XV

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Corri.
Corri.
Le sue ultime parole.
L'ho lasciato indietro.
Gli ho voltato le spalle.
Lacrime iniziano a formarsi nei miei occhi mentre i piedi battono sul cemento della strada.
Volto la testa per controllare che non mi stia seguendo nessuno.
I polmoni non reggono più.
Mi fermo.
Appoggio la schiena ai vecchi mattoni che costituiscono quello che rimane di un vecchio muretto.
Inspira.
Espira.
Quando le mani smettono di tremare prendo il telefono che tenevo in tasca.
Ho bisogno di andare via da qui.
Il telefono squilla a vuoto per qualche secondo prima che una voce dall'altro capo risponda.
«Pronto?»
« Damon, ti prego, vienimi a prendere. Sono tra la Barol e la Costs. Quartiere vecchio. Ti aspetto qui.»
«Arrivo.» Non dice nient'altro. Non chiede il perché sia qui. Non chiede come sto.
Mentre aspetto, punto lo sguardo verso il cielo e ripenso al demone che mi ha salvato la vita. Il demone che in quel momento sta combattendo da solo contro la sua stessa razza. Per proteggermi.
Codarda. Sono una codarda.
Mentre ripenso a quel paio di occhi neri mi porto inconsciamente le dita alle labbra. Il bacio.
Una Mercedes si ferma davanti a me. Al posto di guida c'è Damon che con i suoi occhi gelidi mi fissa da dietro il finestrino.
Apro la portiera ma prima di entrare lancio un'ultima occhiata al vicolo da cui sono venuta.
Poi scuoto la testa.
Sarebbe un suicidio.
«Hai fatto in fretta.» Troppo in fretta, aggiungo nella mia mente.
«Ero qui in zona.»
Gli occhi fissi sulla strada, i muscoli tesi.
Sento improvvisamente freddo.

Quando arrivo a casa sono il silenzio e l'oscurità ad accogliermi.
Sembra lo scenario di un qualche film horror. Niente a confronto con quello che ho visto. Oggi. Due giorni fa. Nei miei incubi.

Quando mi infilo finalmente sotto le coperte i pensieri si spingono tutti in un'unica direzione.
Dio, fai che stia bene.

Mi sveglio di continuo. Per ogni minuto in cui dormo, ne passo altrettanti sveglia.
Dopo l'ennesimo incubo mi alzo dal letto. Il sudore mi imperla la fronte.
Ad occhi chiusi mi dirigo verso il bagno massaggiandomi con la mano il lato del collo.
Una volta davanti al lavandino immergo il viso nell'acqua fresca.
Con le mani mi appoggio ai lati del lavandino e mi guardo lo specchio.
Le solite occhiaie scure incorniciano i miei occhi mentre gocce d'acqua scivolano sul viso. Incastrate tra le ciglia, sospese sulle labbra.
Poi sento un rumore.
Come se una finestra venisse aperta.
Passi pesanti risuonano dietro la porta.
Prendo in mano la prima cosa che trovo. 
Una spazzola.
Meglio di niente.
Con prudenza apro lentamente la porta.
Capisco che non c'è nessuno anche se è tutto buio.
Mi maledico mentalmente per non aver acceso prima la luce.
Con la spazzola tenuta in avanti come arma, avanzo.
La finestra è aperta.
Arrivo ai piedi del letto ma tutti i sensi sono in allerta.
Eppure non lo sento avvicinarsi.
«Bu» Al suono della voce alle mie spalle sobbalzo prendendo la spazzola e colpendo l'intenso in quello che penso sia la faccia.
Un grugnito di dolore mi fa capire che il colpo è andato a segno.
Corro ad accendere la luce approfittando del momento di esitazione.
Lo riconosco subito e non riesco a trattenere lo stupore.
«Harley?»
«Ciao, principessa.» Solleva un angolo della bocca.
Non mi trattengo più e gli vado incontro gettandogli le braccia al collo.
«Sei tornato. Ce l'hai fatta. Mi dispiace di averti lasciato lì da solo, io...» Il senso di colpa si traduce in lacrime mentre pronuncio quelle parole.
«Shh. Te l'avevo chiesto io di correre via, ricordi?»
Con una mano mi stringe mentre con l'altra mi accarezza i capelli.
Rimaniamo per un altro po' così, abbracciati.
Sono io la prima ad allontanarmi.
Devo ricordarmi che per me è quasi uno sconosciuto.
Eppure mi sembra di conoscerlo da una vita.
Harley sembra non volermi lasciare andare.
Mi tiene stretta a sé per qualche altro istante.
Mormora qualche parola che però non riesco a cogliere.
Ci guardiamo negli occhi. Uno scambio di parole in silenzio.
«Ti sei fatto del male?» gli chiedo.
«Neanche un graffio. Sono o non sono il demone più forte di tutti?»
Stavolta è il mio turno di sorridere.
«Devo andare. Ci rivedremo,Pace.»


N/A:
Scusate per il ritardo :)

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