VIII

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Sono giorni che non esco di casa. Giorni durante i quali non ho avuto alcun contatto con l'esterno. Probabilmente non è questo che voleva la nonna quando mi ha raccontato quella che dovrebbe essere la "verità".
Non parlo neanche con lei se non necessario. Ho fatto quello che temevo: mi sono chiusa in me stessa. Però quando mi guardo allo specchio non vedo più una ragazza ma un manichino dalla pelle pallida e i capelli spenti. Mi odio. Non reagisco. Non riesco.
Le parole della nonna mi ritornano in mente. Devo essere forte. Per lei. Mi lego i capelli in una coda e mi pizzico le guance per dare un po' di colorito. Manca il sorriso ma ci penserò dopo.
Faccio un respiro profondo e prendo la chiave che tengo sempre sulla mensola, chiusa in una scatolina. Il metallo è freddo.
Me la rigiro fra le mani e ne traccio i contorni.
I piedi sembrano animarsi di volontà propria e mi portano alla mia meta. La porta mi sembra più grande di quanto sia veramente. Mi sovrasta, mi sfida. Faccio un altro respiro profondo. La mia mano trema quando avvicino la chiave alla toppa.
La stanza è come la ricordavo. Solo buio e odore di chiuso.
Il letto è intatto, l'armadio chiuso a chiave e i profumi sulla mensola non si sono mossi di un centimetro. Le foto sulla cassettiera sono disposte in ordine sparso. Mi avvicino e ne prendo in mano una in cui ci siamo tutti e tre. Sorridiamo. La poso con delicatezza al suo posto e ne prendo un'altra. La mia preferita. Ci sono loro due abbracciati. Le braccia di papà sono intorno alla vita della mamma e si sorridono. Non posso fare a meno di notare quanto le assomiglio. Gli stessi capelli, lo stesso sorriso. Il volto mi si bagna di lacrime.
La ripongo sul comò e mi siedo sul letto. Poi inizio a parlare.
«Ciao mamma, ciao papà. Ne è passato di tempo,eh? Non ci crederete mai,anzi no, forse lo sapete benissimo, ma la nonna mi ha detto chi siete veramente. Beh, chi eravate. Non riesco ancora a crederci tu, mamma, che brillavi di luce propria, eri una Gratia. Quasi un angelo. E tu, papà? Un Protettore. Non mi riesce difficile farlo, in fondo è quello che hai sempre fatto con la mamma. La proteggevi. Vi mentirei se vi dicessi che non mi mancate o se affermassi di stare bene. Io, una Pax, una creatura angelica? Impossibile. Insomma, di peccati ne ho commessi e penso che non smetterò mai di farlo. Devo cambiare? Devo essere più...buona? Non so che fare. Però ho deciso di reagire. Lo faccio per la nonna, lo faccio per voi. I demoni hanno fatto la loro mossa, adesso tocca a me ribaltare il gioco.
Di sicuro non resterò qui a farmi proteggere, no?»

Quando esco dalla stanza mi sento molto più leggera.
Mi sono liberata di un peso che gravava sulle mie spalle da tempo ormai. La mente ha fatto pace con il cuore. Però mi sento terribilmente stanca. « Eirene... Tutto bene?» la nonna mi guarda dalla porta della sua stanza. Mi sono dimenticata che a quest'ora è già a letto. Deve avermi sentito uscire dalla stanza dei miei genitori e deve essersi preoccupata.
«Sto bene nonna, non ti preoccupare.» le regalo un piccolo sorriso che vale molto di più di altre mille parole.
Ci abbracciamo per qualche istante prima di separarci e andare a dormire.
Mi giro e rigiro nel letto. Il sonno non arriva. Ho troppa paura di ritrovarmi in quel sogno. Gli occhi rossi, le candele.
Quando sento bussare alla finestra, sobbalzo. Non ho idea di chi possa essere a quest'ora. Beh, di sicuro i demoni non bussano ma per sicurezza mi avvicino al davanzale con la prima cosa che mi capita sotto mano: una spillatrice.
«Chi è?» Avanzo con cautela e tengo il braccio armato alzato, pronto a colpire.
«Rei, sono io! Apri.»
Quando sento la voce della mia amica mi rilasso visibilmente e lascio cadere l'arma improvvisata a terra sperando di non svegliare la nonna.
«Sel, che ci fai qui?» Già conosco la risposta.
«E tu pensi che ti avrei lasciato qui a marcire? Sono giorni che non esci e non ti sei neanche fatta sentire!» Porto lo sguardo sui miei piedi improvvisamente in imbarazzo. In questi giorni ho rifiutato le sue chiamate e ignorato i suoi messaggi e mi sento in colpa.
«A proposito... Mi dispiace per averti ignorata.»
«Mi spieghi cos'è successo? E apri anche l'altra anta della finestra così entro.»
Faccio come mi dice e mi metto seduta sul letto.
Prendo un respiro profondo e mi decido a parlare.
«So tutto.» Al suono delle mie parole si immobilizza.
«Cosa?» Sembra terrorizzata.
«So cosa siete tu, Damon e Daniel. So che io sono una Pax. Me l'ha detto la nonna.» Non la guardo negli occhi.
«Oh.» È tutto ciò che dice.
Poi sembra riprendersi.
«Quindi sai anche dei tuoi genitori?»
Si mette seduta vicino a me.
«Già.» La mia voce è un flebile sussurro.
C'è una domanda che mi frulla in testa da un po'.
«Posso farti una domanda?»
Annuisce.
«Perché non me l'hai detto prima?» Questa volta è lei ad abbassare lo sguardo.
«Non potevo, Rei. Quante volte me lo sono chiesto, quante volte la risposta che veniva fuori era sempre la stessa. Mi decidevo a parlartene poi ti vedevo sorridere, e tornavo indietro. Io ero con te quando i tuoi genitori se ne sono andati, so cos'hai sofferto. Quante volte ti sei addormentata piangendo o quante volte hai pregato per vederli almeno un'altra volta. Non potevo dirti che proprio loro ti avevano tenuto all'oscuro di qualcosa di così importante. Avresti così dato un senso a quella rabbia che ti portavi dentro. Ti servivano un volto, un nome per giustificare quel senso di perdita che provavi. Se ne sono andati Rei, ma non è stata colpa loro. Ricordalo. Ti hanno tenuto lontana la verità perché volevano proteggerti, nient'altro. In fondo è quello che hanno sempre fatto,no?»
Il sorriso sul suo volto è triste. Le lacrime sul mio viso hanno già iniziato a scendere e provo ad asciugarmele con il dorso della mano. Non smettono più.
«Non me li ricordo più,Sel. Non mi ricordo la voce che aveva la mamma o le carezze di papà.
Non mi ricordo i loro sorrisi, non mi ricordo i loro occhi quando brillavano di gioia. Sono una persona orribile. Non mi ricordo neanche se mi volevano bene, lo capisci?»
Selene mi stringe con forza tra le sue braccia ed io faccio lo stesso.
«Eirene, ti volevano bene e te ne vogliono ancora. Te lo giuro.»
Passiamo la notte così, tra il buio della mia stanza è il rumore dei miei singhiozzi.

PaxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora