il servizietto?» sento Julia sghignazzare.
«In verità, lo ha adorato.» Ew. Troppe informazioni.
Hanna deve aver notato la mia faccia schifata perché un ghigno appare sul suo viso. «Comunque, mi hanno detto che stamattina sei finita a terra. Cos'è, ti mancava il pavimento?» Oh,certo. Lo sgambetto. «Già. Siamo stati troppo tempo lontani, sai com'è.» annoiata mi rigiro verso il tavolo ed inizio a spezzettare il panino, tanto per fare qualcosa visto che mi è passata la fame dopo la chiacchierata con la strega. «Oh,mi dispiace,Rei. Non sapevo ti mancasse così tanto. Allora farò in modo che vi possiate incontrare più spesso.». Mentre continuo a darle le spalle, le rispondo. «Sei gentile,Han,però le minacce non le sai fare.» sbattendo il piede a terra come una bambina di cinque anni si gira di scatto pronta ad andarsene ed è proprio in quel momento che sento la sedia su cui sono seduta perdere l'equilibrio e mi ritrovo a terra. Mi giro verso Hanna che intanto si è già allontanata. Come se sapesse che la stessi guardando si gira e mima un «Ops» con la bocca per poi voltarsi e tornare al tavolo dei suoi amici. David mi offre la mano per aiutarmi ad alzarmi ma la rifiuto e mi tiro su da sola. Sono rimasti in silenzio anche questa volta. L'unica che prende sempre le mie difese è Selene, migliore amica da una vita.
È proprio quest'ultima ad entrare in mensa quando suona la campanella che indica la fine della pausa pranzo. Ci raggiunge sbuffando.
«Per una volta che avevo fame arrivo troppo tardi. Cavolo.» dice sedendosi vicino a me.
«Allora,successo qualcosa di interessante?» proprio mentre stavo per risponderle di no perché sapevo che altrimenti avrebbe fatto una delle sue scenate, i miei amici iniziano a raccontarle tutto.
«...Poi dovevi vedere come la sedia si è praticamente mossa da sola,l'ho vista con i miei occhi.» Quando Julia arriva al punto in cui sono caduta decido di intervenire. «Non dire cavolate,Jul. L'avrà mossa lei ma non te ne sarai accorta perché eri distratta.» «No,ne sono sicuro anch'io. Lei non l'ha toccata. Si è mossa da sola.» dice David. «E allora spiegatemi: Hanna cos'è? Una strega?» dico spazientita. I miei due stupidi amici annuiscono. Non posso fare a meno di ridere. In questo momento sto pensando a come starebbe bene l'odiosa con un bel cappello a punta e il naso lungo. Sospiro. «Più che altro un demone. Posso sentire il male fluire nelle sue vene. Tu cosa ne pensi,Sel?» le chiedo ridendo. La sua espressione però non riflette la mia. Serra le labbra ed i suoi occhi sembrano fissarsi nel vuoto. «Non sai quanto hai ragione.». Quello che arriva alle mie orecchie è solo un sussurro ma riesco comunque ad identificarne le parole. Aggrotto le sopracciglia perplessa ma prima che io possa chiedere spiegazioni mi sento trascinare fuori dalla stanza da Julie. Mi ero scordata di quanto fossi in ritardo.

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