29.Goal

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Gregor e io chiudemmo le portiere contemporaneamente.
Quando uscimmo, l'auto era ancora fredda, non si era per niente riscaldata per quanto l'avessimo lasciata aperta.
Avevamo viaggiato nel più totale silenzio.
Io con la testa poggiata sul poggia testa, gli occhi chiusi e il cervello spento, Gregor con le mani sul volante, il cervello sempre acceso e si spera con gli occhi aperti.
Non ci eravamo nemmeno azzardati ad accendere la radio.
Troppo rumore.
Ed era una benedizione che l'auto avesse avuto un motore silenzioso, perché ero sicura che non avrei sopportato nemmeno lui.
Una volta abbandonata la strada sterrata, la strada fú semplicissimo arrivare in paese, ci impiegammo altri sei o sette minuti.
'E mia madre che voleva farmi arrivare fino la da sola'
Ottimo.
Non c'era praticamente nessuno in giro anche perché era buio e le case, quelle immense case singole, sembravano più che altro enormi edifici solidi, tenebrosi e buii, anche se erano accese le luci al loro interno.
Di sicuro se avessi incontrato qualcuno e fossi stata da sola, non avrei esitato a schiacciarlo, che avessi avuto la moto, la macchina, o la bicicletta (anche se ne dubitavo con questo mezzo dato che l'unica bici che c'era, ed era ancora utilizzabile, era quella di Violet)
Comunque sia Gregor aveva parcheggiato in un piazzale diverso da quello usato da Rox, a quanto pare Mercy Falls era fatta più di piazzali per le auto che altro.
"Dov'è il negozio?" chiesi a Greg, mentre me ne stavo in piedi davanti alla portiera dal mio lato dell'auto con le braccia strette al petto.
Chiuse la vettura e mi guardò con quegli occhi scuri.
"Spero sia aperto a quest'ora, appena entreremo in paese lo vedrai, è davanti a un bar molto frequentato qui" si voltò e io lo seguii molto lentamente, ma non troppo non volevo restare isolata da lui.
Per quanto la sua presenza mi scatenasse la nausea e il mal di testa istantaneo non volevo di certo perdermi e restare al buio.
"Che sia frequentato adesso ne dubito..." alzó le spalle "... saranno tutti a mangiare o a preparare la cena" gli feci notare.
"Pensi che non sappia se c'è o no gente gente al bar che praticamente è il mio secondo posto preferito qui?! Un mucchio di ragazzi mangiano lì, si fanno fare dei panini, toast, si fanno riscaldare le cotolette" mi rispose voltando la testa e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta che sembravano stessero per cascargli di dosso, lasciandolo in boxer.
Erano bassissimi.
"Perché mai qualcuno mangerebbe al bar a cenare, al posto di mangiare a casa?!" gli chiesi.
"Beh, il bar ha una tv al plasma enorme attacata al muro e su richiesta la sintonizzano dove si vuole, quasi semlre le richieste sono sportive, così si ritrovano tutti lí, per guardare le partite di football insieme" mi spiegò calmo.
"Ok. Capisco"
Per quanto poteva sembrare strano, Gregor sembrava di ottimo umore non ci eravamo detti niente di che, ma la cosa sorprendente era il mondo in cui ce le siamo dette.
Senza sputarci veleno in faccia a vicenda.
E ne ero felice dato che non avevo con me il fazzoletto per pulirmici la faccia.
Era devvero inquietante questa cosa, ancora di più di uno strano tizio che stava fumando una sporca pipa appoggiato al palo della luce, che dava su un vicolo buissimo.
Accellerai il passo, arrivando quasi a sfiorare il mio fratellastro, con il tessuto freddo della mia giacca.
Per quanto mamma mi avesse assicurato che la giacca che avevo comprato era adatta al freddo e al vento, iniziavo a dubitarne fortemente. Sembrava che il freddo mi stesse scavando attraverso i vari strati di tessuto e anche oltre, fino arrivarmi alle ossa.
Mi stregavo le mani sulle braccia e sulle gambe con voga, come a riattivare la circolazione dei liquidi nel corpo.
"È forse, quello lá?" gli domandai vedendo in lontananza un bar che dava sulla sinistra della strada che stavamo percorrendo.
"Proprio lui" mi rispose.
La strada fatta di piccolole pietre di colore dell'argento avevano una forma vagamente simile ai quadrati e si abbinavano alla perfezzione ai tavolini altrettanto quadrati al di fuori del locale.
Prima da dove eravamo non ero bene in grado di leggere l'insegna, ma arrivati quasi alla sua prossimità fui in grado di leggere:
Goal.
Era l'insegna del bar, la quale era posizionata al di sopra di una palla da football.
C'era un'enorme vetrata tutta interamente di vetro lucido e ben pulito, che dava sulla strada e nel basso c'era un'addesivo colorato che doveva rappresentare l'erba, come quella che si trova nei campi.
La luce filtrava attraverso il vetro e illuminava i tavolini e la strada, facendo brillare i tavoli di metallo, di una strana tonalità di nero.
Sulla porta in legno bianco erano affissi dei vogli con sopra scritte delle cose con il pennarello nero ed evidenziate in grassetto.
Sbandai leggermente verso sinistra, nella corsia immaginaria di Gregor, facendo uscire pure lui dalla sua.
Mi guardò leggermente irritato, pensava di aver catturato il mio sguardo, ma quando capí che non lo stavo considerando voltò pure lui la testa nella mia stessa direzione.
"Sono le scommesse"
Mi voltai verso di lui, che distava qualche metro da me dato che si era fermato ed io ero continuata ad andare avanti per qualche altro passo.
"Che cosa?"
"I fogli, quelli..." disse indicandoli "....sono delle scommesse"
"Che scommesse?"
"Per passare il tempo, i clienti hanno ideato un modo per divertirsi e per rendere il tempo della partita più interessante"
"Cioè?"
"Scommettono sulla squadra vincente"
"Che roba da ragazzini" dissi divertita, sbuffando con aria al quanto annoiata.
"Non ti credere, ci sono anche molti vecchi che lo fanno qui"
Mi avvicinai alla porta e lessi:

-Albert perde venti dollari (la prossima volta pensaci meglio, bacucco)

-Luis perde dieci dollari (io te lo avevo detto!)

-Martin perde cinquanta dollari (chi è ora il vecchio bacucco?)

A quanto pare Gregor aveva ragione.
Erano davvero scommesse.
Ce n'erano molte altre ancora, oltre a quelle che avevo appena letto... alcune erano divertenti, altre molto strane e altre ancora incomprensibili, perché non riuscivo a leggere molto bene la loro scrittura, ero una pessima interprete, delle scritture altrue.
"Che ti dicevo?"
"Si hai..."
Starnutì. Più che uno starnuto assomigliava al verso che avrebbe potuto fare un topolino se fosse stato strizzato nella mano.
E poi un altro e ancora un altro.
Tre di seguito, sarebbe stato il mio nuovo record.
Quando alzai la testa mi ero girata con la schiena verso il bar e la faccia ora era rivolta verso un piccolo negozzietto con la porta con le finestrelle in vetro, che se ne stava chiusa.
"Ecco questo è il negozio dove prenderemo il pane"
"Ah proprio vicino al bar"
"Eh già"
In quel momento dal negozio uscì un'uomo basso basso, con una pancia che assomigliava più a un tamburo che ad una pancia.
Aveva addosso una maglietta bianca a maniche corte, tutta sporca di farina e una strana polverina nera, era troppo corta e gli lasciava scoperta un pezzo di pancia tonda. I pantaloni altrettanto bianchi di una stoffa rovinata dal tempo erano sporchi anche loro di farina.
"Ohhh, Gregor!" disse allargando le braccia.
"Moris, ciao" rispose lui.
L'uomo continuò ad avanzare e per quanto arrivo vicino vicino a Gregor lo abbracció, una braccio spacca ossa, con le braccia molle.
"Moris, mollami" disse con la voce gentile, ma anche irritata.
Gregor sembrava uno stuzzicadenti in confronto alla massa dell'uomo che lo stringeva e lo menava di qua e di la.
"Moris!" a quel punto l'uomo molló la presa su di lui.
"Cos'é ora non ti piacciono più i miei abbracci?" domandò Moris lisciandosi con non curanza la maglietta e il grembiulino.
"No, ma diciamo che li gradivo di più quando ero piccolo" disse Gregor, pulendosi la maglia senza guardarlo, con aria infastidita.
"Che bambino carino che eri... E guardati ora..." disse allargando nuovamente le braccia "...che brutti scherzi che fa la natura"
Questo Moris, mi piaceva.
Sorrisi e lui si voltò verso di me, studiandomi con occhio veloce.
"Beh, almeno ti sei trovato una bella fidanzatina"
"No!" urlammo io e lui insieme
Moris passò lo sguardo rapido da me a lui.
"Ho frainteso?"
Feci un passo avanti "Io sono Stargate, la sorellastra di Gregor. Mia madre, ha sposato suo padre, David"
"Chiaro...Io sono Moris" disse ridendo "ahhh ... A proposito di David, ho una cosa che potrebbe fargli piacere, però ho bisogno di te Gregor, che sai bene i suoi gusti, io sono indeciso tra ..." e afferrando Gregor per il braccio, lo iniziò a trascinarlo verso il negozio dove tanto avremmo dovuto comprare il latte.
"A dire il vero dovevo comprare delle caramelle al Goal" disse Gregor, anche se ero abbastanza sicura che fosse una scusa
"Fattele comprare da lei" propose Moris
"Senz'altro, ne sarò felice" mi intromisi io rapidamente, ricevendo come risposta da Gregor uno sguardo omicida.
"Anzi, ci vado subito" mi voltai e presi a camminare continuando a guardarlo.
"Va bene, eccomi" disse allora Gregor rivolto a Moris, mentre io aprivo la porta del Goal.

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