Capitolo quattro

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«C'è un attacco da dei soldati sconosciuti - farfuglia, agitato - prendete le armi.»

Afferro un fucile, andando fuori, e vedendo tutti i soldati venire verso di noi.

«James! Max! Alle vostre spalle!» urlo, sparando ad alcuni soldati.

Sono strani, hanno delle divise che non appartengono a Chicago.

Continuo a sparare, ma sono in troppi e io, in questo lato, sono sola.

Sento un dolore acuto nella coscia, ma non ci faccio molto caso, dato l'adrenalina che ho in corpo questo momento.

Un uomo cerca di afferrarmi le braccia, per immobilizzarmi, ma Zelda gli da un colpo di canna del fucile in testa facendolo cadere a terra svenuto.

«Sei proprio bella!» dice, uno di quei soldati.

Mi strappa il vestito, facendolo diventare notevolmente più corto.

«Mi hai strappato il vestito!» urlo, attirando l'attenzione di qualche Capofazione. Gli do un pugno nel naso, anche se indossa una maschera, ma sento la gamba cedere. Lui approfitta di quel momento di debolezza e mi da una gomitata nella schiena.

Mi spara una gamba, penso sia la stessa in cui ho sentito il dolore prima, ma non ne sono sicura. Mi sento mancare il fiato dai polmoni, e noto che mi sta stringendo una mano attorno alla gola, nonostante abbia quattro fucili puntati alla testa. Afferro il coltellino che porto sempre nel reggicalze, e glielo punto alla vena giugulare, e lo affondo. Sento che del sangue mi schizza in faccia, ma non mi reggo più in piedi, e vedo il buio.

«Mia cara Alexia, mi dispiace ciò che è successo. Ma ti prometto che scoprirò il colpevole.» mormora Jeanine, toccandomi delicatamente la guancia.

Cerco di alzarmi, ma Quattro mi blocca. Jeanine ci saluta e se ne va, lasciandomi sola con Tobias.

«Da quanto sono così?» farfuglio, sentendo un dolore lancinante alla schiena e alla gamba.

«Da cinque giorni. Abbiamo avuto quell'assalto, e stiamo cercando di capire chi siano stati ma.. niente» mi dice Quattro, sedendosi a cavalcioni su una sedia davanti a me.

«Tobias.. l'ho sentito parlare, ad uno. Aveva un accento straniero. Ho controllato le armi, e non sono prodotte da Chicago. E, soprattutto, le divise. Non sono di qui.» mormoro, gemendo dal dolore di tanto in tanto.

«Ti ha rotto qualcosa nella schiena, Alexandra, non ho capito cosa. E avevi due proiettili nella gamba. Eri ridotta piuttosto male. Vado a chiamare Zelda» dice tutto d'un fiato Quattro, scuotendo la testa arrabbiato.

Sono passate ben tre settimane, e non riesco ancora a muovermi bene, data la condizione tragica della mia schiena, ma, grazie alle pomate degli Eruditi, grazie alle punture e alla riabilitazione, sto migliorando a vista d'occhio.

«Domani potresti svegliarti e non avere più niente, dopo la puntura di oggi.» mi spiega Katy, l'infermiera.

Cerco di sorridere il più possibile, coricandomi nel mio letto, e addormentandomi di colpo.

" «Ciao, Alexandra. Stiamo cercando te. E riusciremo ad ucciderti.» mormora un uomo, con un coltello in mano. Sono legata ad un albero, e non posso muovermi. Mi tagliano le cosce, i piedi, il viso. E ridono. Hanno una risata terrificante, e continuano a ripetermi delle frasi scomposte:

«Noi...»

«Ucciderti...»

«Morirai...»"

Non ho paura quando ci sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora