34.Materia Cerebrale

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Di norma la pasta sta nel piatto.
Non sui capelli.
Il sugo condisce la pasta.
Non il maglione.
"Scusami, cazzarola, quanto sono maldestra oggi"
Mi scostai uno spaghetto, che mi impediva di vedere bene Kimberly, che era rimasta davanti a me con il vassoio vuoto.
"Kim sei proprio una stronza" disse a quel punto Rox che si era seduta accanto a me nel tavolo circolare all'interno della mensa.
"Mangiamo fuori" le avevo detto, non meno di venti minuti fa, ma no, lei voleva mangiare in mensa, perché secondo questa maledetta scuola gli unici che mangiavano fuori erano i figli dei fiori, i secchioni o quelli con qualche problemino (svitati).
Ma se davvero era così, allora perché Kimberly non mangiava all'aperto?
"Cosa?! Ho detto che non l'ho fatto apposta" disse rigirandosi nelle dita una ciocca bionda.
"Davvero? Ma chissà come mai non ci credo" si voltò verso di me e mi lanciò uno sguardo compassionevole.
Dovevo essere messa davvero male per farmi guardare così.
"Mi spiace per te, ma sto dicendo la verità. Scusa ancora Star"
Alzai una mano come a dire "niente", ma non le risposi, e con le mani cercai di staccare il sugo che stava imbrattando il tessuto grigio del maglione, ovviamente senza successo.
Ora al posto del sugo c'era una bella chiazza rossastra, come se mi avessero accoltellato al petto... Mh ripensandoci sarebbe potuta essere un'ottima scusa per il prossimo ritardo.
"Che stronza immatura che sei. Dico davvero"
Kim molló il suo vassoio, il quale fece un rumore sonoro quando toccò il pavimento e si avvicinò minacciosa, venendo nella nostra direzione.
Per mia fortuna, ma per sfortuna di Rox, Kimberly stava puntando proprio lei.
Rox non si fece mancare il coraggio e si alzò, scavalcando la panca, si mise davanti a Kimberly, con lo sguardo alto e impavido, con il volto alzato, le due si trovarono viso contro viso.
La mensa si fece insolitamente silenziosa, la fila dei ragazzi che volevano prendere da mangiare si era bloccata, i ragazzi seduti avevano smesso di parlare e guardavano tutti verso di noi.
D'altronde chi si sarebbe perso una bella rissa tra ragazze?
"Scusami, hai qualche problema?" Kim si mise una mano sul fianco, spostando tutto il peso su un'unica gamba.
"Kim, mi sa che sei tu ad avere qualche problema, che sia di udito o di comportamento... In ogni caso i problemi li hai tu"
Queste due sarebbero finite con il tirarsi i capelli e strapparsi gli occhi a vicenda e io non volevo saperne proprio ninete.
Se fossi rimasta probabilmente avrei vomitato tutto alla vista della poco materia grigia di Kimberly sparsa sul pavimento.
Ovviamente ero grata a Roxanne di essere li a difendermi, pronta ad usare le mani se necessario, ma per me la situazzione era troppo imbarazzante.
Mi bruciavano le spalle.
Mi voltai per afferrare la cartella e vidi che il tavolo di Kimberly, dove era seduto anche Gregor, che guardava la scena con una totale mancanza di interesse, mentre era tutto girato verso due ragazze, invece, Nathaniel stava guardando me, con quelle sue sfere oscure.
Mi scrutava,  e io cercava di cogliere qualcosa, un segno, un segno di vita da quel caos che gli frullava dentro la testa.
Afferrai tutto di fretta e mi alzai.
Rox mi fissò come a non capire quello che stavo facendo, mentre Kim non staccò mai lo sguardo da lei.
Superai Rox che mi parava dalla vista della biondina e superai anche le sue ancelle.
"Star, dove vai?"
Non mi fermai e mentre scappavo dalla mensa colpii anche un ragazzo che aveva in mano il suo vassoio, il quale mi si rovescio anche quello addosso, questa volta ero sicura fosse successo, davvero per sbaglio.
Una bella giornata di...
"Merda" mi disse il ragazzo dalla voce consiciuta, mentre cercava di impedire al cartone del latte di finire in terra.
Lo afferrò al volo, stringendolo tra le mani, ma con il fatto di averci messo troppa enfasi, lo schiacció facendolo esplodere.
Mi coprì con il braccio, ma ovviamente non abbastanza velocemente. Buona parte del latte mi finì in faccia e trai i capelli, il resto, sulla manica del maglione, che ormai sembrava il peggior campo di guerra mai visto.
"Cazzo!"
Alzai il viso, ormai sul punto di mettermi a piangere davanti a tutti, convinta che non potesse andare peggio di cosi... E invece.
"Oddio, che casino che ho combinato"
Era il ragazzo dalla criniera d'oro, quello che avevo incontrato il primo giorno di scuola, quello del Goal, quello che aveva fatto ginnastica con me qualche ora prima...
Mi morsi il labbro e spostai lo sguardo verso il soffitto della stanza, per impedire ai goccioloni di lacrime che rotolavano sui bordi dei miei occhi, di scivolare giù.
Lui mi disse qualcosa ma non riuscivo a sentire la sua voce, le orecchie mi fischiavano.
Abbassai gli occhi verso la porta della mensa, quando una lacrima mi rigo il viso.
Il ragazzo allora allungò una mano verso il mio braccio, ma io lo sorpassai e l'asciugai rapidamente con la manica.

Avevo corso senza meta per il corridoio, vergognadomi da morire tutte le volte che passavo affianco a qualcuno, dovevo sembrargli un cestino dei rifiuti con le gambe.
Dopo aver fatto il giro di quasi mezza scuola, mi ritrovai finalmente al sicuro, sugli spalti in palestra.
Le ore scolastiche erano sospese durante il pranzo e quindi la palestra sarebbe rimasta vuota ancora per un'oretta scarsa.
Rimasi rannicchiata li per non so quanto tempo, tenendo le gambe flesse al petto, le braccia che le stringevano, la testa premuta sulle gambe, cercavo di farmi piccola piccola, volevo sparire, essere inghiottita da quelle fredde pietre.
Le lacrime non volevano saperne di fermarsi.
Tutte le volte che i miei occhi si svuotavano, mi si riempivano immediatamente, non appena ripensavo alla figuraccia che avevo fatto davanti a tutti i ragazzi... tutte le volte che pensavo di aver finito con le lacrime eccole di nuovo, che mi appannavano la vista, e riniziavo... tutto da capo.
Le guance mi erano sicuramente diventate rosse, come lingue di fuoco e gli occhi rossi e gonfi e il freddo che provavo mi faceva sbollire.
Mi ero tolta il maglione puzzolente, ma me n'ero presta pentita, perché se pur puzzolente, mi teneva al caldo ed ora, che piano piano il ritmo cardiaco si faceva sempre più regolare e calmo, iniziavo a perdere il fuoco che fino ad ora mi aveva tenuta in salvo dalla morsa del freddo.
Mi asciugai le guance con le maniche della camicia, ma quando sbattei le palpebre ne scesero altre, tracciando un nuovo sentiero sulla mia pelle.
La mia lingua la catturó poco sopra il labbro superiore, prima che sentissi la porta della palestra sbattere con un suono violento.
"C'è nessuno?" disse una voce maschile.
Non risposi.
Mi rannicchiai di più.
Silenzio.
Sulle pareti rimbombavano solamente i suoi passi.
Poi... Il silenzio.
Respirai.
"So, che ci sei, Stargate"
Non risposi. Mi strinsi ancora di più le gambe al petto.
Le orecchie ripresero a fischiarmi e solamente quando mi fui convinta che se ne fosse andato iniziaro a smettere.
Mi rilassai per quanto mi fosse concesso, ma ben presto mi ritrovai a fissare un paio jeans sbiaditi.
"Lo sapevo che ti saresti nascosta qui"
Alzai lo sguardo e lo guardai senza dire una parola.

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