Capitolo sette

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Eric

Trovo Alexia addormentata. Sono le sette e cinquantanove. Le permetto un altro minuto di sonno, oggi mi sento buono.

Quando quel Josè ha detto tutto quello su Zelda, Alexia e Quattro, mi sono veramente incazzato.

«Quello là è solo un ex Erudito che sperava di diventare importante venendo negli Intrepidi, ma è lo stesso sfigato di sempre.» Aveva detto, su di me.

Non mi aveva fatto effetto sentire queste parole, ma per quanto quei tre deficienti mi stiano antipatici, nessuno gli deve mancare di rispetto. Soprattutto non un trasfazione.

Controllo l'orario. 20.02.

Riempo un secchio d'acqua fredda, e glielo butto addosso.

«Eric, io giuro che..» si blocca a metà frase, prima di afferrare un cuscino e lanciarmelo addosso. Lo blocco facilmente, e lei si alza in piedi. Glielo lancio in faccia, facendola cadere rovinosamente sul letto.

«Va bene, Capofazione dalle sole sei paure, ora cambiati e andiamo. Ti devo torturare un po'.» sghignazzo, uscendo dalla sua stanza. Sento Alexia imprecare, e la risata che ho trattenuto sin ora, la butto fuori, ridendo a crepapelle. È la deficiente più deficiente che io abbia mai conosciuto.

Ammetto che non siamo mai andati d'accordo, anzi, penso che se gli omicidi o le torture fossero legali, io sarei legato per un piede giù per lo strapiombo, e mi userebbe come altalena. Purtroppo sono illegali, quindi ci limitiamo a lanciarci coltelli o forchette.

Esce dalla sua camera sbattendo la porta, e mi fulmina con lo sguardo.

«Muoviti, prima che giochi con la tua testa a bowling.» sbotta, incrociando le braccia al petto e camminando.

Trattengo una risata e andiamo in palestra.

Preparati all'allenamento, Rigida.

Alexia

Mi ha fatto correre dalla palestra allo strapiombo, e dallo strapiombo mi ha fatto fare le scale del palazzo di vetro sino al centro di controllo, per poi tornare il palestra, per ben tre volte.

Ora giuro che lo butto giù dallo strapiombo.

«Vedo già i muscoletti sulle braccina, Rigida.» mi sfotte. Èrisaputo che Eric non sia intelligente, dato che mi dice queste cose mentre lancio dei coltelli al bersaglio.

Ne lancio uno a lui, che prontamente ferma. È anche risaputo che Eric era uno dei più bravi nella lotta e nel tiro coi coltelli.

«Sta' zitto, Erudito.» rispondo, continuando ad allenarmi.

Non ho paura quando ci sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora