XXV

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Dopo che anche i protettori se ne sono andati con la promessa di tenermi aggiornata, mi preparo per andare al letto cercando di placare quel vortice di pensieri che mi tormenta da svariati giorni.
Facendo attenzione ad evitare lo specchio del bagno, mi lavo i denti. L'idea di vedere lo stato pietoso in cui si trova il mio viso non è mai stata così poco allettante come in questo momento.
Finalmente raggiungo il letto e dopo qualche minuto riesco ad addormentarmi.
Ma appena chiudo gli occhi non è il buio ad accogliermi.

«Zio! Zio! Sei tu?» mi sento urlare. Ho la voce roca per tutte quelle grida.
L'uomo con la maglietta nera sta risalendo la collina ed è troppo lontano affinché possa sentirmi.
«Rei? Dove vai? Torna qui! Non voglio più giocare a rincorrerci.»
Sento Harley chiamarmi dal punto in cui l'ho lasciato qualche secondo fa, prima che iniziassi a correre.
Non mi preoccupo di rispondergli e continuo la mia corsa, cercando in qualche modo di accorciare la distanza che mi separa dall'uomo.
«Zio!» provo un'ultima volta, ormai a corto di ossigeno.
Come se si fosse accorto per al prima volta della mia presenza, arresta il suo cammino e si volta ad aspettarmi.
Incito i miei piedi a muoversi più velocemente.
Tud. Tud. Tud.
Il rumore dei miei passi sull'erba sembra una rude cantilena.
Solo una volta raggiunto, mi concedo un attimo per riprendere fiato, le mani appoggiate sulle ginocchia mentre riprendo lentamente fiato.
L'uomo mi sorride. I suoi occhi dorati, così simili ai miei ma leggermente più scuri, brillano.
«Eirene. Pensavo non mi saresti venuta a salutare.»
Allarga le braccia ed io mi ci fiondo affondando il viso nel suo petto.
«Mi sei mancato.»
Le parole vengono attutite dalla sua maglietta ma sembra comunque capire.
Stringe dolcemente la presa per farmi capire che è stato così anche per lui.
Riluttante mi costringo a separarmi.
«Come sta tua madre?»
«Bene. Come sempre. Ed anche papà. So che t'interessa di lui, anche se non vuoi ammetterlo.»
Una strana luce gli accende lo suo sguardo.
Ma è solo un attimo.
«Già.» Mi accarezza la testa.
«Adesso devo andare. Però prima devo darti una cosa.»
Sono consapevole del sorriso che in questo momento ho impresso sul volto.
«Cosa mi hai portato questa volta?»
Tira fuori dalla tasca un ramoscello.
«Ulivo. È il simbolo della pace, lo sapevi?»
Scuoto la testa mentre allungo le mani, in attesa.
Posiziona il regalo fra le mie mani prima di stamparmi un bacio sulla fronte.
«Devo davvero andare adesso. Ricordi le regole?»
«Non dirlo a papà.»
Sorride di nuovo.
«Brava bambina. Adesso vai, il tuo amico ti sta cercando.»
Il tempo di voltarmi per guardare se Harley è davvero qui che lui è già sparito.

La mattina seguente, quando mi sveglio, a farmi compagnia c'è solo un gran malditesta.
Con un lamento mi alzo dal letto massaggiandomi gli occhi.
Se non ricordassi ogni cosa della serata precedente probabilmente ipotizzerei di aver passato la notte a bere alcolici.
Anche il collo mi sta provocando fitte di dolore e, maledicendo il torcicollo mattutino, mi dirigo in bagno.
Questa volta lo specchio è lì ad aspettarmi e la situazione che mi presenta è peggiore di quanto immaginassi.
Con un po' di sorpresa scopro che il marchio, che avevo momentaneamente dimenticato, è l'unica causa del dolore. Reprimo l'istinto di sbattere la testa al muro perché è solo un altro problema a cui pensare.
Più tardi.

Dopo essermi fatta una doccia veloce, infilo una felpa e un paio di jeans. La borsa e le chiavi mi aspettano sul piano della cucina.
Non faccio colazione perché al momento è la mia ultima preoccupazione. Per un momento prima di uscire sono tentata di lasciare un messaggio in cui avviso che non tornerò a pranzo ma poi mi ricordo che non c'è più nessuno ad aspettarmi qui dentro.
Stringo i pugni sulla tracolla della borsa e mi sbatto la porta alle spalle.
Non voglio fare tardi in ospedale ma prima devo andare a riprendermi qualcosa che ho dimenticato.

Quando arrivo a scuola rimango sorpresa nel trovarla vuota. Il custode mi avverte che l'edificio è stato fatto evacuare dopo che qualcuno, secondo lui si tratta di uno studente, ha fatto scattare l'allarme antincendio.
Riesco a convincerlo a farmi entrare con poca fatica promettendogli di uscire subito.
Conosco questi corridoi a memoria e non mi ci vuole molto a trovare quella che sto cercando.
Trovo il libro proprio dove l'avevo lasciato e non so se tirare un sospiro di sollievo o imprecare.
Lancio una breve occhiata alla finestra, la stessa da cui ieri ho visto il demone dagli occhi scuri.
Cercando di mettere da parte quel pizzico di tristezza che minaccia di venir fuori, prendo il libro e me ne vado.

In ospedale ad aspettarmi c'è Damon. Non mi aspettavo di vederlo qui.
È appoggiato al cofano della macchina e sembra non essersi ancora accorto della mia presenza.
«Ciao.»
Al suono della mia voce, volta la testa di scatto.
«Oh. Non ti ho sentita arrivare.»
Abbozzo un sorriso. Me ne sono accorta.
«Come mai sei venuto?»
Cerco di usare un tono gentile ma fallisco miseramente. Le sue labbra tornano a formare una linea sottile.
«Non mi ha convinto il comportamento del demone ieri.»
I suoi occhi verdi sembrano scurirsi di nuovo.
«L'ho notato anch'io. Probabilmente sarà solo stanco. Non è una situazione facile.» Mi stringo nelle spalle.
Si passa una mano fra i capelli corvini.
«C'è qualcosa che non mi convince.»
Vorrei sbuffare ed andarmene perché ora non è il momento di risollevare le vecchie ostilità.
«Non tutti i demoni devono sempre tramare qualcosa, sai? Harley è una brava persona, mi fido di lui. Mi ha salvato dagli angeli, ricordi?»
Vedo il suo sguardo indurirsi.
«Spesso le persone non sono quello che vogliono farti credere, Eirene.»
Vorrei urlare, gridare che in questo momento i problemi sono altri, che mia nonna è rinchiusa in un ospedale ridotta quasi ad un vegetale, che se persino un ordine antico e stabile come quello dei protettori può essere messo in subbuglio da una semplice rivolta , allora le nostre certezze non valgono più nulla. Ma invece rimango in silenzio, consapevole dell'espressione truce sul mio volto.
Scuote la testa, i bei lineamenti disturbati dalla rabbia mentre sbatte la portiera e mette in moto, allontanandosi dal parcheggio.

A/N:
Mancano pochi capitoli alla fine, readers!

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