Capitolo 4

54 5 0
                                    

Il giorno seguente mi svegliai di buon umore. Varcai il cancello grigio della scuola, sentendo tutti gli occhi puntati addosso, ma uno sguardo di ghiaccio in particolare attirò la mia attenzione. Quello di Alexander. Ricambiai lo sguardo mentre entravo nell'edificio avviandomi verso l'armadietto. Una mano abbastanza grande sbatte sullo sportello dell'armadietto adiacente al mio.
«Che c'è Alexander?» chiesi
«Incontriamo oggi pomeriggio alle 15:00 al parco isolato sulla Thirty Avenue» disse e senza neanche darmi il tempo di rispondere se ne andò.
Le lezioni passarono lentamente e tra un ora e l'altra potei far nota di tutte le dicerie che c'erano su Sarah; cose del tipo "Uh, sai ho scoperto che Sarah è stata uccisa perché ha fregato il ragazzo di una tizia" oppure "sai Sarah è stata uccisa perché era una puttanella". Cose che la mia migliore amica non era e non sarebbe mai potuta essere. Camminavo per i corridoi con aria superiore anche se dentro rodevo dalla voglia di spaccare la faccia a chiunque dicesse qualcosa di negativo sul conto della mia migliore amica. Raggiunsi la mensa e mi sedetti al solito tavolo, dove vi erano i miei amici; Logan, Benijamin, Paul, Rose Mary, Janette, Alexander e Gwendoline.
«Ciao Jane» mi salutarono in coro.
«Ciao ragazzi» ricambiai il saluto accomodandomi a tavola.
Logan, Benijamin e Paul erano impegnati in una conversazione di genere maschile mentre Janette, Mary Rose e Gwendoline parlavano di un progetto scolastico. Alexander ed io eravamo gli unici asociali, lui continuava a mangiare il suo panino osservandomi quasi famelico mentre io cercavo di essere indifferente al suo sguardo, con scarsi risultati. Nessuno sembrava accorgersi del suo sguardo su di me. Tutti tranne Sophia che come una belva guardava arrabbiata la scena di Alexander intento ad osservare un altra ragazza. Ella partì come un missile vicino ad Alexander e senza troppi in convenevoli si accomodò sulle gambe del ragazzo.
«Ciao amorino» lo salutò con la sua vocetta stridula Sophia.
«Ciao Sophia, perché ti trovi sulle mie gambe?» chiese Alexander con una punta di sarcasmo nel tono.
«Ho pensato solo di passare più tempo vicina al mio ragazzo» disse Sophia iniziando a coccolargli il braccio destro.
«Mh, io non sono il tuo ragazzo Sophia» disse Alexander.
«Ma come? Credevo che dopo quella notte...» disse Sophia alzandosi.
«Credevi male, quella notte era stata solo un equivoco» disse Alexander facendola alzare dalle sue gambe e cacciandola via in malo modo.
«Perché lo hai fatto? Non meritava di essere trattata così?» lo rimproverai.
«Sophia crede che abbiamo una relazione, ma non è così. Le ho detto che non siamo fidanzati con le buone, ma non ha funzionato così sono passato ai modi rozzi» disse.
«Maschi» sospirai
«Femmine» mi fece il verso lui. Dopo il battibecco Sophia non si fece più vedere e trascorremmo in pace la giornata. Uscita da scuola andai a casa per studiare. Aprii la porta di casa, salutando mia madre frettolosamente mentre salivo le scale. Studiai per tutto il pomeriggio fino alle 15:00.
«Mamma io esco» urlai.
«Va bene tesoro, cerca di non fare tardi» urlò lei di rimando.
Camminai per la strada desolata finché non arrivai al parco abbandonato di Thirty Avenue. Era una via poco abitata e malfamata, si girava o in gruppi o là si evitava. Ad aspettarmi su una panchina vecchia e arrugginita c'era Alexander.
«Ciao» dissi sedendomi
«Ciao» rispose puntando le sue iridi blu su di me
«Perché mi hai fatta venire qui?» chiesi
«Conosco un ragazzo Joshua, fa parte di una gang chiamata Ghost, sono i più temuti e sono i più informati. Se qualcuno commettesse un omicidio saprebbero l'assassino prima della polizia. Ho chiamato Joshua per vedere se sa qualcosa, voglio che tu ci sia perché sai meglio di me cosa chiedere» disse
«Alexander no, ci metteremo in brutti guai, non voglio finire nelle mani della mala vita» dissi prendendo la borsetta per andarmene.
«Ti prego Jane, ti assicuro che non ti mischierai in faccende pericolose» disse« ti prego lui e la sua gang ci possono aiutare» continuò convincendomi a risedermi.
Dopo neanche cinque minuti arrivò un ragazzo di circa 22 anni, con parecchi tatuaggi neri, i capelli rasati a zero e degli occhi neri vispi.
«Joshua lei è Jane, Jane lui è Joshua»ci presentò Alexander.
«Piacere» dissi stringendogli la mano.
«Allora Joshua ti abbiamo chiamato per una cosa bene precisa» iniziò Alexander
«Devi dirci cos'è successo a Sarah Jefferson»

IL MISTERO DI SARAH JEFFERSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora