[three:changes.]

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«Camilla?» mia madre interroppe la sfilza di pensieri che frullano nella mia testa.

«Mh?»

«Sei viva?» ridacchia e io annuisco guardando il tavolo.

«Oh..» esclama quando mio padre entra in casa accompagnato da mio fratello in lacrime.

Lo guardo e cerco di non ridere. Certe volte mi sento veramente sadica, ma mi viene da ridere quando mio fratello piange.

Corre verso la mamma e l'abbraccia di scatto.

«Che è successo?» dico mordendomi il labbro per non ridere e mio padre lancia lo zaino di Manuel, mio fratello, sul divano.

Ci raggiunge in cucina e si siede sul tavolo ignorando suo figlio in lacrime e la mia domanda.

«Tesoro, ma che è..?»

«È successo che stava picchiando un bambino.» la interrompe papà e lei sospira.

Gli accarezza i capelli per farlo calmare e Manuel si stringe a lei.

«Come mai?» chiedo poggiando il gomito sul tavolo e prendendo un'altra fetta di pane.

«Ha detto che la faccio seduto e che allora sono una femmina.» sussurra e quasi mi strozzo col cibo dalla rosata improvvisa che esce dalla mia bocca.

«Camilla!» mi rimprovera mio padre e io cerco di stare seria, inutilmente, facendo piangere di nuovo mio fratello.

«Scusate..ma..» sussurro e mia madre scuote la testa.

«Ora mangiamo.» sbuffa mio padre e io scuoto la testa alzandomi e andando verso le scale.

«Non ho fame.»

«Mangi comunque.» l'uomo mi guarda serio e mia madre gli fa segno di lasciar perdere, la ringrazio e scappo in camera mia.

Passo un'ora a guardare Teen Wolf finché non sento la vibrazione del telefono da sopra la scrivania.

Sbuffo e rotolo sul letto facendo molla acrobazie per prendere il cellulare senza alzarmi.

È Giulia che mi dice di ricordarmi di andare da lei alle 15:00.

Guardo l'ora.

14:50.

Sbuffo ancora e mi alzo con molto fatica, apro l'armadio e tiro fuori la prima cosa che trovo.

Jeans neri strappati sul ginocchio e una canotta grigia.

Mi cambio con molta lentezza cantando qualche canzone, scendo di sotto e abbraccio mia madre sul divano da dietro.

«Má, sto andando da Giulia.»

Scuote la testa «Ti ci accompagno in macchina.» annuisco e corro fuori casa e successivamente in auto, seguita da lei.

Faccio finta di allacciarmi la cintura il tempo necessario perché lei la veda, poi la sgancio senza farmi notare.

Accendo la radio e alzo il volume la sento sussultare e abbassa la musica.

«Mamma..»

«Non voglio diventare sorda.» ridacchio e dopo qualche minuto arriviamo davanti casa di Giulia.

Mi guardo intorno per poi scendere dall'auto e salutare mia madre, che ricambia.

Bussu alla porta e mi apre Leonardo con i capelli scompigliatie gli occhi assonnati.

«Ciao.» mi guarda e lo saluto con la mano «Mi ha chiamata Giulia.» «Ovvio, viene un mio amico in casa e lo stesso fa lei.» alza gli occhi al cielo e lo sorpasso entrando in casa.

Piccolo Grande Disastro. [SOSPESA.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora