XVIII

3.1K 187 6
                                    

«Eirene, la colazione è pronta.»
La voce della nonna mi sveglia.
Sta bussando alla porta così forte che mi sembra che possa cadere da un momento all'altro.
«Arrivo.»
Le parole escono a fatica mentre mi sollevo dal letto.
La testa gira e le braccia sono deboli ma riesco comunque a sollevarmi in piedi.
Sbadigliando mi avvicino allo specchio.
Sono ridotta a uno straccio.
I capelli in disordine, le profonde occhiaie scure.
Non ho passato una bella nottata.
Il computer giace ancora accesso sulla scrivania, lo schermo lampeggia per avvisarmi della batteria scarica.
Sono sicura che il telefono sia nelle stesse condizioni.
Le ricerche sono durate più del previsto.
Tiro fuori dall'armadio una vecchia felpa e un paio di jeans e mi vesto.
Quando mi siedo finalmente al tavolo e guardo la nonna che cerca invano di cucinare qualcosa di decente, mi sembra di essere tornata alla normalità.
Niente demoni o altro.
«Ecco, ti aiuto io.»
Con un leggero sorriso sul volto mi avvicino alla nonna e la aiuto con il preparato per i pancakes.
Neanch'io sono una grande cuoca ma alla fine riusciamo a ricavarne qualcosa di buono.
Una volta finito di mangiare, la nonna inizia a raccontarmi di quando papà cucinava i pancakes migliori di tutta la città e la mamma lo guardava sempre male perché non le andava giù il fatto che fosse lui il più bravo in cucina.
Ridiamo finché il suono del campanello non ci interrompe.
«Devo andare, ci vediamo dopo. Non torno per pranzo.»
Le do un bacio sulla guancia per salutarla ma quando cerco di allontanarmi lei mi ferma.
Le sue dita si stringono intorno al mio polso e non sembra volermi lasciare andare.
«Nonna?» La fisso perplessa.
Il suo sguardo è perso nel vuoto e le labbra tremano.
Proprio quando inizio ad avere paura fa un passo indietro staccando le dita dal mio braccio.
«Nonna, tutto bene?»
Non mi guarda e si limita ad annuire.
«Vai.»
Troppo confusa per replicare faccio come mi ha detto e mentre mi avvicino alla porta, sento la nonna sussurrare:
«Non lei, ti prego. Non lei.»

Ancora un po' scossa apro la portiera della macchina e saluto distrattamente Selene.
«Tutto bene?»
Per un momento neanche mi accorgo della sua domanda.
Scrollo la testa come per allontanarmi dalla mia stessa mente.
«Sì.» Cerco di convincere anche me mentre fingo un sorriso.
Per oggi ho deciso di far finta di niente.
Di vivere come ho sempre fatto.
Sono giovane, mi dico, posso fare errori e sfuggire alle responsabilità.
Solo per oggi.
Il tragitto fino a scuola è breve ma riesco a convincere Sel a raccontarmi tutte le cose che mi sono persa.
Parliamo della scuola, dei nostri vecchi amici e persino dei vecchi vicini che non la smettono di lamentarsi ogni volta che qualcuno passa loro davanti.
Continua a parlarmi quasi inconsciamente di Daniel ma non glielo dico perché mi rende felice vederla così interessata a qualcuno.
Ovviamente mi chiede di Damon e Harley ma riesco a sviare facilmente.
Quando Sel spegne il motore della macchina nel parcheggio della scuola, la mia voglia di scendere è pari a zero.
«Dobbiamo proprio andare?»
Con uno sbuffo mi slaccio la cintura e apro la portiera.
«Già. Devo sempre portarti sulla retta via, ricordi?»
Rido mentre ripenso al nostro giuramento. Lo abbiamo fatto quando eravamo più piccole e da allora abbiamo sempre cercato di rispettarlo.
«Me ne ero quasi dimenticata!»
Con i libri stretti al petto superiamo il portone d'ingresso e ci fermiamo di fronte ai rispettivi armadietti.
Abbiamo classi diverse in prima ora e quindi al suono della campanella ci dobbiamo salutare.
«Possa la fortuna essere sempre a tuo favore,Rei.»
Un sorriso si forma sulle mie labbra.
«Hunger Games?»
La vedo annuire mentre sorride anche lei.
«Va bene,allora. Per Panem!»
Con tre dita alzate mi dirigo in classe seguita dall'eco delle sue risate.

Ho ancora gli angoli della bocca rivolti all'insù quando mi siedo al mio posto. Harley è seduto vicino a me e la mia allegria sembra contagiare anche lui.
«Come mai così felice di prima mattina?»
Alzo le spalle mente il sorriso si apre ancora di più.
«E tu che mi dici? Letteratura, sul serio?»
Adesso è lui ad alzare le spalle.
«Ehi, guarda che potrei offendermi. Sono più intelligente di quanto sembri.»
Roteo gli occhi divertita.
«Ma certo»
Con la mano gli arruffo i capelli.
«I bambini vanno incoraggiati, no?»
Uno strano luccichio gli illumina gli occhi mentre finge un'espressione stupita.
«Ma come hai osato? I miei capelli non si toccano, angioletto»
Con gesti furtivi inizia a farmi il solletico ed io non posso fare a meno di scoppiare a ridere.
Il momento di spensieratezza viene interrotto quando sentiamo qualcuno schiarirsi la voce.
Ci blocchiamo e solleviamo gli occhi. Damon è in piedi di fronte a noi, uno sguardo di disapprovazione sul suo viso.
Quando mi rendo conto della posizione in cui ci troviamo, arrossisco. Come se avvertisse il mio disagio, Harley si solleva ed io lo imito.
Mentre io mi limito a fidare il pavimento per qualche secondo, Harley sembra voglia incenerirlo con lo sguardo.
Sono io la prima ad interrompere il silenzio.
«Ciao,Damon.»
Il ragazzo sembra ignorarmi perché non mi risponde ma si rivolge invece al demone.
«Quello è il mio posto.»
La freddezza nelle sue parole non sembra intimorirlo.
«Davvero? Ne sono contento.»
«Alzàti.»
«No.»
«Non farmelo ripetere, demone.»
Prima che la situazione degeneri, mi intrometto.
«Ragazzi, calmatevi. Damon, ti lascio il mio posto. Siediti.»
Prima che possa replicare, il professore fa il suo ingresso nella stanza. Ognuno prende posto, è così faccio io.
«Scusate il ritardo, ragazzi. Adesso possiamo iniziare la lezione.»
Mentre apro il quaderno per prendere appunti, sento qualcuno sussurrare il mio nome.
Mi volto verso la fonte di quella voce e i miei occhi incontrano quelli di Harley.
Mima poche parole con le labbra senza etere alcun suono ma un brivido mi attraversa la spina dorsale.
"Dopo vieni con me."

N/A:
Perdonate l'attesa :)

PaxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora