•Ti stupirò•

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                            Capitolo 5

-Ariel come stai?- disse Leo riprendendo "il gioco".
-Così,così.-
-Perchè questa vocetta strana?-
-Bravo, continua così.-
-Non devi dirmelo per forza se non vuoi.-
-Ho paura che mi rideresti dietro.- risposi
-Non devi avere paura.-
Beh, corteggiare una ragazza era chiaramente l'unica cosa che riusciva a fare.
-Forte! Perfino io uscirei con te.-
-Imparo in fretta e tu hai abbassato la guardia.-

Mi disse quelle parole ed io non afferrai il concetto in un primo momento, ma poi pensai e ripensai ancora e finalmente capii.
Quando ero entrato in sala musica indossavo un cappello, grazie a Rafael avevo scoperto che i vampiri potevano cancellare la memoria ma non se indossavi qualcosa sul capo.
Ora il mio cappello era sparito, era nelle mani di Leo. Era a questo che si riferiva, aveva potuto cancellarmi da un momento all'altro ma ero sicuro non l'avrebbe fatto.
Il suo scopo era incutermi paura così che io avessi fatto tutto quello che desiderava.

-Ricordale l'appuntamento stasera, è tutto ciò che volevo sapere.- si avvicinò alla porta ma prima che potesse aprirla lo fermai.
-Leo..-
-So quello che faccio,smettila di preoccupartene, sarà forse spaventata ma non è stupida.-  lui uscì dalla porta.
Ebbene sì, avevo appena organizzato un appuntamento tra la ragazza che mi piaceva e la persona che più mi era antipatica.
Ma dovevo farlo,non c'era altra scelta.

ARIEL'S POV
Ero in classe, seduta all'ultimo banco accanto alla finestra.
Ci avevano avvisato che la professoressa Andrews non sarebbe venuta per fare lezione ma bensì solo per ritirare le nostre ricerche.
Avevo tutto: certificato, albero genealogico, la fotografia..
Un attimo.
Dov'è la mia fotografia?
Cercai ovunque: nei libri, nello zaino ma niente,era sparita. Com'era possibile? D'altronde non c'era da sorprendermi se l'avessi lasciata a casa ,continuavo a fare strani incubi e questo non mi aiutava a riposare bene.

-Leo vuole che tu esca con lui. Stasera al Bowling Cafè.- mi disse Omer sedendosi accanto a me.
Leo aveva proprio un atteggiamento strano, prima mi diceva che non gli interessavo e poi mi invitava ad uscire.
Era un modo per conoscerlo più a fondo ed avevo intenzione di incontrarlo.

[...]

Ero al Bowling Cafè, una caffetteria poco distante da scuola dove tutti gli studenti si riunivano per studiare, un posto piccolo ma accogliente.
Era stato arredato con tavoli bianchi,sedie rosse ed il muro era tappezzato di fotografie.
Il proprietario, Steven, era stato da giovane campione di nuoto e non faceva altro che riempire il muro con immagini che lo raffiguravano, così che la gente potesse ricordarlo meglio.

-Non siamo così diversi come credi.- un ragazzo mi appoggio una mano sulla spalla e si sedette di fronte a me: era Leo.
-In qualcosa siamo sicuramente diversi: io arrivo SEMPRE puntuale quando non si tratta di scuola.-dissi a braccia conserte.
-Su questo hai ragione.- mi fece un sorriso
-Ma non devi farti ingannare dalle apparenze.-
-Come sai cosa penso di te?-
Furono queste le prime parole che mi uscirono dalla bocca, quasi non le ero riuscite a controllare. Ero impulsiva e questo,a volte, giocava a mio sfavore.

-Sai cosa penso io di te? Che sei l'unica ragazza in questa scuola che non ha una mente superficiale o mi sbaglio?-ci fu un minuto di pausa.
-Hai presente quando stai con qualcuno e senti che l'altro intuisce perfettamente quello che l'altro sta provando e tu non devi spiegare niente?- mi disse. Io quasi non ero riuscita a sentirlo, la mia attenzione si era totalmente focalizzata sulla collana che portava al collo.

Era un'ala di un angelo in argento con inciso una lettera, era così minuscola che non riuscivo a vederla.
-Mi piace la tua collana.- affermai. -È molto importante per te?-
Gli feci questa domanda perché sembrava custodirla gelosamente.Il primo giorno di scuola, quando eravamo al parco,avevo notato qualcosa che luccicava intorno al suo collo.
Non era molto visibile, quasi non ci feci caso, ma ora sapevo che si trattava di una collana.

-In realtà si, è per questo che non la mostro a nessuno. Sei la prima che la vede, errore mio.- sorrise e la nascose al di sotto della maglia blu notte che indossava.
-Ho notato che sopra è stata incisa una lettera.
È troppo piccola, non sono riuscita a capire quale sia.-
-L'ho fatta incidere io così, in modo che nessuno la vedesse,solo io.
È per me che ha un significato,no? Che senso ha mostrarla agli altri.-

Ero quasi sorpresa che Leo potesse considerare qualcuno così importante tanto da farsi incidere la sua iniziale su una collana.
Ennesima prova che forse, dietro quella sua aria da duro, c'era qualcosa di più.
-Tu hai già ordinato?- mi chiese.
-Ero tentata in effetti,prima che tu venissi, ma
poi ho pensato che avremmo preso qualcosa tutti e due.-
-Allora ti stupirò, ma non scappare mentre vado ad ordinare.-

Tornò dopo 15 minuti con in mano due frappè .
-Ecco questo è il tuo: Stracciatella e cioccolato.- lo appoggiò davanti a me e io non potei fare altro che sorridere come una bambina alle prese con il suo giocattolo preferito: adoravo il frappè.
-Come facevi a sapere che era il mio preferito?- chiesi mentre sorseggiavo la squisita bevanda.
- Ho esperienza, alle ragazze semplici piacciono cose altrettanto semplici.- mi sorrise.
-Ok, ho detto una cazzata. In realtà ho chiesto a Steven. Mi ha detto che vieni spesso qui e che sa bene ormai cosa ti piace o meno.-
-È così, quasi mi conosce meglio dei miei genitori.- risi.

[...]

La sera prima, io e Leo,eravamo rimasti fino a tardi al Bowling Cafè ed io questa mattina ero arrivata con 40 minuti di ritardo.
-Ariel Rosen e Leopold Zachs sono pregati di raggiungermi in ufficio alla fine delle lezioni. Grazie.-
Una voce all'altoparlante aveva interrotto
,nel bel mezzo,la lezione di italiano.
Era quella del preside e cosa ancor più grave, ci aveva chiesto di raggiungerlo in ufficio.

[4 ore dopo..]

Eravamo entrati in presidenza, la stanza era prevalentemente di legno,la scrivania dov'era seduto il preside era enorme e dietro di essa vi era uno scaffale adornato con piccole statue.
"-Alla Green School - 1 posto ai campionati di scherma."  Lessi su una targhetta ai piedi di una statua,quel premio lo ricordavo: era stato conferito a mio fratello Guy,l'anno prima.
Mio fratello non era buono a nulla, ma quando si trattava di scherma era il numero uno.
-Spero che questo sia uno scherzo.-disse il preside facendomi distogliere lo sguardo dalle statuette.
-No,signore,assolutamente.-
Di cosa stava parlando?

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