Capitolo 35

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Sometimes you gotta bleed to know
That you're alive and got a soul

Tear in my heart - Twenty one pilots





Quando ero piccola, giocavo sempre a 'Chi ha paura dell'Uomo Nero?'

Era un gioco come tanti altri, dove si gusta la sensazione di paura e adrenalina prima di arrivare a toccare la 'tana'. E l'Uomo Nero non era altro che la reincarnazione di tutte le nostre paure, dalle più insignificanti alle vere e proprie fobie. Io non avevo paura.

E se in qualche momento ero così spaventata da sentire i brividi sulla pelle, mi ripetevo quella semplice domanda. Rispondendo di non aver paura, avevo la sensazione di riprendere il controllo su me stessa. Non importava più quanto il ragno fosse grosso, quanto scricchiolassero le assi del pavimento sotto il mio peso, quanto la stanza sembrasse buia e il letto vuoto. L'Uomo Nero non mi faceva paura.

Non posso dire la stessa cosa adesso, mentre la paura allo stato puro mi offusca la mente.

Giovanni è davanti a me, sorridendo furbamente. Ciò mi fa capire che ho poco tempo per avere le risposte che cerco.

Prima di morire.

<<Non c'era Gennaro in quella macchina, vero?>> presuppongo. <<C'eri tu. Sei stato tu ad uccidere Thomas, mio fratello.>> D'altronde non c'è altra possibilità.

Dovrei sembrare arrabbiata, ma la mia voce è spezzata dal male alla spalla e il terrore alla vista della pistola che tiene saldamente nella mano destra.

<<Curioso quanto le persone siano così pigre da non voler esaminare nemmeno le cose che cambiano la propria vita. Siamo così stupidi da credere alle prime cose sconvolgenti che ci dicono. Basta un bel faccino, magari di una donna adulta, e qualsiasi cosa dica dev'essere per forza vero. Basta una semplice coincidenza basata su un bel niente per far credere a una persona di avere ucciso qualcuno.>>

Faccio un passo indietro. Insomma, non può essere una casualità, lui che uccide mio fratello e poi vuole fare lo stesso con me. <<Hai qualcosa contro la mia famiglia?>>

<<Definisci famiglia>> sogghigna.

No, io non ne ho una. Mio padre ha avuto un figlio con un'altra e mia mamma l'ha cacciato di casa. <<Non cambiare discorso>> lo ammonisco, quando in realtà è proprio ciò che sto facendo anche io.

<<Vuoi sapere qualcosa in più su Thomas?>>

Annuisco.

<<Quello che ti ha detto la donna è vero. Lavorava veramente come barista. Solo che adesso si è semplicemente trasferito.>> si ferma un secondo, per poi incominciare di nuovo a ridere. <<Non vedo cosa dovrebbe importartene!>>

Colgo in pieno il punto di ironia nella sua ultima frase. Ovvio che me ne importa! Insomma non è mio fratello a tutti gli effetti, ma ciò non vuol dire niente.

E poi la mia mente, annebbiata non solo dal dolore del punto dove Eleonora mi ha sparata, incomincia a darmi pensieri sempre più nitidi.

Come fa lui a sapere della donna, di Thomas e di tutto? Ovvio, c'entra qualcosa in tutto ciò. 'Curioso quanto le persone siano così pigre da non voler esaminare nemmeno le cose che cambiano la propria vita' ha detto. E in effetti è così, mi sono fidata ciecamente di ciò che mi ha detto la mamma di Thomas.

Ma perché avrebbe dovuto?

Un brivido mi percorre la schiena, mentre credo di essere arrivata alla soluzione.
<<Thomas non era mio fratello, vero? Quella non era nemmeno sua madre...>> chiedo conferma, ma desidero solo che la mia idea sia totalmente ottusa e infondata. Non può essere.

Friday // Urban StrangersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora