Siamo in macchina da quasi un quarto d'ora e Harley ancora non mi vuole dire dove stiamo andando.
«Ti prego,dimmelo»
Scuote la testa ma assume la sua solita espressione divertita.
«Provo a indovinare.»
Penso a tutti i posti in cui si potrebbe andare in una bella giornata come questa.
«Parco?»
«No»
«Spiaggia?»
«Non ci sei neanche vicino»
«Forse stiamo andando a qualche festa?»
«Sbagliato.»
«Montagna? Collina?»
«No...Anzi,ci sei andata vicino»
Poi sembra ripensarci.
«È un posto speciale per me.»
Ed io come faccio a sapere quale?
Mi arrendo e mi concentro sul paesaggio che fugge dal mio sguardo mentre la macchina avanza.
La radio a volume basso è sintonizzata su una di quelle stazioni rock che ascolta sempre la nonna e un senso di familiarità mi avvolge.
Mi sento bene.
Dopo un'altra mezz'ora di viaggio, Harley ferma la macchina.
«Siamo arrivati. Dài,scendi.»
Non faccio in tempo a guardare dove siamo finiti che il demone è già sceso e ha fatto il giro della macchina.
«Ecco,arrivo.»
Le suole delle scarpe vengono accolte dalla morbida erba che occupa il prato vicino al quale abbiamo parcheggiato.
«Un prato?» In risposta sorride.
Mi prende la mano ed inizia a camminare portandomi con sé.
«Vieni, voglio farti vedere una cosa.»
Il sole scalda la nostra pelle ed un leggero venticello ci salva dal caldo.
È una sensazione piacevole.
Saliamo su una piccola collina e quello che vedo dall'altra parte mi scalda il cuore.
Un piccolo agglomerato di case dall'aria rustica risalta in mezzo al verde degli alberi e dei prati.
«Qui ho trascorso la mia infanzia.
Ed anche se non ricordo più molto, le sensazioni che ho provato mi devono essere rimaste impresse perché ogni volta che vengo qui mi sento inspiegabilmente felice.»
Harley inizia a raccontarmi di quando era più piccolo e il villaggio gli sembrava troppo soffocante e di come alle volte prendeva e partiva in esplorazione per le colline.
Ed il sentimento che provo, vedendolo felice, mi spaventa.
«Con chi vivevi qui?»
Alla mia domanda, sembra rabbuiarsi.
«Mia madre.»
Capisco di aver toccato un tasto dolente e me ne pento immediatamente.
«Non me la ricordo più.»
Tutto quello che riesco a fare è stringergli più forte la mano.
Alla ricerca di un modo per cambiare argomento, mi guardo attorno.
Un albero solitario in cima alla collina più alta attira la mia attenzione.
«Ti propongo una sfida.»
Adesso i suoi occhi scuri mi stanno fissando curiosi.
«Ci sto.»
Le mie labbra si aprono in un sorriso.
«Accetti senza sapere prima quale?»
«Certo. Tanto vinco»
«Cosa?» Scherzando gli tiro un pugno sul braccio.
«Ahi.» Fa finta che gli abbia fatto male.
Scuoto la testa ridendo.
«Lo vedi quell'albero?» lo indico con il dito in modo che possa vederlo anche lui.
«Il primo che arriva lassù vince. Al mio 'Via'»
Ci mettiamo in posizione, pronto se partire.
«Pronti, partenza...»
Vedo Harley iniziare a camminare tranquillamente mentre io invece non riesco a muovermi.
«Ehi!» Mi lamento. Provo a fare forza ma è come se mi avessero legato mani e piedi.
«Demone, liberami subito!»
Harley, una scintilla divertita negli occhi, si volta a guardarmi con la sua solita aria strafottente.
« E in cambio cosa ricevo?»
Lo guardo in cagnesco mentre continuo a provare e riprovare.
«Un bel calcio nelle pal-»
«Va bene, va bene. Ho capito.»
Le catene invisibili che mi trattenevano si spezzano ed io riesco finalmente a correre.
Harley, che probabilmente non si aspettava che mi riprendessi così presto, rimane indietro.
Arrivo in cima per prima.
Ho il fiatone.
Mi raggiunge poco dopo e,al contrario di me, non sembra per niente provato dalla corsa.
«Ho vinto.»
Mi guarda sorridendo.
«Lo so»
«E tu hai perso.»
«Lo so.»
Non era questa la reazione che mi aspettavo.
«E perché non ti stai disperando in questo momento?»
Il suo ghigno sembra farsi ancora più ampio.
«Ti ho lasciato vincere.»
«Cosa?»
Nel frattempo mi avvicino al tronco dell'albero. Ho voglia di riposare all'ombra.
«Non è assolutamente ver-...»
Le mie parole vengono interrotte.
Nel momento in cui le mie dita entrano a contatto con la corteccia, tutto cambia.
Harley scompare ed io... non sono più io.
Divento come un'ombra, spettatrice dei miei stessi ricordi.
È il sogno. Lo stesso sogno.
Vedo di nuovo la bambina correre e raggiungere il ragazzino dai capelli color del cioccolato.
Li vedo ridere, litigare e poi sedersi sulle radici del grande albero...
Quell'albero.
Adesso lo riconosco.Mi risveglio e sbatto le palpebre.
«Ren? Tutto bene?» Harley mi fissa da sotto le ciglia scure con aria preoccupata.
«No.» Mi alzo con uno scatto e mi allontano dall'albero come se potesse farmi del male.
«Cosa c'è?»
Non capisce.
«È lo stesso» dico indicando l'arbusto «Noi siamo gli stessi.»
Un'espressione confusa si fa strada sul suo volto.
«Non capisco.»
«Ho fatto un sogno. Anzi, non sono sogni sono...ricordi. E noi eravamo lì. Eravamo più piccoli e... correvamo, ridevamo...qui.»
Qualcosa sembra scattare in lui.
Il viso perde colore.
Gli occhi cambiano.
Sono rossi.
E per la prima volta, lo vedo.
Vedo il Demone.
Il figlio di Asmodeo.
«Eri tu,allora.» Anche la voce sembra diversa. Più profonda, pericolosa.
«Ci hanno separati. Ti hanno portato via.»
Non capisco cosa stia dicendo ma sembra arrabbiato. E molto.
«Avevo dimenticato tutto. E quando pensavo di impazzire,in realtà... La pagheranno.»
Poi tutto sembra calmarsi in lui.
Gli occhi scuri ritornano, la pelle riprende il suo colore.
Nonostante il mio cuore stia battendo fortissimo, mi avvicino.
E quando si ritrae al mio tocco, fa male.
«Stai lontana, Eirene. Non lasciarti ingannare dall'apparenza. Non mi sono calmato. Neanche un po'.»
Detto questo va via.
Scompare ed io lo lascio fare.
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Pax
Paranormal[completata] Sono passati anni da quando I genitori di Eirene sono scomparsi. Non è rimasta da sola,però. Ogni giorno ad aspettarla a casa c'è la nonna. A scuola invece c'è Selene, amica di una vita. Ogni volta è stata lei a toglierla dai guai, a...