Capitolo 7

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CAPITOLO 7

«Jane, quanto tempo ci metti per prendere dei libri?» urlò Alex dal piano inferiore.
«Due secondi Dede e ho fatto» urlai di rimando. Sentii un rumore di passi per le scale e dopo due secondi la porta si aprì rivelando Alex.
«Perché sei salito fino a qui?» chiesi guardandolo interdetta.
«Mi hai chiamato Dede» disse sorridendo.
«E quindi?» chiesi ancora non capendo il motivo del suo sorriso.
«Finalmente dopo tanto tempo, mi chiami Lele» urlò correndo da me e abbracciandomi stretta fino a non farmi respirare.
«Alex, mi stai soffocando» sussurrai mentre il respiro iniziava a mancarmi
«Non me ne frega» disse continuando ad abbracciarmi stretta.
«Okay, ora basta smancerie» dissi staccandomi «Andiamo» continuai per poi uscire dalla camera seguita da Alex. Entrai nella sua BMW e dopo 10 minuti eravamo già nella sua casa.
«Siediti pure sul divano, io vado a prendere i miei libri al piano di sopra» disse Alex per poi scomparire tra le scale. Aprii il libro di algebra ed inizia a fare i soliti e noiosi esercizi. Dopo 5 minuti Alex scese con tre libri in mano e diversi quaderni.
«Che studi?» chiese Alex sedendosi affianco a me.
«Algebra» dissi sbuffando.
«Io francese» disse anch'egli sbuffando.
«Meglio metterci a lavoro» dissi. Passammo l'intero pomeriggio a studiare e quando si fecero le 19:00 me ne uscii per tornare a casa. Camminavo per la strada isolata, stringendomi alcune volte, quando passava quel poco di vento. Delle urla provenienti da un vicolo attirarono la mia attenzione.
«Sophia, non puoi chiedermi di fare anche questo» disse una voce roca e maschile.
«Perché?» disse una voce stridula femminile. Mi avvicinai al vicolo per vedere meglio da chi provenissero le voci. Mi nascosi dietro al muro e riuscii a scorgere soltanto la figura inconfondibile di Sophia che continuava a blaterare delle cose contro una figura che io non riuscivo a vedere.
«Ti prometto che questa è l'ultima cosa che ti chiedo» disse Sophia congiungendo le mani a mo' di preghiera.
«No, Sophia, già ciò che mi hai fatto fare è imperdonabile» disse la voce maschile. Cercai di scorgermi di più per vedere l'altra figura, ma nel farlo buttai giù i bidoni della spazzatura e i due si girarono di scatto verso di me. Senza perder tempo mi girai e corsi, sperando che non mi avessero vista.
Sentii dei passi dietro di me, ma non mi voltai e continuai a correre fino a casa. Entrai di corsa dalla porta e subito dopo la chiusi alla svelta, appoggiandomi contro di essa. Inspirai profondamente.
«Che hai fatto? Una maratona?» commentò sarcastica mia sorella Hanna spuntando dalle scale.
«Peggio» sussurrai.
«A tavola» urlò mia madre dalla cucina. Raggiunsi la mia famiglia per mangiare, e subito fui immersa di domande del tipo "che hai fatto a scuola?" "Dove sei stata?" "Con chi?".
«Questo Alex, è il tuo fidanzato?» chiese imbarazzato mio padre nel bel mezzo della cena. Quasi sputai tutta l'acqua che avevo bevuto in precedenza prima di rispondere.
«No, papà è solo un amico» dissi abbassando lo sguardo.
«Sicura? Io vi ho visti insieme l'altro giorno e siete davvero una bella coppia, potresti farci un pensierino» disse mia madre.
«No mamma, Alex è già fidanzato» dissi prendendo un pezzetto di pane.
«E come mai passa più tempo con te che con la sua ragazza?» continuò lei.
"Perché lei è impegnata a fare la puttana" volevo rispondere, ma mi limitai a dire.
«Passa del tempo con lei» dissi «Adesso scusate, ma vorrei andare in camera a riposare» continuai per poi alzarmi dalla sedia e andare nella mia camera. Ero intenta a sistemare i libri per la scuola, cercando di non pensare ad Alex... Volevo dire Sarah, si Sarah. Perché è per risolvere la sua morte che io e Alex stiamo collaborando. Perché ad Alex interessa solo di lei giusto? Perché Alex ama Sophia, giusto?. Qualcuno mi distrasse dai miei pensieri bussando alla porta.
«Avanti» dissi. La porta si aprì mostrando la figura minuta di mia sorella Hanna.
«Mamma e papà ci vogliono parlare. Scendi giù?» chiese.
«Certo, due secondi arrivo» dissi per poi continuare a sistemare i libri e scendere. Trovai i miei genitori accompagnati da Hanna sul divano. Avevano delle facce serie, ed era strano perché loro erano sempre stati dei tipi scherzosi e sempre allegri.
«Che succede?» chiesi sedendomi sul divano.
«Tesoro, ha chiamato il college di tua sorella Isabelle, tra due giorni partirà per venire qui a farci visita» annunciò mio padre. Oh no! Mia sorella non ci voleva proprio. Isabelle ed io, non siamo poi così unite come sorelle. Lei è stata, per così dire rinchiusa in un college, perché siamo nate da due padri diversi, lei è nata da una relazione che mia madre aveva con un ragazzo delle superiori. Lei rimase incinta e quando lo disse a lui, sparì. Da allora mia madre se la cavava da sola con una bambina, finché non conobbe mio padre ed ebbe me. Isabelle ed io non siamo mai andate d'accordo, perché lei mi picchiava sempre dicendo che fossi un errore. I miei genitori una volta uscirono tardi lasciando me ed Isabelle a casa. Lei mi iniziò a picchiare, stava per passare al coltello, quando la porta si aprì e i miei genitori intervennero. Da allora, lei è stata messa in un college ed io fui mandata da uno psicologo infantile.
«Sul serio?» chiesi anche se sembrava più un sussurro.
«Si, tesoro» disse mia madre.
«Ma, tu potresti stare da Gwendoline, per una settimana» disse mio padre.
«okay, vedo se Gwendoline è d'accordo» dissi.
«Tesoro, quando sarai da Gwendoline, tu non dovrai venire a casa, okay? Se Isabelle ti vedesse non so come sarebbe la sua reazione» disse mia madre.
«Ok mamma» dissi «Ora vado, buonanotte» dissi avviandomi verso le scale.

IL MISTERO DI SARAH JEFFERSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora