VI

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Saranno cinque minuti che gli chiedo di rallentare ma ogni volta sembra accelerare ancora di più.
«Ma ti vuoi fermare, cazzo!».
Il mio urlo ha riecheggiato nel silenzio del corridoio.
È impossibile che le varie classi non mi abbiano sentito però almeno Damon ha arrestato i suoi passi.
«Cos'è, hai tirato fuori gli artigli?». Le mani mi prudono dalla voglia di tirargli uno schiaffo, ma mi trattengo perché il mio scopo è un altro.
«Dobbiamo parlare.» Cerco di assumere l'espressione più seria possibile mentre lo guardo negli occhi.
«Io non ti devo dire niente.» I suoi occhi verdi sostengono il mio sguardo senza fatica.
«E invece sì. Mi devi spiegare cos'è successo in corridoio stamattina.»
«Lo ripeto: io non ti devo un bel niente.». Batto un piede a terra frustrata. Damon ricomincia a camminare ed io lo seguo.
«Dimmi almeno se lo hai visto anche tu.» Quello che esce fuori dalla mia bocca è solo un sussurro.
«Visto cosa?» Sembra essere diventato tutto ad un tratto interessato.
«Niente.» Ho paura di sembrare pazza se glielo dicessi. In fondo non sono sicura neanche io di quello che ho visto.
Stavolta è lui a fermarsi. Mi afferra un braccio per l'ennesima volta oggi e mi trascina in una classe vuota.
«Dimmelo. Non ti giudicherò.»
Allaccio il mio sguardo con il suo per qualche secondo prima di riportarlo a terra.
«Gli occhi...» cedo «il loro colore... Insomma,non era normale. Non hai notato qualcosa di strano?» L'espressione che assume è indecifrabile. Resta in silenzio. Neanch'io dico niente per un po'.
«Dobbiamo andarcene.» Questo non me l'aspettavo.
«Adesso? Per me va bene, in fondo mancano pochi minuti alla fine delle lezioni. E poi questa scuola è veram-». Stavo per continuare ma la sua voce mi interrompe. «Non dalla scuola. Dalla città. Dal paese.»
«Che?» Spero stia scherzando.
«Non puoi restare qui. È troppo pericoloso.» Per poco non gli scoppio a ridere in faccia.
«Ma stai scherzando? Solo per qualche ragazzino viziato che si crede chi sa chi?»
«Ragazzino viziato?»
Non capisco dove voglia arrivare.
«Sì, è proprio quello che ho detto.»
«Non sono dei semplici ragazzini che giocano a fare gli sbruffoni, Eirene!» Incrocio le braccia al petto con aria scettica.
«Ah,no? Cosa allora? Ex detenuti? Terroristi?» l'ironia nella mia voce è evidente.
«Dèmoni! Lo vuoi capire? Smettila di scherzare su ogni cosa. Sei in pericolo adesso che la Rivelazione in te è iniziata. Devi scappare,andartene. Stai mettendo in pericolo te stessa e tutti quelli che ti stanno intorno.» Riderei se in questo momento non avessi davanti la sua faccia. L'espressione sul suo viso è seria,frustrata.
«Cosa?»
«Non sei umana. O almeno non del tutto. Sei speciale, diversa. Il tuo sangue lo è. I tuoi genitori..tua madre era come te,lei...»
«Cosa ne sai tu di loro? Smettila! Smettila! Non voglio più sentirti parlare. Non li nominare più,mai più.» Qualcosa in me si lacera. Il mio cuore,la mia anima,forse. Ricordi che tenevo legati ben stretti, sono riusciti a liberarsi dalle catene, aiutati da quelle pesanti parole. Però non riesco a escludere la possibilità che stia dicendo il vero. Non voglio crederci, non posso.
«Tu sei matto. Completamente matto.» Indietreggio lentamente fino a quando non sento il metallo freddo della porta entrare a contatto con il palmo della mia mano. Lo vedo avanzare titubante.
«Eirene, aspetta. Ho sbagliato a dirtelo così. Ti spiegherò tutto con più calma...»
«Non ti avvicinare, stai lontano!»
Apro la porta e corro. Corro come non ho mai fatto prima. Corro per allontanarmi, per dimenticare. Ricordi mi oscurano la vista.

«Mamma, sei qui?»
Silenzio. Una maglietta buttata sul pavimento. La cornice di una foto ormai vuota.
«No.». Mi rispondo da sola. Come faccio ogni volta che entro in questa stanza ormai abbandonata.
«E tu,papà?» Stavolta a rispondermi sono i contorni di un volto. In una foto sorride. E lo faccio anch'io.
«Torno più tardi, o forse mai più.»
Mi chiudo la porta alle spalle e mi dirigo al piano di sotto dall'unica persona che è ancora qui. Con me.

Ho freddo. Sono finita nel cortile senza neanche accorgermene. So che non è abbastanza per fuggire da lui ma è abbastanza per evitare i miei problemi. Ripenso alle sue parole. Dèmoni. Figure che ho sempre associato alla fantasia,all'irrealtà. Tornerebbero tante cose. I loro occhi, la voce di Hanna in corridoio. Ma perché odiarmi?

Comincio a passeggiare seguendo un percorso immaginario. Guardo le foglie cadere e tappezzare l'asfalto di colore. L'autunno regna sovrano. Mentre cammino, penso. Non posso farcela da sola in tutto questo. Se davvero sono in pericolo voglio sapere almeno il perché. Come se non bastasse non riesco a smettere di chiedermi come faccia Damon a sapere qualcosa sui miei genitori. Li ho cercati per anni senza mai trovarli ed il dolore per la loro perdita è tornato a galla.
Quando mi incammino verso casa, ho già preso una decisione. Voglio saperne di più.

«Non sapevo fumassi.» Sono alla fermata dell'autobus già da un po' e non sento più le dita dal freddo.
«Non pensavo ti importasse.»
Anche se non lo sto guardando posso immaginare l'espressione accigliata che deve aver assunto.
Fisso la sigaretta nella mia mano.In verità non la sto fumando, l'ho solo accesa per passare il tempo.
«E poi come avresti potuto saperlo? Ci siamo conosciuti questa mattina,te ne sei dimenticato?»
«Posso sedermi?» Alzo le spalle e gli faccio posto sul piccolo muretto.
«Che ci fai qui?»
«Torno a casa. » Non ce lo vedo proprio come tipo da autobus.
«Non hai la macchina?»
«Diciamo di no.» La nostra conversazione sembra finire così e quando arriva il mezzo, saliamo in silenzio. Mi siedo al mio posto preferito in fondo,vicino al finestrino e Damon ,senza neanche chiedermelo, si siede vicino a me.
La malinconia della musica nelle cuffie e la vista della città che sfuma via mi isolano per qualche istante. Ogni tanto lancio delle occhiate al ragazzo che tiene la testa appoggiata al sedile e gli occhi chiusi. Mi chiedo se stia dormendo o se sia solo immerso nei suoi pensieri. Una frenata brusca dell'autobus mi scaglia in avanti e probabilmente in questo momento avrei la faccia spiaccicata sul sedile davanti se il braccio di Damon non mi avesse fermato in tempo.
«Grazie.» È la seconda volta che mi salva e mi sento terribilmente vulnerabile. Mi rivolge l'abbozzo di un sorriso in risposta. «Non ti muovere. Vado a vedere cos'è successo.»
Non gli do retta e dopo aver aspettato che scendesse dal bus, lo seguo. La cabina del conducente è vuota e tutte le porte del mezzo sono aperte. Sto per scendere quando vedo dal finestrino Damon parlare con qualcuno. È un uomo di mezza età con un lungo cappotto beige e la barba di qualche giorno.
Non riesco a sentire cosa si stiano dicendo ma noto come la mano dell'uomo stringe qualcosa nella tasca. Anche il ragazzo deve essersene accorto perché le sue spalle sono tese e sembra pronto a scattare in qualsiasi momento. Guardando meglio, intravedo il profilo di quello che sembra un coltello. Con gesti calmi lo sta tirando fuori e sono sicura delle sue intenzioni. Devo fermarlo in qualche modo oppure avvertire l'altro della presenza dell'arma.
«Damon!» Il mio urlo cattura l'attenzione dell'uomo che porta il suo sguardo su di me. Due occhi rossi mi fissano e sul suo volto fa la sua comparsa un ghigno. Brividi gelati percorrono la mia schiena è una parola sembra nascere dal nulla.
«Demone.» sussurro. Quest'ultimo inizia ad avanzare verso l'entrata dell'autobus su cui ancora mi trovo. È così concentrato che si è dimenticato di Damon che ha tirato fuori a sua volta un coltello.
«Chiuditi dentro,Eir! Non uscire per nessuna ragione al mondo. Ci penso io.» Solo pochi passi mi dividono dalla cabina dove si trovano i comandi per chiudere le porte ma in questo momento mi sembrano troppi. Ho paura di non farcela. Il demone si avvicina sempre di più e Damon ancora non fa niente. Mantengo il contatto visivo con quel l'essere e intanto avanzo. Un passo. Sempre più vicino. Due passi. È quasi arrivato alla porta. Tre passi,ci sono. Ed è proprio quando il demone fa un salto per entrare nel veicolo che succede tutto insieme. Damon lo attacca da dietro e con il coltello in mano gli squarcia un lato del collo ma quello non demorde e riesce ad attaccarsi ad infilare un braccio nel veicolo afferrandomi. Le porte non si chiudono abbastanza velocemente ed io vengo trascinata verso di lui. La forza del demone quando viene in contatto con la mia pelle sembra aumentare sempre di più mentre invece le mie gambe iniziano a cedere e la testa inizia a girarmi.
Sono sempre più vicina a lui e la mia presa sul sedile più vicino, l'unica cosa che oppone resistenza alla forza del demone, si fa sempre più debole. Sono stanca e le palpebre si fanno pesanti. L'ultima cosa che vedo prima di abbandonarmi all'oscurità è Damon che pugnala alla gola l'uomo.

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