3.Nel nulla

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Camminavo stretta nella giacca saltellando da un punto all'altro per impedire che le mie scarpe bianchissime (perché essendo ossessionata dalle scarpe cercavo di mantenerle il più possibile pulite) si sporcassero del fango che infestava le pozzanghere.

Non riuscivo a capire perché il liceo di Medison, non avesse come divise delle belle coperte con le maniche, al posto di quelle maledette gonne grigie abbinata a camicia e pullover.

In quel momento, una ventata d'aria gelida mi passò in mezzo alle gambe facendomi salire un brivido fino al collo.

Odiavo il freddo. Mi strinsi il cappotto e mi abbassai una mano sulla gonna che si era alzata leggermente, sembravo la versione rossa e impacciata di Merilyn Monroe.

Saltai l'ultima pozzanghera e salì sulla piattaforma in metallo per i disabili, raggiunsi la porta e cercai di aprirla, assaporando già mentalmente il piacevole calore sul corpo, ma la porta della scuola era chiusa.

Vicino alla porta c'era un piccolo citofono, identico a quello che avevamo all'istituto a Manhattan. Citofonai, sfregandomi le mani per il freddo, subito dopo una donna grossa, e grassa che era seduta su una scomoda sedia di plastica dietro il vetro del gabbiotto del centralino, mi guardò e mi venne ad apri, e subito dopo mi squadrò dalla testa ai piedi.

"Chiudi la porta" mi disse con voce bassa, ed io lo feci.

Di sicuro non volevo farla arrabbiare e così le obbedì.

Mi stavo chiudendo la porta alle spalle, quando ad un tratto sentii, qualcuno spinge nel senso opposto al mio.

Gregor non era mai stato uno di quelli che arrivavano quando ne avevi bisogno o al momento giusto, ma in quel momento aveva davvero superato se stesso.

"Mi stavo giusto chiedendo quando saresti arrivato..." mi voltai con un sorrisetto beffardo in viso, ma le parole mi morirono sulle labbra, quando mi trovai davanti un ragazza mai visto prima.

Uno sconosciuto davvero carino.

Lo fissai come se fosse stato un miraggio, che tra poco si sarebbe smaterializzato davanti a me.

Che pervertita ero a guardarlo in quel modo come se non avessi mai visto un ragazzo carino. Si, daccordo la scuola a Manhattan era una scuola prevalentemente femminile ed i ragazzi attraenti scarseggiavano, ma non mi sembrava comunque una scusa valida per fissarlo così.

Apri la bocca per dire qualcosa, per scusarmi ma la lingua mi finii subito giù per l'esofago nel preciso momento in cui, lui appoggiò il suo sguardo sul mio corpo.

Mi sembrò di essere nuda davanti a lui.

Mi sembrava di essere esposta a migliaia e migliaia di scariche elettriche, che mi attraversavano tutta, bruciandomi al loro passaggio.

Mi sentii catturata.

Poi tutto a un tratto come se il filo che ci collegava fosse stato spezzato in modo brusco, mi sentì cadere.

"Scusami" borbottai, dopo essermi ripresa.

Sorrise. Il tipo mi stava sorridendo.

Anche lui come la grassa donna, sembrava essersi accorto di avermi messa in imbarazzo e non ne sembrava dispiaciuto, anzi se ne stava li con quella sua faccia perfetta e mi mostrava il suo sorriso migliore.

"Ti avevo scambiato per un'altra persona" gli confessai, abbassando lo sguardo e guardandomi la punta delle scarpe imbarazzata.

Dannazione mi capitava in continuo di arrossire per la vergogna senza un motivo valido.

Non osai alzare lo sguardo su di lui.

"Sei sicura invece che non stessi proprio aspettando me?" mi disse con una voce che non mi sarei mai aspettata di poter unire, se non da morta.

"Ahah" risi con la risatina che facevo quando avevo due anni "Molto divertente" gli dissi poi cercando di riscattarmi con un altra risata più idonea alla mia età, ma finendo solo per ridacchiargli istericamente in faccia.

'Brava Stargate, ottima impressione' Immaginavo che la prossima domanda che mi avrebbe fatto sarebbe stata del tipo:

"Ma esattamente da quale manicomio sei scappata?"

'Madonna, proprio roba da psicopatici' pensai mentre mi spostai da davanti alla porta per farlo passare.

"...ah, quindi non mi stavi aspettando?" continuò lui portandosi una mano al cuore, come se le mie parole lo avessero ferito in qualche modo.

Molto teatrale, davvero niente male, aveva un futuro nella recitazione.

Voleva davvero continuare a fare battute e rischiare di sentirmi nuovamente ridere?

Non era affatto furbo da parte sua... Proprio no.

Il ragazzo mi sorrise e mi superò, avviandosi verso le scale che erano alle mie spalle.

"Ah beh, peccato" concluse

Io ero rimasta di schiena mentre quel ragazzo ormai mi aveva superata.

Dannazione!

Chiusi gli occhi e continuai a tenere il viso girato verso il vetro della porta, mentre con una mano mi tiravo piccoli pugnetti sulla fronte ripetendo mentalmente:

'Stupida. Stupida. Stupida'

"Perché io ti ho aspettato a lungo... Stargate"

Riaprì gli occhi di colpo. Avevo sentito il suo alito sul collo e le sue parole dentro.

Non sapevo bene come spiegarlo, ma erano dentro di me, nella mia testa.

"Come?"

Mi voltai, ma ormai di lui non era rimasto niente, nemmeno l'ombra.

'Come faceva a sapere il mio nome? Sono appena arrivata, non conosco praticamente nessuno'

Qualcuno mi toccò il braccio, la manica della giacca ed io trasalì.

"Gregor"

"Che faccia. Che mi sono perso?" domandò alzando le sopracciglia.

Mi guardai alle spalle.

"Niente" sospirai.

The Break-La Rottura [Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora